giovedì 17 dicembre 2015

ROSE CALPESTAVA NEL SUO DELIRIO E il corpo bianco che amava.

Rose calpestava

SIBILLA ALERAMO

ROSE CALPESTAVA NEL SUO
DELIRIO


8 dicembre 1916

Rose
calpestava nel suo delirio
E il corpo bianco che amava.
Ad ogni lividura
più mi prostravo,
oh singhiozzo, invano, oh
creatura!

Rose calpestava,
s’abbatteva il pugno,
e folle lo sputo su la fronte che adorava.
Feroce il
suo male più di tutto il mio martirio.
Ma, or che son fuggita, ch’io muoia
del suo male.


(Archivio Aleramo)

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Nel tormentato amore tra Sibilla Aleramo
(1876-1960), e Dino Campana – che la chiamava con il suo nome vero, “Rina” - è
la donna la più forte, la più attaccata alla vita nonostante le tante
vicissitudini: la scrittrice con lucidità analizza i ricordi dolorosi di quella
passione nata tra lei, già affermata e impegnata socialmente, e un poeta più
giovane di dieci anni sospeso tra l’esaltazione nevrastenica e l’autodistruzione
che infine lo consumerà. Mario Luzi scrisse che questo appunto-poesia della
Aleramo è “da porsi senz’altro tra i versi più vivi che abbia mai scritto e
lascia intravedere uno scorcio di vita ‘maudit’ tra i più autentici”:

l’amore – anche questa volta – ha provato a “vincere tutto”, ci è riuscito per
pochi mesi, dall’incontro del 3 agosto 1916 in cui la scrittrice famosa accetta
di incontrare a Barco, località sull’Appennino, il poeta che ha pubblicato a sue
spese i Canti orfici a questa lettera che segna la rottura. Ma Rina
continuerà a chiedere notizie di Dino fino all’internamento di lui per
alienazione mentale nel cronicario di Castel Pulci il 12 gennaio 1918.

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IMMAGINE © LUNARIO
NUOVO
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LA  FRASE DEL GIORNO
Questo viaggio chiamavamo amore / Col
nostro sangue e colle nostre lagrime facevamo le rose /
Che brillavano un
momento al sole del mattino /
Le abbiamo sfiorite sotto il sole tra i rovi.
DINO CAMPANA, Canti orfici e altri versi
By Il canto delle sirene

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