sabato 2 agosto 2014

Papa Francesco e le donne

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La Chiesa e le donne



Storia non ideologica di una questione cruciale. (Maurizio Gronhi) Dalla copertina e dal titolo ci si potrebbe aspettare un’indagine giornalistica che celebra la simpatia di Papa Francesco per le donne, magari le religiose, da cui è festosamente attorniato. In realtà, Papa Francesco e le donne (Milano, Il Sole 24 Ore, 2014, pagine 335, euro 9,90, in edicola fino al 9 agosto) è un libro importante: agile nella forma, impegnativo per i contenuti, raro per l’equilibrio, in cui due storiche e scrittrici navigate come Giulia Galeotti e Lucetta Scaraffia allestiscono il cantiere di una storia non ideologica del rapporto tra la Chiesa e le donne, ovvero i prolegomeni a una teologia della donna. Entro questa cornice prendono forma storie di donne, appaiono volti e profili femminili: biblici, medioevali e contemporanei; nella letteratura, nell’arte e nella quotidianità; credenti, religiose e laiche; in Italia e nel mondo. La particolare attenzione a Papa Francesco, infine, sigilla la cura che tutti i Papi moderni hanno avuto nei confronti delle donne, della loro emancipazione sociale, culturale ed ecclesiale, alla quale, tuttavia, ancora non corrispondono molti dei passi concreti auspicati. Si noti bene: «Il punto non è il sacerdozio. Il punto è tutto il resto» (p. 19).
Donne e Chiesa, Questioni aperte e I testi di Papa Francesco sono le tre sezioni del corposo volume. In otto capitoli, nella prima parte, Giulia Galeotti percorre la galleria del tempo, con abilità stilistica e leggerezza, per mostrare come, fin dalle origini, il rapporto che la Chiesa ha con le donne sia ambivalente. Mentre Gesù è stato il primo femminista della storia — al quale solo le donne sono rimaste fedeli, prima, durante e dopo la passione — attraverso il tempo, la Chiesa ha faticato non poco a riconoscere alle donne pari dignità rispetto a quella maschile, nonostante l’evoluzione del mondo femminile sia avvenuta soprattutto grazie al cristianesimo.
Certamente è per la presenza di Maria, la Madre del Signore, che nel cristianesimo le donne hanno un ruolo imprescindibile, eppure è più facile associarle al suo silenzio, alla sua presenza discreta e di umile servizio che non alla sua importanza, maggiore di quella degli apostoli e dei vescovi — come ha ricordato Papa Francesco. Con un’acuta osservazione, Galeotti annota riguardo a Maria: «Eppure lei, sempre così presente, al momento in cui la tomba si rivela vuota, non c’è. Ha per noi un significato profondo pensare che il gesto più forte di Maria sia stato un’assenza» (p. 32).
Per secoli, la Chiesa è stata molto più aperta del mondo laico verso le donne, garantendole sul piano giuridico canonico: marito e moglie sullo stesso piano; l’indissolubilità come protezione della donna dal ripudio o adulterio; la paternità non padronale ma affettuosa. Donne famose, versate in arti e cultura, dotate di coraggio e passione, anche di fronte a vescovi e Papi (Ildegarda di Bingen, Chiara d’Assisi, Caterina da Siena) e donne ricordate male (Elisabetta d’Ungheria, Giuliana di Norwich) costellano la galleria della storia. Tuttavia, il problema non è la memoria, ma la prospettiva: al di là dello snaturante sguardo maschile, è necessario percorre “una terza via”, «quella di rileggere la storia ritrovando voci e contributi soffocati nei secoli, per rendere davvero ricca e completa almeno la Chiesa di oggi» (p. 55).
Due snodi principali segnano lo sviluppo socio-culturale contemporaneo. Ai due secoli di alleanza forzata tra Chiesa e donne — dalla metà Ottocento a oggi, in cui ha preso piede la secolarizzazione —, ove all’abbandono della religione in massa dei maschi hanno fatto fronte le donne laiche e religiose (con scuole, ospedali, orfanotrofi, strutture di assistenza ai poveri, analfabeti, emarginati), è seguita la rottura netta e brutale degli anni Settanta del secolo scorso. Con l’assottigliarsi della religiosità femminile, la pratica del culto e delle vocazioni, col variare dei comportamenti sessuali (pillola, divorzio, aborto), in nome dell’autodeterminazione femminile, è avvenuta la svolta radicale: la maternità si è trasformata da destino in libera scelta.
Una particolare difficoltà del rapporto tra Chiesa e donne si è verificato in occasione della Humanae vitae di Paolo VI (1968), interpretata più come chiusura al controllo delle nascite che come apertura alla regolamentazione naturale della fertilità (cf. p. 78). Con l’irrompere del femminismo laico, cessa la collaborazione tra donne cattoliche (democristiane) e parlamentari di sinistra; agli anni della lotta comune per il diritto di famiglia e la tutela economica delle lavoratrici madri, segue la frattura su divorzio e aborto, per poi riprendere qualche contatto una volta constatato il fallimento dell’assimilazione femminile ai ruoli maschili, e un certo disagio nei confronti dell’idealità del “neutro” inesistente, propugnato dall’ideologia del gender.
Come si pone oggi Papa Francesco di fronte alle donne? La risposta è chiara: «Le donne, semplicemente, esistono e Francesco ha verso di loro atteggiamenti normalissimi. Ad esempio, le bacia e le abbraccia senza problemi» (p. 96). Prima di lui, Paolo VI nominò ventitré donne come uditrici al concilio Vaticano II (dieci religiose e tredici laiche), e proclamò dottori della Chiesa Caterina da Siena e Teresa d’Avila; Giovanni Paolo I ebbe l’ardire di affermare che Dio «è papà; più ancora è madre» (Angelus del 10 settembre 1978); Giovanni Paolo II scrisse la Mulieris dignitatem (1988), proclamò Teresa di Lisieux dottore della Chiesa, chiamò Madre Teresa di Calcutta a parlare al Sinodo e la beatificò due anni dopo la morte. Infine, Benedetto XVI dichiarò dottore della Chiesa Ildegarda di Bingen e firmò, da prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, la Lettera sulla collaborazione dell’uomo e della donna nella Chiesa e nel mondo (2004), affermando inoltre che «le donne definiscono il volto della Chiesa più degli uomini».
Come dunque proseguire nel solco della speranza, sul sentiero delle promesse di una maggior valorizzazione delle donne nella Chiesa, cominciando davvero col guardale negli occhi? Alcune cose concrete potrebbero essere fatte: la presenza stabile di professoresse nei seminari; una forma di diaconato femminile; la rappresentanza diplomatica della Santa Sede; la guida di pontifici consigli o di congregazioni vaticane (cf. p. 139).
Nella seconda parte del libro, anch’essa suddivisa in otto capitoli, Lucetta Scaraffia affronta direttamente alcune questioni aperte, e primariamente la questione teologica, su esplicita indicazione di Papa Francesco. Ma prima di giungere al punto caldo, con estrema lucidità e chiarezza, Scaraffia analizza la situazione delle donne nella Chiesa di oggi, diversamente vissuta nel contesto di matrice cristiana, seppur secolarizzato, e nei contesti di tradizioni religiose differenti. Nel primo, sono noti i guadagni dell’emancipazione femminile dovuti a Caterina da Siena, Teresa d’Avila, Margherita Maria Alacoque e Anna Maria Taigi, grazie alle quali alcune donne hanno avuto la possibilità di raggiungere posizioni di autorevolezza riconosciute. Più complessa, invece, è la condizione delle donne fuori dal mondo occidentale, specie nei Paesi in cui esse sono disprezzate, sottoposte a violenze impunite dalla legge, impedite all’istruzione e al lavoro.
Fatta eccezione per Paesi come la Corea, in cui il cattolicesimo è in espansione e le donne garantiscono la trasmissione della fede alle nuove generazioni, avviene altrove — come in Congo, in Pakistan, in Nigeria — che la condizione di sfruttamento delle donne, ove esiste la poligamia e il matrimonio combinato, si affianchi a un regime abituale di violenza sessuale, che spesso prende forma di persecuzione religiosa.
Persino in un contesto cattolico come l’America Latina non mancano esperienze di donne maltrattate, disprezzate e violentate, ove il machismo le confina ai margini della vita politica, economica e sociale. Nonostante sporadici e coraggiose iniziative come quelle delle donne credenti mediatrici di pace (cattoliche, protestanti e musulmane), in Repubblica Centrafricana, la situazione delle donne in molte regioni del mondo è disastrosa. Nondimeno, ciò vale per la condizione delle religiose, specie missionarie, sottoposte a violenza sessuale, in Paesi come l’ex Jugoslavia, in occasione della guerra interreligiosa ed etnica, e parimenti in Africa; situazione che vede talvolta implicati gli stessi membri del clero, cosa che risulta imbarazzante per la stessa Santa Sede. In definitiva, si tratta di vere e proprie forme di martirio, che si perpetrano tramite la violenza sessuale, cui la Chiesa sta cominciando a dare un legittimo riconoscimento.
Se poi guardiamo a come le religiose vengono considerate dal clero, risulta che in molti casi esse sembrano appartenere più alla servitù che alla famiglia; ma soprattutto ciò che non conta è ascoltare il loro pensiero. Eppure le donne che lavorano all’interno della Chiesa sono molte — i dati forniti da Galeotti parlano chiaro: il sessanta per cento della Chiesa consacrata sono donne (p. 11) —, ma pare che esse debbano accontentarsi di rimanere invisibili, come il tesoro nascosto (p. 176). Dal concilio in poi, si è assistito a una certa emancipazione ecclesiale delle donne, con l’accesso agli studi biblici e teologici, la proclamazione della necessaria complementarietà dei sessi in vista di un’armonica “unidualità” relazionale, alcune recenti timide promozioni nella Curia romana.
Ma ciò che davvero ancora attende di essere realizzato è lo sviluppo di una teologia della donna, che vada oltre gli estremismi propugnati da varie correnti della teologia femminista. Passando in rassegna diversi esempi di ermeneutica biblica al femminile, in questa direzione, la disamina di Lucetta Scaraffia perviene alla valorizzazione di posizioni equilibrate e interessanti, all’interno del panorama teologico contemporaneo. Tornando ai vangeli, risaltano con particolare efficacia le figure della Maddalena e della samaritana, due donne che parlano attraverso gesti e sanno trovare parole: «Gesti spontanei, imprevisti, dettati dall’amore e indifferenti all’opinione degli altri, gesti coraggiosi e originali, come le parole semplici ma convincenti che la samaritana troverà per farsi ascoltare» (p. 207). In linea con questo atteggiamento, da circa cinquant’anni, si muovono, con risultati diversi, studiose donne nei campi dell’esegesi e della teologia: «Una rivoluzione non piccola, che ha cominciato quel lavoro di ricerca teologica sul ruolo della donna che Papa Francesco ha chiesto di continuare e approfondire» (p. 208).
Nonostante questo processo avviato, rimangono ancora alcuni nodi da sciogliere, quali il conflitto in atto tra l’americana Leadership Conference of Women Religious e la Congregazione per la Dottrina della Fede, sui temi di aborto, contraccezione e omosessualità, sostenuti in opposizione al magistero, sulla base delle teorie dell’Evoluzione Consapevole; la questione dell’ordinazione femminile, portata avanti dall’associazione francese Comité de la Jupe; alcune posizioni critiche del Coordinamento delle teologhe italiane. In realtà, il cantiere della teologia della donna è aperto: non si tratta tanto di modernizzazione, ma di qualcosa che tocca la natura spirituale della Chiesa, attraverso un percorso di scoperta e di riconoscimento.
Per realizzare questo progetto — suggerisce Scaraffia —, si deve trovare soluzione ad alcuni problemi aperti: il riconoscimento della violenza sulle donne cristiane come forma di martirio; l’inserimento di donne nei luoghi delle decisioni, a partire dai seminari; invertire l’abitudine a non ascoltare le donne, ritenendo inutile il loro pensiero (p. 219). In conclusione, come ammonisce l’azzeccata citazione di un teologo del concilio quale Yves Congar: «La Chiesa si trova ormai di fronte ad un duplice compito: da una parte diventare più pienamente maschile e femminile, dall’altra salvare i valori femminili senza mantenere le donne nel gineceo delle qualità attraenti e passive, da cui esse vogliono uscire per essere trattate semplicemente come persone».
Questi erano gli auspici e le promesse del concilio. Oggi, con Papa Francesco — i cui interventi sulla donna, in un anno e mezzo di pontificato, occupano le ultime cento pagine del volume — la strada riprende con vigore. Forse vale la pena tenere presente la lezione che viene dalla storia del rapporto tra la Chiesa e le donne, per trarne un’utile duplice lezione. In primo luogo, appare chiaro che esiste una feconda dialettica tra unità e pluralità anche nell’universo femminile; pertanto, si tratta di stabilire tra donne (credenti, religiose e laiche) nuove fattive alleanze, non ideologiche, serene, concrete.
In secondo luogo — come scrive con chiarezza Scaraffia — nella Chiesa, le donne possono occupare gli stessi ruoli maschili, agendo però in modo differente, «non solo perché sono preparate da millenni di servizio gratuito, di dono di sé — che nella tradizione cristiana sono il valore più alto — ma anche perché non è loro aperta la carriera ecclesiastica, quindi non possono coltivare ambizioni in questo senso. Si trovano quindi in una condizione di grande libertà, sono dotate di maggiore capacità di aderire al modello evangelico» (p. 216).

L'Osservatore Romano

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