Papa Francesco, una semplicità che riesce sempre a sorprendere. Quando parla di valori tocca corde profonde nel cuore dell’uomo
(Bruno Forte)
"Buon pranzo! Il cibo per l‘anima"
(Bruno Forte, vescovo di Chieti, Introduzione al volume "Buon pranzo! Il cibo per l‘anima" che raccoglie le parole del Papa in 53 Angelus) Tre elementi mi sembrano entrare in gioco nel modo di essere e di comunicare di Papa Francesco, tali da fargli raggiungere ampiamente e in profondità il cuore di tutti: il linguaggio del suo stile di vita; la forza di un vocabolario nuovo; e la capacità di sorprendere.Il linguaggio di uno stile di vita Papa Francesco parla anzitutto con la sincerità, la semplicità e la sobrietà del suo stile di vita. La sincerità di questo gesuita argentino è per alcuni addirittura spiazzante: le sue dichiarazioni spontanee su temi delicati non sono certamente frutto di calcolo interessato, e nemmeno di una strategia pastorale. Papa Francesco si mostra per quello che è e sempre è stato, senza star a misurare gli effetti di ciò che dice sul possibile ritorno d’immagine per sé o per la comunità cattolica. Non per questo, però, il suo agire e i suoi pronunciamenti possono considerarsi avventati: chi come lui da una vita si esercita nella disciplina spirituale e nella meditazione della Parola di Dio e dei testi dei grandi Maestri della fede, non dice mai cose che non siano state a lungo «ruminate», anche se sul momento possono apparire di sorprendente novità. La sincerità di Francesco è come la punta di un «iceberg», che affiora rimandando a una profondità tutta da scandagliare. Così, ad esempio, la sua insistenza sullo sguardo di misericordia da avere verso tutti, anche e particolarmente verso chi è in situazioni problematiche rispetto alle norme canoniche o alla legge morale, non è che la traduzione del convincimento che lo sguardo di Dio si posa con tenerezza su queste persone e quello della Chiesa e dei suoi pastori non può né deve fare diversamente. Quel «chi sono io per giudicare?», da lui pronunciato in varie occasioni, non indebolisce la legge morale, ma la propone nell’unica ottica secondo cui essa risulta vera, efficace e credibile alla luce del Vangelo.Un secondo tratto che rende particolarmente accessibile e amato il Papa argentino è la semplicità del suo comunicare: la preferenza per il «parlare a braccio», da lui spesso dimostrata, non è semplicismo, ma espressione della volontà di raggiungere coloro cui si dirige in maniera diretta, essenziale e profonda. Va sottolineato che la semplicità comunicativa di Papa Francesco non avrebbe la forza che ha se non fosse abitata da sincerità e trasparenza: solo chi ama la verità e al tempo stesso ama la gente cui proporla è capace di coniugare i due amori in una comunicazione vera, illuminante e contagiosa.
Infine, a colpire tutti è la sobrietà di questo Papa: egli non solo non ha bisogno di grandi mezzi e di forme appariscenti, ma rifugge con convinzione da tutto ciò che sembra esaltare il potere secondo la logica di questo mondo, per privilegiare ciò che dice carità, prossimità e servizio. Se la decisione di vivere con altri nella Domus Sanctae Marthae esprime il bisogno di fraternità condivisa, l’uso di auto semplici, di stili di comportamento «normali», mette in luce la sua volontà di essere sentito come uno di noi, un compagno di strada e un fratello in umanità. Ciò nulla toglie al suo ruolo di paternità universale, ma dà a questo un tocco di accessibilità e di familiarità, che lo rende vicino al cuore di tanti.
La forza di un vocabolario nuovo Il «caso serio» che aiuta a comprendere la forza del vocabolario nuovo di cui Papa Francesco si serve per comunicare la bellezza del Vangelo può essere riconosciuto nel modo in cui egli propone i valori fondamentali della vita, ispirati alla fede in Cristo, a una società complessa, qual è ormai dappertutto quella del cosiddetto «villaggio globale». Egli non usa, né ama, l’espressione «valori non negoziabili», spesso adoperata nel linguaggio ecclesiale prima di lui, come dichiara nell’intervista a Ferruccio de Bortoli, apparsa sul «Corriere della Sera» del 5 marzo 2014: «Non ho mai compreso l’espressione valori non negoziabili. I valori sono valori e basta, non posso dire che tra le dita di una mano ve ne sia una meno utile di un’altra. Per cui non capisco in che senso vi possano essere valori negoziabili». Non per questo l’attuale Vescovo di Roma si discosta dai suoi predecessori, quasi a compiere una rottura che lo allontani dalla dottrina della Chiesa. Con buona pace di qualche pauroso custode della verità, occorre ribadire con chiarezza che Francesco è e vuole essere assolutamente fedele alla fede della Chiesa. Semplicemente, Papa Francesco propone i valori con uno stile tutto suo, che da una parte lo rende estremamente comunicativo e accessibile, dall’altra suscita non poca simpatia e curiosità. In che consiste dunque la novità del vocabolario dell’attuale Vescovo di Roma? La caratterizzerei in tre direzioni: l’attenzione a ciò che è prioritario nella proposta; lo sguardo sempre rivolto al destinatario e all’interlocutore; il desiderio di non privilegiare nulla di ciò che conta rispetto all’insieme di quanto va proposto.
In primo luogo, Francesco intende presentare i valori a partire da ciò che li motiva profondamente per il cuore umano, mostrandone la capacità di promuovere e realizzare la vera e piena umanità della persona. A nulla servirebbe elencare una serie più o meno ampia di valori «non negoziabili», se poi la loro intrinseca forza di attrazione per il bene delle creature non risultasse messa in luce.
In secondo luogo, Francesco guarda al destinatario e all’interlocutore cui rivolge la proposta del Vangelo: il suo modo di approcciare le persone, specialmente i poveri, i malati, i sofferenti, la sua attenzione che si fa sguardo, abbraccio di tenerezza e sorriso di misericordia per tutti, è una maniera di essere e uno stile della proposta cristiana che tutti dovremmo riscoprire. Quando afferma, quasi gridandolo ai cuori distratti o freddi, «non abbiate paura della tenerezza», Francesco sta enunciando un principio che tocca in profondità la proposta dei valori. Non si possono imporre pesi a persone che non siano in grado di portarli.
Infine, Papa Francesco dimostra di avere forte e chiaro il senso della cosiddetta complexio catholica : nella «pienezza» cattolica tutto si tiene e deve essere proposto nell’armonia dell’insieme. Non si può, ad esempio, difendere il valore della vita insistendo unicamente sul no all’aborto, senza parimenti affermare il no a ogni forma di violenza e di ingiustizia, il no alla guerra e all’oppressione dei poveri.
La capacità di sorprendere Vorrei infine sottolineare un aspetto che sin dall’inizio ha caratterizzato Papa Francesco: la capacità di sorprendere, che emerge già dai suoi primi gesti. Il nome stesso che ha scelto — lui, gesuita, decide di chiamarsi col nome del Poverello di Assisi — è l’evocazione sorprendente di un programma. Sorprendente è poi un Papa che comincia il suo pontificato chiedendo al popolo che preghi su di lui e lo benedica, prima di dare lui la benedizione urbi et orbi . Sin da subito Bergoglio si è presentato, poi, per quello che il Papa è dal punto di vista teologico, anche se ciò ha suscitato sorpresa: il vescovo della Chiesa di Roma, che per disegno divino presiede nella carità a tutte le Chiese del mondo. Bellissimo e perfino toccante questo suo insistere sul rapporto con la Chiesa locale di cui Dio lo ha voluto pastore! Come a ricordarci che l’amore «universale» non esiste, se non passa prima per i volti concreti di chi ci sta intorno! Non di meno e inseparabile da questo è lo sguardo di sorpresa che viene su di lui dal mondo: è il primo Successore di Pietro che proviene dall’America Latina, il continente col più alto numero di cattolici, ma anche con situazioni drammatiche di povertà e di disuguaglianza. Se, come ha detto, «i fratelli cardinali sono andati a prendere il nuovo Vescovo di Roma alla fine del mondo», non c’è dubbio che questo fatto lancia un messaggio di speranza a tutti i poveri della terra, a tutte le situazioni che attendono svolte di giustizia e attenzione nuova.
Il modo di porsi di Papa Francesco verso gli altri cristiani è un’ulteriore sorpresa: egli si presenta come un fratello, il vescovo della Chiesa che presiede nell’amore, deciso a evangelizzare con nuovo slancio anzitutto il popolo della città di Roma e proprio così a offrire un servizio di testimonianza e di carità a tutte le Chiese. Era quanto da anni il dialogo ecumenico e l’ecclesiologia del Vaticano II erano andati chiedendo nel pensare a un ministero universale di unità per tutti i discepoli di Cristo: un’alba di luce e speranza per chi vive la passione dell’unità fra i cristiani. Anche i credenti di altre religioni sembrano guardare a Papa Francesco con fiducia: egli vuole servire la «fratellanza» fra tutti. La sua franchezza e il suo profondo senso di Dio aprono la strada a dialoghi e incontri inediti.
La barca di Pietro ha un timoniere umile e forte, tenero e fermo: a tutti l’invito a navigare con lui sui mari della vita e della storia, anche quando si annunciano tempestosi, non solo sperando, ma anche organizzando la speranza, e organizzandola insieme per un servizio fatto di tenerezza e di custodia, rivolto a ciascuno, accogliente per tutti.
fonte: Corriere della Sera
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