mercoledì 22 ottobre 2014

Ravasi e le sorprese della tradizione

Radio Vaticana

FABIO COLAGRANDE, dal sito di "Radio Vaticana", 21 ottobre 2014.

"L'elemento che mi ha colpito di più è stata lavivacità del Sinodo: non solo dal punto di vista esteriore ma comemanifestazione di libertà e di un'interiorità profonda. Il segno che il tema era interessante e l'assemblea era coinvolta". Il card. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, racconta così la sua esperienza al Sinodo straordinario sulla famiglia, il terzo a cui ha partecipato, durante il quale ha presieduto la commissione per il Messaggio. 
Il Messaggio conclusivo del Sinodo afferma che "Cristo ha voluto che la sua Chiesa fosse una casa con la porta sempre aperta nell'accoglienza, senza escludere nessuno".
"E' un'affermazione che possiamo considerare una sorta di asse portante del Sinodo", commenta Ravasi. "Il Messaggio - spiega - si apre infatti con un'immagine di straordinaria bellezza espressa da un versetto del libro dell'Apocalisse (3, 20), dove Cristo si rivolge a una chiesa, quella di di Laodicea, per molti aspetti affine alla società contemporanea, caratterizzata dalla stessa indifferenza, banalità e, a volte, volgarità. In quel versetto si dice che Cristo passa per le nostre strade, bussa alla porta e, se una famiglia all'interno, con la sua libertà, gli apre la porta, si siede a tavola e cena con loro. Un'immagine che rappresenta bene una Chiesa che deve essere pronta ad accogliere Cristo che bussa e ad accogliere tutti coloro che sono seduti alla mensa, con tutte le loro diversità. Perché la Chiesa, prima di tutto, è soprattutto una casa: tanto è vero che, all'inizio, la stessa famiglia era il luogo dove si celebrava l'Eucaristia".
La Relazione conclusiva del Sinodo straordinario suggerisce in un punto di "cogliere gli elementi positivi presenti nei matrimoni civili e, fatte le debite differenze, nelle convivenze". Ma il card. Ravasi ci tiene a precisare che questa affermazione, paradossalmente nuova per molti, non costituisce una vera novità dal punto di vista della tradizione ecclesiale di base.
"Come insegnava l'antica teologia medievale la Grazia non prescinde dalla Natura", spiega il porporato. "Dunque, quando due persone si impegnano seriamente, soprattutto attraverso un impegno ufficiale come il matrimonio civile, oppure sono insieme grazie a una lunga vicenda personale, caratterizzata da affetto, comprensione e sostegno, si ha un valore naturale che non si può ignorare. Ma che, anzi, va considerato una base su cui costruire la bellezza, la ricchezza, la superiorità, la soprannaturalità della grazia di Cristo, con l'adesione attraverso la fede".
Ha fatto discutere la circostanza che, fra gli altri, il punto della Relatio Synodi in cui si parla dell’accesso alla comunione per i divorziati risposati non abbia ricevuto il placet della maggioranza qualificata dei padri sinodali. "Chiariamo subito che il discorso del Sinodo è stato più ampio e globale e ha riguardato la vera figura cristiana del matrimonio e della famiglia, con i suoi colori e iridescenze, le sue oscurità e interrogativi", commenta Ravasi. "In questo ambito - spiega il presidente del dicastero della cultura - c'era questo nodo in cui si confrontano due elementi strutturali. L'indiscussa indissolubilità e unicità matrimoniale, affermata da Cristo e confermata da tutti gli esegeti, e la possibilità di comprendere, nella misericordia, anche delle eccezioni in situazioni estreme o specifiche. Quest'ultima è introdotta nei capitoli quinto e diciannovesimo di Matteo, laddove si parla del "caso di pornéia", anche se non riusciamo purtroppo ancora a decifrare questa possibilità nel suo significato autentico". "Quindi - prosegue Ravasi - c'è la necessità di conciliare verità e misericordia che non sono però - precisa - due componenti di due livelli differenti - dottrina e pastorale - ma sono entrambi due elementi dottrinali che bisogna cercare di mantenere in equilibrio. Da qui nasce la difficoltà e si giustifica una diversificazione dei giudizi". 
Il card. Ravasi, promotore della struttura del 'Cortile dei Gentili', ispirata da Benedetto XVI, è come sempre anche attento allo sguardo del mondo, e in particolare dei non credenti, sulla Chiesa: "Le relazioni che ho letto, anche sulla stampa estera, debbo dire che, tutto sommato, mi sono sembrate attente e abbastanza fedeli. Soprattutto rispetto all'approccio iniziale, caratterizzato da una scelta veemente e parziale di pochi temi". "Alla fine - conclude il presidente del Pontificio Consiglio della Cultura - il Sinodo ha dato l'immagine di una Chiesa in dialogo anche se con le sue fatiche, proprio perché incarnata nella storia. Cristo stesso nel suo messaggio presenta, non dimentichiamolo, degli elementi legati al contesto in cui si trova". "Quindi, come si è visto nella conferenza per la presentazione del Messaggio, la Chiesa, pur non avendo raggiunto dei risultati così univoci come accade di solito, quasi cristallizzati in una sorta di limbo perfetto, ha dimostrato una vivacità e un volto che, forse per questo, è più seguito con attenzione anche dal mondo dei non credenti".

Nessun commento:

Posta un commento