venerdì 4 marzo 2016

Guardare a Maria per ritrovare “lo straordinario potere delle donne” di accogliere e custodire la vita.

Il dovere e la bellezza della diversità: alla riscoperta della vocazione femminile


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Pixabay.com/Public Domain/ © benscherjon

Da pochi giorni è in libreria l’ultimo lavoro della giornalista e scrittrice Costanza Miriano “Quando eravamo femmine. Lo straordinario potere delle donne” (Sonzogno Editori) che ha immediatamente conquistato la vetta nelle classifica di vendite di Amazon. Nel libro l’autrice si rivolge a due piccole donne, alle sue figlie Livia e Lavinia che, seppur ancora bambine possiedono già, per natura, lo “straordinario potere” e dono femminile di accogliere la vita.
«(…) Vedo le mie bambine e penso – e mi si stringe il cuore – alla speciale dimestichezza che abbiamo con la sofferenza, una frequentazione che ce la rende presto familiare, quasi amica, perché noi sappiamo che serve a qualcosa, come quando andiamo a farci bucare le orecchie, o tocchiamo il ferro da stiro con la mano per sentire se è caldo (…) Forse sono solo piccoli preparativi per il parto, la sofferenza che più di tutte serve a qualcosa, serve così tanto che poi ci sembra pure poca (…) Guardo con tenerezza (…) alla voglia che avete, inconsapevole ancora, “di riparare la vita”. Guardo a questa capacità di vita che avete. Capacità nel senso, etimologico, di spazio per contenere. Chiamiamolo grembo, utero, cuore, comunque sia è lo spazio interiore che ha ogni donna di accogliere e “risistemare” ogni cosa che la circonda».
Il dono di accogliere e custodire la vita a cui si riferisce l’autrice non riguarda solo la capacità procreativa biologica affidata alle madri, ma consiste nella peculiarità di esserefeconde, “fecondissime”, che può caratterizzare anche le donne che non hanno avuto figli e quelle consacrate che «(…)con un lavoro di scavo in profondità, e poi di cesello, di pazienza, imparano a fare i conti con il vuoto del loro grembo e lo vivono non come frustrazione o carenza affettiva (…) le loro viscere materne, se sono donne consegnate a Cristo, le rendono grembo per gli altri, fonti fresche di vita nella loro capacità di adattarsi alle situazioni, accogliere, trovare soluzioni, mediare».


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La domanda intorno a cui ruota il libro e che interessa tutti, femmine e maschi, riguarda il ruolo della donna e come possa realizzarsi autenticamente nella società attuale.Perché le donne occidentali sono sempre e ancora (più) infelici? Cos’è che le rende tristi oggi nonostante la conquista di tutti i diritti, l’emancipazione sessuale ed economica, la libertà totale dai vincoli col passato?
«(…) può essere che il modello di donna che ci viene proposto oggi, quello che va per la maggiore, non funzioni. Mi chiedo insomma se una parte di questo dolore, o anche semplicemente fatica, possa venire anche dalla monumentale difficoltà di tenerli, i ruoli, tutti insieme. (…) C’è qualcosa che le nostre mamme non ci hanno detto? Mentre combattevano per conquistarci diritti preziosissimi, di cui non le ringrazieremo mai abbastanza e di cui noi tutte beneficiamo, si sono perse qualcosa per strada? Insomma, il femminismo ci ha fregate? Ed è solo quello il problema? O c’è qualcosa di più profondo? Qualcosa che riguarda ogni donna in ogni tempo, e che ha a che fare con le risposte alla nostra vocazione?»
A questa domanda ogni capitolo del libro, che viene proposto in forma di lettera, offre una risposta basata su esperienze personali, profonda ma naturalmente mai del tutto esaustiva, con la consapevolezza che ogni donna dovrà rintracciare le cause e i motivi della sua insoddisfazione per trovare equilibrio e autentica realizzazione. Dalle storie di vita che l’autrice propone emerge un filo conduttore comune.
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