mercoledì 25 febbraio 2015

Dici Cina, ed è già mistero. Mistero e profezia, se si tratta di Cina e Vangelo...



                                      LaCroce #quotidiano 

Fa bene “il Pescatore” a negoziare con Shangai

di antonelloiapicca 
6D72755E-F232-11 
Dici Cina, ed è già mistero. Mistero e profezia, se si tratta di Cina e Vangelo. Forse non tutti conoscono quella che poco prima di morire pronunciò Papa San Giovanni XXXIII. Me l’ha raccontata qualche tempo fa Mons. Capovilla, l’allora suo segretario. Durante un’udienza improvvisamente assorto il Papa disse: “Vedo la stella della grande e nobile nazione cinese accanto a quelle delle nazioni di tradizione cattolica”. Papa Roncalli si diceva sicuro che nel breve volgere di alcuni decenni la Cina avrebbe aperto le porte al Vangelo per accoglierlo con entusiasmo.
Chi come lui non dubitava di questa profezia era San Giovanni Paolo II, singolarmente canonizzato insieme al Papa Buono. Riaffermando che “è stato in Asia che Dio sin dall’inizio rivelò e portò a compimento il suo progetto salvifico” (Giovanni Paolo II, Ecclesia in Asia, 1), il grande Papa missionario vedeva dinanzi a sé questo immenso continente come Noè sul Monte Nebo ammirava la Terra Promessa. L’Asia era ai suoi occhi il Continente della Promessa di Dio che non attendeva altro che il millennio giusto per aprirsi al suo compimento.
Oggettivamente non è facile condividere lo stesso sguardo del Papa. L’Asia è tutto e il contrario di tutto, ricchezza e povertà, religiosità antiche e soffocanti come gli incensi che ti danno alla testa. L’Asia è progresso tecnologico e turismo del sesso, uteri in affitto e aborti indiscriminati. L’Asia è “the world 3.0”, dunque quanto di più lontano dal Dio di Gesù Cristo che si possa pensare. O quanto di più vicino, dipende dalla prospettiva dalla quale si guarda.
La recente intervista di Gianni Valente all’84enne Paolo Xie Ting-zhe, vescovo cattolico di Urumqi, ci aiuta a riprendere la prospettiva giusta, quella della profezia intrisa nella fede, quindi la più realistica possibile: «Ma certo, che siamo contenti se viene il Papa. Come potremmo non esserlo?». Come sottolineato da Valente, l’anziano vescovo cinese “non pone condizioni e non si nasconde dietro a cavillosi distinguo quando gli chiedono del vescovo di Roma  e della sua dichiarata propensione a recarsi in Cina anche domani”.
Perché se c’è di mezzo il soffio dello Spirito Santo, la politica, importante per carità, segna sempre il passo, ed è invitata a seguire e non a ispirare. D’altronde, se San Giovanni Paolo II da vivo ha fatto crollare il Muro di Berlino con la forza della sua fede che ha reso possibile l’impossibile, ora che è nel Cielo a ispirare direttamente le profezie, saprà come intercedere presso il Padre perché la Cina apra le porte al Vangelo.
I segnali sono molto confortanti. Anche se “nella società si respira un vuoto spirituale che adesso avanza in ogni città e in ogni ambiente”, Mons. Xie Ting-zhe ci racconta anche che “molti accolgono l’annuncio di Gesù come un dono e una speranza per la loro vita”.
Annuncio, ovvero il cuore della Chiesa, che batte perché la vita che scaturisce dal vangelo giunga sino agli estremi confini della terra, ovvero la Cina, così amata anche da Benedetto XVI. Al punto di scrivere ai cattolici cinesi una lettera meravigliosa di incoraggiamento, ma anche di grande realismo.
In essa, infatti, in sintonia con il predecessore e con il successore, il Papa Emerito sottolineava un punto che mi sembra decisivo: “La storia recente della Chiesa cattolica in Cina ha visto un elevato numero di adulti, che si sono avvicinati alla fede grazie anche alla testimonianza della comunità cristiana locale. Voi, Pastori, siete chiamati a curare in modo particolare la loro iniziazione cristiana attraverso un appropriato e serio periodo di catecumenato che li aiuti e li prepari a condurre una vita da discepoli di Gesù. A questo proposito ricordo che l’evangelizzazione non è mai pura comunicazione intellettuale, bensì anche esperienza di vita, purificazione e trasformazione dell’intera esistenza, e cammino in comunione. Solo così si instaura un giusto rapporto tra pensiero e vita. Guardando poi al passato, si deve purtroppo rilevare che molti adulti non sempre sono stati sufficientemente iniziati alla completa verità della vita cristiana e nemmeno hanno conosciuto la ricchezza del rinnovamento apportato dal Concilio Vaticano II. Sembra pertanto necessario e urgente offrire ad essi una solida e approfondita formazione cristiana, sotto forma anche di un catecumenato post-battesimale” (Lettera ai Cattolici cinesi, 16).
E’ dunque di “una solida e approfondita formazione cristiana” che anche i cattolici cinesi hanno bisogno. Quindi di Sacerdoti e catechisti capaci di condurre un popolo intero sulla via della fede. I segnali che da alcuni anni stiamo registrando sono molto, molto incoraggianti. Tanti anni di dittatura comunista hanno paradossalmente purificato l’animo cinese dalle molte superstizioni, ma il cammino è lunghissimo.
Per evangelizzare la Cina occorre una Chiesa esperta nella fede, che non si chiuda nell’assistenza sociale ma abbia il coraggio di rischiare guardando al futuro con gli occhi dei Papi che Dio ci ha donato in questi decenni. Occorre avere uno sguardo profetico che sappia scorgere nella grande periferia che è la Cina una messe abbondante pronta per la mietitura. E’ necessaria la purezza del cuore che sorge solo dallo zelo che non guarda ai risultati immediati ma ha la pazienza del contadino che cura con amore il campo nella certezza che darà frutto a suo tempo.
In Asia, in Giappone come in Cina, in India come in Pakistan, bisogna perdere la vita, senza sperare nulla. Per questo, credo, Papa Francesco ha così a cuore questo continente. Lui che brucia di zelo per la pecora perduta, qui sa di avere un gregge perduto di dimensioni straordinarie. Ma bisogna andare a cercare le pecore una ad una lanciandoci senza paura in una rinnovata Missio Ad Gentes.
Nel Messaggio per la Giornata missionaria mondiale 2014 Papa Francesco ha scritto infatti che: «oggi c’è ancora moltissima gente che non conosce Gesù Cristo.  Rimane perciò di grande urgenza la missione ad gentes, a cui tutti i membri della Chiesa sono chiamati a partecipare, in quanto la Chiesa è per sua natura missionaria».
Per questo la possibilità di una visita di Papa Francesco in Cina ci rallegra infinitamente, un segno in più per entrare con speranza nel compimento della profezia di San Giovanni XXIII. Un missionario vive ogni giorno quanto scritto da Papa Francesco nella sua Evangelii Gaudium: «La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita di coloro che si incontrano con Cristo, coloro che si lasciano salvare da Lui e sono liberati dal peccato, dalla tristezza del vuoto interiore”. E non può rimanere insensibile all’appello di quella Esortazione nella quale il Papa ha “desiderato indirizzarsi ai fedeli cristiani, per invitarli a una nuova tappa evangelizzatrice marcata da questa gioia e indicare vie per il cammino della Chiesa nei prossimi anni”.
Un Vescovo ultraottantenne che ha tanto sofferto per Cristo, quattro Papi e un continente sconfinato, sono queste le coordinate che Dio sta dando alla sua Chiesa, perché l’Asia, non dimentichiamolo, inizia proprio laddove i tagliagole insanguinano la terra. L’unica risposta alla violenza che disprezza la vita è perdere la vita per annunciare il vangelo, unica salvezza per ogni uomo.

Articolo pubblicato su “La Croce” del 25 febbraio 2015

Nessun commento:

Posta un commento