giovedì 14 aprile 2016

"Quando credo, sono pazzo. Quando non credo, soffro di depressione psicotica."

La Crepa nel muro

Philip K. Dick e l'Impero Segreto



"Quando credo, sono pazzo. Quando non credo,


soffro di depressione psicotica."

Philip K. Dick



di S. Critchley




Philip K. Dick e l’Impero Segreto

“Quando credo, sono pazzo. Quando non credo,
soffro di depressione psicotica.”
Philip K. Dick
di S. Critchley
Philip K. Dick è probabilmente lo scrittore di fantascienza più importante degli ultimi 50 anni. Nella sua breve e folgorante carriera scrisse 121 racconti e 45 romanzi. Le sue opere riscossero un ottimo successo quando era ancora in vita, tuttavia fu dopo la sua scomparsa – nel 1982 – che la fama di Dick crebbe in misura esponenziale.Molti avranno conosciuto il suo lavoro grazie ad una serie di fortunati adattamenti cinematografici come Blade Runner (tratto dal racconto Do Androids Dream of Electric Sheeps?), Total Recall, Minority Report, A Scanner Darkly e il più recente The Adjustment Bureau. Alcuni potrebbero considerarlo un comune narratore. Ma sbaglierebbero.Con il passare degli anni la vita di Dick ha infatti assunto i connotati di una leggenda, condita da innumerevoli aneddoti di follia ed allucinazioni dovute ai suoi stati alterati di coscienza. Alcuni ritengono quest’aura leggendaria del tutto avulsa dalla brillantezza letteraria di Dick. Jonathan Lethem scrive – a mio parere giustamente – “Dick non fu una leggenda e non era pazzo. Visse tra noi e fu un genio.” Eppure la vita privata di Dick continua ad influenzare sensibilmente qualsiasi valutazione del suo lavoro…L’Evento del Pesce d’Oro.Ogni aneddoto sulla vita di Dick è in qualche modo legato a doppio nodo ad un evento che i suoi fan (sedicenti, auto-ironici ‘dick-heads’ – ndt) per comodità hanno definito: Evento del Pesce d’Oro. Il 20 febbraio 1974, dopo che gli fu somministrata una dose di Pentothal di sodio nel corso di un’operazione odontoiatrica, Dick fu colpito da una sorta di rivelazione visionaria. Una giovane donna si presentò a casa dello scrittore presso Fullerton, California, per consegnargli un flaconcino di compresse Darvon. La ragazza indossava una collana con un ciondolo raffigurante un pesce d’oro, antico simbolo adottato dalla controcultura cristiana della fine degli anni ’60.Secondo quanto riferì lo stesso Dick il ciondolo iniziò ad emanare un fascio di luce dorata, ed egli improvvisamente sperimentò ciò che successivamente definì – alludendo alla filosofia di Platone – anamnesi, cioè il ricordo – la percezione – dell’intera summa delle conoscenze universali. Dick sosteneva di avere avuto accesso a ciò che i filosofi definiscono la facoltà di ‘intuizione intellettuale’: la percezione di una realtà metafisica retrostante gli schermi illusori del mondo materiale. Molti filosofi – ad iniziare da Kant – asseriscono che tale intuizione intellettuale sia stata sempre etichettata dalla cultura umana come espressione di oscurantismo fraudolento, di solito sotto forma di esperienza religiosa o mistica, come le visioni della moltitudine angelica sperimentate da Emanuel Swedenborg.Si tratta dell’esperienza che Kant definiva, con una bella espressione tedesca: die Schwärmerei, cioè una sorta di tracimante entusiasmo in cui il Se si ritrova letteralmente aggregato al Dio, o Theos. Uno stato di grazia che spazza via le limitazioni e restrizioni che Kant ascriveva ai domini della ragione pura, il fenomenico e il noumenico, per svelare ciò che Dick definiva: la ‘vera realtà.’L’episodio del pesce d’oro fu solo l’inizio. Nei successivi giorni e settimane, Dick sperimentò diverse visioni psichedeliche notturne piene di giochi di luce fantasmagorici. Questi episodi ipnagogici furono accompagnati da sogni e visioni profetiche che proseguirono fino alla sua scomparsa – otto anni più tardi – all’età di 53 anni. In quest’ultimo periodo della sua vita avrebbero avuto luogo molte situazioni quantomeno strane – troppo numerose per elencarle in questa sede – tra cui il rapporto con un vaso d’argilla che Dick chiamava Ho On o Oh Ho, il quale gli avrebbe parlato di profonde questioni spirituali con un tono di voce sfacciato ed irritabile.Ciò detto, stiamo parlando solo degli effetti degli acidi e del Pentothal di sodio? Dick era del tutto uscito di testa? Era psicotico? Era schizofrenico? Un giorno scrisse che: “La schizofrenia è un balzo in avanti non andato a buon fine.” E’ possibile che le sue esperienze fossero l’effetto di una serie di spasmi cerebrali che la Medicina definisce TLE cioè ‘epilessia del lobo temporale’? Le attuali cognizioni nel campo delle neuroscienze potrebbero spiegare l’esperienza di Dick? Forse.L’unico, grosso problema è che ognuna di tali possibili motivazioni non giustifica la ricchezza dei fenomeni che Dick sperimentò e tentò di descrivere.Dopo gli eventi che successivamente denominò il ‘2-3-74’ (ovverosia ciò che gli accadde nel febbraio e marzo di quell’anno), Dick dedicò il resto della sua vita a cercare di comprendere cosa gli fosse accaduto. Per Philip Dick ‘comprensione’ significava ‘scrittura.’ Assecondando ciò che oggi potremmo definire una mania di hypergraphia cronica, tra il 2-3-74 e la sua morte, scrisse oltre 8.000 pagine solo in merito a quella sua esperienza. Spesso scriveva per tutta la notte, producendo 20 pagine piene di scrittura fitta, strani diagrammi ed illustrazioni criptiche.La montagna di pagine che ne venne fuori, riorganizzata dopo la sua morte in 91 cartelle, fu poi denominata L’Esegesi. I frammenti furono assemblati da Paul Williams – amico di Dick. In seguito fu finalmente pubblicata (2011) una selezione di questi testi della considerevole lunghezza di 950 pagine, e con un pesce d’oro effigiato sulla copertina. Il testo contiene appena una frazione dell’intero lavoro.Dick scrive: “L’Esegesi è un tentativo di comprendere la mia comprensione.” Si tratta di uno dei più straordinari e articolati atti di auto-interpretazione. Un lungo pensiero apparentemente senza fine sul 2-3-74, che in alcuni passi sembra attorcigliarsi su se stesso. Spesso noioso, ripetitivo e connotato da una massiccia quantità di paranoia, L’Esegesi contiene anche molti passaggi di autentico splendore e sincerità assoluta e disarmante; a volte Dick cade in uno stato di abbattimento disperato e malinconico. In altri frangenti mostra invece una sorta di ipertrofia dell’ego, al punto di descriversi come un tutt’uno con il divino: “Ero nella mente di Dio.”Per tentare di interpretare cosa gli fosse accaduto nel 2-3-74, Dick fece ricorso alle fonti che aveva a portata di mano. In particolare ad un set completo della XVI edizione dell’Enciclopedia Britannica, che Dick aveva acquistato verso la fine del 1974 e all’insuperabile Enciclopedia della Filosofia di Paul Edwardspubblicata in otto volumi nel 1967, una delle più ricche e capienti documentazioni mai prodotte sul pensiero filosofico. La lettura di Dick fu casuale ed eclettica. Quanto appreso attraverso le enciclopedie gli permise di infondere una certa coerenza formale e sistematica alle sue estese ossessioni. Riscontrò legami e corrispondenze di idee. Inciampò anche nei principali testi di un certo numero di filosofi e teologi, in particolare presocratici come Platone, Meister Eckhart, Spinoza, Hegel, Schopenhauer, Marx, Whitehead, Heidegger e Hans Jonas. Le sue interpretazioni risultano a volte piuttosto bizzarre, ma spesso sono anche molto stimolanti.Quanto detto ci conduce ad un punto importante. Dick era un convinto autodidatta. Al College resisté meno di un semestre. Nel 1948 si iscrisse all’Università della California, Berkeley, intraprendendo e abbandonando i suoi studi in Filosofia nel giro di poche settimane, a causa del disgusto che gli suscitarono l’ignoranza e l’intolleranza del suo docente, quando gli chiese un parere sulla plausibilità della teoria metafisica di Platone. Dick evidentemente non era avvezzo alle metodologie della Filosofia e della Teologia. Era un filosofo dilettante o – prendendo in prestito un’espressione usata da un curatore dell’Esegesi – Erik Davis – Dick era qualcosa di splendido, cioè un filosofo da garage.Le lacune di Dick dal punto di vista del rigore accademico erano compensate dal potere della sua ricca immaginazione e capacità associativa. Probabilmente se fosse stato più strutturato accademicamente non sarebbe stato in grado di produrre la molteplicità di idee interessanti riscontrabili nei suoi lavori. In una nota dell’Esegesi, scrive: “Non sono un romanziere, ma un filosofo narratore. Il nucleo della mia scrittura non è l’arte, ma la verità.” Ci troviamo di fronte ad un apparente paradosso, in cui la ricerca della verità, obiettivo primario del filosofo, non viene giudicata opposta alla narrativa, ma espressa attraverso la narrativa. Dick considerava la sua narrativa come il tentativo creativo di descrivere ciò che considerava la vera realtà. “Io sono fondamentalmente una persona analitica, non un creativo; la mia scrittura è semplicemente uno strumento di gestione delle mie attività analitiche.”Futuro GnosticoDunque, in cosa consisterebbe la ‘vera realtà’ che Dick affermò di avere percepito durante le visioni psichedeliche del 2-3-74? Si tratta di un mero sproloquio delirante e privo di struttura, oppure fa riferimento ad una qualche tradizione filosofica o mistica? Direi la seconda.Nelle prime righe dell’Esegesi Dick scrive: “Vediamo il Logos affrontare le molte entità viventi.” Quello di Logos è un concetto importante che permea numerose pagine dell’Esegesi. Si tratta di un termine che nell’antica Grecia aveva diversi significati, uno dei quali è per l’appunto: ‘parola.’ Può significare La Parola, la ragione (in latino: ratio) oppure la presa di coscienza. Secondo il filosofo Eraclito, al cui pensiero Dick fece spesso riferimento, il Logos sarebbe la legge universale che governa il cosmo, placidamente ignorata dalla maggior parte degli esseri umani. Mentre scriveva l’Esegesi Dick aveva in mente quest’ultima accezione, oltre che – più importante – il significato attribuito al termine nel Vangelo di Giovanni: “In principio era il Verbo” (Logos), cioè la parola che si fa carne nella persona di Cristo.Ma il nocciolo della visione di Dick non è cristiana in senso tradizionale; è una visione gnostica: è l’intellezione mistica, nel suo momento più elevato di fusione con un Dio ultraterreno, estraneo, che si rivela mediante il Logos e che può comunicare con gli esseri umani attraverso un raggio di luce o – nel caso di Dick – alcune visioni allucinatorie.L’intera Esegesi è caratterizzata da una continua tensione tra una visione monistica del cosmo (in cui l’universo è composto da un’unica sostanza) riscontrabile nei riferimenti di Dick al pensiero di Spinoza, di Whitehead e di Hegel, dove ‘il vero è l’intero’, ed una visione dualistica o gnostica del cosmo, con due forze in conflitto, l’una malevola e l’altra benevola. Personalmente ho riscontrato una preferenza di Dick per quest’ultima visione, secondo cui il mondo visibile, fenomenico, sarebbe in realtà una sorta di prigione, di gabbia, di oscura caverna.Il Cristianesimo si basa sul monismo metafisico, in ossequio al quale ogni cristiano ha l’obbligo di amare ogni aspetto della creazione – anche il più ripugnante e puzzolente – in quanto comunque riconducibile all’opera di Dio. Il male di conseguenza non è qualcosa di sostanziale, essendo stato creato da Dio, il quale è benevolo per definizione. Al contrario lo Gnosticismo contrappone un dualismo radicale tra il falso Dio che avrebbe creato questo mondo – definito solitamente il ‘demiurgo’ – ed il vero Dio, ignoto ed estraneo. Secondo lo gnostico, la principale prova dell’esistenza del male, sarebbe il mondo stesso. C’è un aneddoto che narra di uno gnostico radicale il quale usava lavarsi con la propria stessa saliva per ridurre al minimo il contatto con la creazione del demiurgo. Lo Gnosticismo è l’adorazione di un Dio estraneo, da parte di persone che si sentono estranee al mondo.La novità introdotta dal pensiero di Dick è che tale remota divinità non sarebbe ineffabile, ma comunicherebbe con noi attraverso l’informazione. Si tratta di un tema ricorrente in Dick, il quale identificava sia l’universo che il Cristo, sotto forma di informazione. Tale informazione sarebbe dotata di una sorta di vita elettrostatica connessa a ciò che Dick denominò: tempo ortogonale.Quella del tempo ortogonale è una strana ridefinizione del concetto di tempo, la quale sconfessa integralmente la concezione classica del tempo lineare risalente ad Aristotele, secondo cui il tempo sarebbe una sequenza di punti che giungono dal passato, attraversano il presente e si estendono verso il futuro. Dick asserisce che il tempo sia in realtà come un cerchio che contiene già tutto, piuttosto che una linea retta le cui estremità si perdono nell’infinito. In un brano dell’Esegesi afferma che il tempo ortogonale contenga “tutto ciò che fu, proprio come i solchi di un disco musicale in vinile continuano a trattenere i brani già riprodotti dal giradischi. Sebbene cessino di essere udibili, quei brani non scompaiono dopo che la puntina si discosta dalle loro tracce.”Il concetto fa pensare un po’ all’accordo musicale finale, apparentemente infinito, nella canzone dei Beatles A Day in the Life, che raccoglie sempre più slancio mentre la complessità decade. In altre parole, il tempo ortogonale consentirebbe il total recall.Nei suoi momenti più esaltati – che ad essere onesti avevano luogo abbastanza spesso – Dick dichiarò che un giorno il tempo ortogonale avrebbe reso possibile il ritorno all’Età dell’Oro, vale a dire al tempo che precedette la caduta ed il peccato originale. Sostenne inoltre che nel tempo ortogonale il futuro ricadrebbe e si realizzerebbe nel presente. E questo è senza dubbio il motivo per cui Dick si era persuaso che la sua narrativa stesse diventando realtà, e che il futuro stesse prendendo forma attraverso i suoi libri. In effetti, se si riflette su come le tecnologie di controllo nel mondo contemporaneo sembrino già oggi assomigliare al 2055 immaginato da Dick in Minority Report, forse non aveva tutti i torti; forse stava realmente scrivendo il futuro.Verso la fine dell’Esegesi Dick cita numerose volte il testo La Religione Gnostica di Hans Jonas, tradotto in inglese nel 1958. Non è difficile comprendere come mai il libro di Jonas parlasse a Dick proprio come il già menzionato vaso d’argilla. Jonas mostra la forza e la persistenza – sia storica che concettuale – del concetto di illuminazione della luce divina, la gnosi mistica Theou, la contemplazione diretta della realtà divina. Il nucleo dello gnosticismo consiste in questo contatto diretto con il divino, attraverso cui l’anima si eleverebbe, consentendo di vedere il vile mondo per ciò che è in realtà: nulla. Al centro dello gnosticismo, secondo Jonas, vi sarebbe l’esperienza del nichilismo, cioè la raggiunta consapevolezza che il mondo fenomenico sia nulla, mentre il mondo reale sia invisibile ai sensi, e per essere percepito richieda l’illuminazione divina, riservata a pochi e segreti eletti.L’Esegesi di Dick è una riaffermazione potente e struggente di una visione del mondo gnostica. Giusta o sbagliata che sia – per essere chiari, personalmente non sono uno gnostico – la visione gnostica rappresenta ancora, a mio avviso, una forte tentazione che dovrebbe essere compresa prima di essere criticata. Nelle speculazioni di Dick possiamo trovare passaggi come il seguente:“Dunque vi è un segreto racchiuso in un altro segreto. L’Impero è il Segreto (la sua esistenza e il suo potere, che governa) e poi vi sono i cristiani segreti illegali che operano contro di esso. La scoperta dei cristiani segreti illegali induce immediatamente a comprendere che, se esistono clandestinamente, qualcosa di maligno e imponente è al potere, proprio qui!”Si tratta di un’affermazione concisa e rivelatrice dello gnosticismo politico di Dick. La logica è adiacente alle forme di eresia mistica delle sette gnostiche paleocristiane, come i valentiniani ed i manichei, fino ai catari e alla tanto temuta Eresia del Libero Spirito, che secondo alcuni storiografi fu un impero invisibile che governò l’Europa nel XIII e XIV secolo.Il nucleo dell’Eresia consisteva nella negazione del peccato originale: il peccato non risiederebbe in noi, ma nel mondo stesso, il quale non fu creato dal vero Dio, ma dal demiurgo malevolo che San Paolo definì in un momento di semi-gnosticismo: “il Dio di questo mondo.” Di conseguenza, secondo l’Eresia dovremmo tendere a superare l’illusione maligna di questo mondo, per rivolgerci alvero mondo governato dal Dio estraneo. Il mondo fenomenico sarebbe solo la creazione di un Dio malvagio: il Demiurgo, e governato dai suoi agenti che gli gnostici definiscono ‘Arconti,’ governanti o governatori, e che Dick denominò minacciosamente l’Impero. Oggi potremmo chiamarli multinazionali (o creatori del denaro – ndt).Solo quando impariamo ad identificare la reale fonte mondana del peccato – insegnano gli gnostici – possiamo iniziare il processo di unificazione con il divino, dissociando noi stessi dal mondo fenomenico. Alla conclusione di questo processo diventiamo noi stessidivini, e possiamo combattere ed espellere l’impero del male che governa il mondo. Questo legame tra esperienza mistica ed insurrezione politica è costantemente suggerito nell’intera Esegesi. Quindi l’idea è che saremmo schiavi dell’impero, ed il mondo sarebbe una prigione da cui liberarsi, ciò che gli gnostici definivano: la cella punitiva del Dio creatore e Dick definiva il BIP, il nero carcere di ferro (Black Iron Prison – ndt), il quale contrasta la redenzione spirituale di ciò che Dick definiva il PTG, il Palm Tree Garden.Si noti l’accento sulla segretezza. Il primo segreto è che il mondo sarebbe governato da élites imperiali o governative malevole le quali formerebbero una sorta di congrega segreta. Il mondo stesso sarebbe un insieme di congreghe collegate dal denaro, le quali servono solo gli interessi dei loro azionisti e leader aziendali. Il secondo segreto – ‘il segreto all’interno del segreto’ – appartiene ai pochi che abbiano ingerito la pillola rossa e attraversato il velo di Maya. In altre parole, a quelli che riescano a vedere la Matrix – allusione alla cultura pop che ci può condurre ad alcune sorprendenti, addirittura allarmanti implicazioni della visione del mondo gnostico contemporaneo.Avventure nella Fabbrica dei SogniLa singolare ed appassionata visione del mondo di Philip K. Dick rispecchiata dal pensiero gnostico, aiuta a spiegare ciò che alcuni definiscono la ‘svolta distopica’ che iniziò a caratterizzare la fantascienza dal 1960 in poi, ed aiuta a comprendere l’approccio dominante alla narrativa nel nostro tempo, sia letteraria, che artistica, che cinematografica. L’idea che la realtà sia un’illusione perniciosa, una Matrix repressiva ed autoritaria costruita come in una fabbrica di sogni, che tutti noi avremmo bisogno di abbattere al fine di avere accesso alla verità. E … siamo onesti: è un immenso piacere pensare a noi stessi come a coloro che siano riusciti a lacerare il velo dell’illusione e a vedere la verità. Io sono uno degli eletti, uno dei pochi che conoscono, che abbiano raggiunto la gnosi.Lo gnosticismo di Dick consente inoltre di osservare sotto una nuova luce l’insegnamento esistenziale più duro impartito dal Cristianesimo tradizionale, che cioè il peccato sia insito in noi sotto forma di peccato originale. Una volta abbracciato lo gnosticismo, affermiamo che la malvagità non abbia origine dal cuore umano, ma da qualcosa di esterno, un sistema governato dagli arconti corrotti. Noi non siamo cattivi; è il mondo ad essere malvagio. Si tratta di un concetto che inizialmente trovò espressione moderna nel pensiero di Rousseau, per poi influenzare tutta una serie di concetti romantici i quali evidenziano l’idea della naturale bontà umana e dell’innocenza dell’infanzia. Noi adulti siamo portati ad idealizzare l’infanzia perché la vita adulta ci sembra un gran disastro. Tuttavia spesso scordiamo che anche l’esperienza dell’essere bambini – con la sua dipendenza ed impotenza – sia stata spesso molto frustrante.Nella visione gnostica, una volta che vediamo il mondo malvagio per ciò che è, saremmo in grado di fare un passo indietro e riscoprire la nostra essenziale bontà, la scintilla divina che alberga in noi, la nostra purezza, la nostra autenticità. Ed è proprio tale desiderio di purezza ed autenticità che spinge l’intera dannataindustria dell’oscurantismo New Age con le sue molteplici tecniche di ‘disintossicazione’ materiale e spirituale, ed il successo semi-culturale di The Secret, estremamente redditizio in termini di milioni di dollari. Contro tale visione tossica del mondo, ritengo necessario rivendicare la nostra splendida impurità e non autenticità. Qualunque sia la scintilla che alberghi in noi, di sicuro non è divina, ma fin troppo umana.Oltre alla trilogia di The Matrix e agli adattamenti cinematografici della narrativa di Dick, molte tematiche a sfondo gnostico sono affrontate in due recenti film girati dal regista e scrittore danese Lars von Trier. In questa sede credo sia sufficiente un breve cenno.In Antichrist (2009), il personaggio interpretato da Charlotte Gainsbourg afferma che: “… la natura è la chiesa di Satana.” In Melancholia (2011), il personaggio Kirsten Dunst dice a Charlotte Gainsbourg: “Tutto ciò che so è che la vita sulla terra è il male.”Una versione più pura dell’ideologia gnostica può essere riscontrata nel film campione di incassi di tutti i tempi in America, Avatar, diretto nel 2009 da James Cameron. Nel 2154 le risorse della Terra sono state prosciugate, e la natura è stata ridotta ad uno sporco guscio avvelenato. La corrotta ed onnipotente RDA Corporation decide perciò di intraprendere l’attività di estrazione mineraria sul pianeta Pandora. Gli indigeni del pianeta – denominati Na’vi – sono belli, alti ed hanno la pelle blu. E soprattutto vivono in una condizione di simbiosi con la natura, che adorano come la Dea Madre Eywa. Jake, l’ex-marine disabile protagonista della storia, alla fine decide di mantenere il proprio aspetto alieno Na’vi, si fonde con il suo vero amore Naytiri, e sposa la natura dopo aver sconfitto le sataniche forze umane aziendali. Abbandona la sua identità umana e diventa l’alieno, rinnegando la terribile patria terrestre per aggregarsi alla benedetta terra aliena. In altri termini, l’autentica armonia con la natura può essere conseguita solo estirpando la propria natura terrena e diventandone estraneo, alieno. Tale è la fantasia di fondo dello Gnosticismo.Lo gnosticismo di Dick ci consente anche di comprendere qualcosa a proposito dell’approccio paranoico alla politica americana, e forse non solo a quella americana. Ad esempio, nei lavori di Dick riemerge costantemente il riferimento al Watergate e l’idea piuttosto bizzarra secondo cui la rimozione del presidente Nixon avrebbe comportato la riaffermazione della vera divinità sopra i falsi idoli della caverna. Cioè – ancora una volta – il mondo fenomenico è una prigione governata da élite corrotte, occulte e malevole. Basti pensare all’inarrestabile proliferazione delle teorie del complotto, proceduta di pari passo con la fioritura di Internet. Pensate all’idea diffusa – sia a destra che a sinistra – che gli Stati Uniti siano governati da potenti e segrete elite onnipotenti che si confondono tra i massoni o gli ebrei, ed ultimamente anche tra gli ex dipendenti anziani della Goldman Sachs.Chi attualmente tende a ritenere che esista un potere segreto che dovrebbe essere combattuto con la formazione di una piccola setta segreta, ha acquisito una mentalità essenzialmente gnostica. La politica quindi diventa una sorta di battaglia control’impurità, uno scontro tra le forze non autentiche ed il vero leader, il quale deve essere un eroe autentico capace di opporsi alle forze del male con una determinazione quasi sovrumana: ad esempio Mitt Romney.La morale dello gnosticismo risulta anche stranamente rilevante se la si colloca all’interno dell’attuale situazione. Come sottolinea Hans Jonas, i detentori della gnosi si distinguono dalla grande e sporca massa degli altri esseri umani. L’odio verso il mondo è anche il disprezzo per la morale mondana, e quest’ordine di idee conduce a due reazioni etiche uguali e contrarie: l’ascetismo e il libertinaggio.Attraverso l’accesso alla gnosi l’asceta deduce che il mondo sia in realtà una macchina tossica capace di contaminare chiunque, e con la quale si dovrebbe avere il minor contatto possibile. Tutto ciò è senza dubbio coerente con l’odierno culto della ‘disintossicazione’, il quale insiste sulla purificazione del corpo e dell’anima contro le contaminazioni ambientali, alimentari e sessuali, al fine di trovare e/o salvaguardare la scintilla divina interiore. La terribile verità dell’ascetismo contemporaneo è rappresentata in un altro film: Safe di Todd Haynes (1995), in cui il personaggio interpretato da Julianne Moore sviluppa un’allergia integrale alla vita. Ciò che nel film è definito ‘malattia ambientale’ la conduce infine ad aggregarsi ad una setta stanziata nel deserto della California, i cui adepti passano la vita all’interno di baccelli ipo-allergenici borbottando alla loro immagine riflessa nello specchio vari mantra, come: Io amo me stesso.L’altra faccia della medaglia gnostica è il libertino, cioè colui il quale abbia dedotto attraverso la gnosi di vivere in una situazione di assoluta libertà e protezione. Si pensi alla ciarlataneria ermetica del Fai ciò che vuoi! di Aleister Crowley. Ma si pensi anche alla diffusa leggenda metropolitana americana del ricco broker finanziario che si aggira ubriaco o fatto di droga in mezzo al traffico di una strada a scorrimento veloce di New York, consapevole di essere al sicuro da qualsiasi rischio. Questo perché grazie alla gnosi il destino è passato dalla sua parte, e si sente quindi libero di fare tutto ciò che desidera, indiscriminatamente. Una volta avuto accesso al Segreto, le forze dell’universo si allineerebbero ai nostri desideri.Di fronte ad un mondo alienante e velenoso – quindi – ci si può ritirare in un’esistenza appartata e lontana dalle contaminazioni, oppure ci si può gettare a capofitto nel vortice virale dell’umanità. Qualsiasi sia la scelta, la nostra gnosi ci garantisce che andrà tutto bene.
Per quanto folle possa suonare, sono convinto che lo gnosticismo di Dick risponda ad una profonda ed essenziale ansia facente capo alla contemporaneità. L’ascesa irrefrenabile di una visione del mondo scientifica e deterministica minaccia di soffocare tutte quelle aree di attività umane che associamo alla letteratura, alla cultura, alla storia, alla religione.Chiediamoci cosa fare di fronte all’affermazione di un naturalismo monistico che tutto fagocita e consuma. Possiamo abbracciarlo, augurandoci di poter estrarre da esso nuove schegge di meraviglia, il che vuol dire entusiasmarsi per le nuove scoperte sul cervello umano e sul cosmo, vendute sotto forma di variopinti prodotti commerciali fabbricati da rispettabili e premiati scienziati. Oppure possiamo respingere il determinismo scientifico ritraendoci in una qualche visione dualistica, restaurata per l’occasione. Tutto ciò potrebbe significare abbracciare uno dei tanti approcci metafisici spirituali o religiosi di qualsiasi provenienza, oppure – se si è ancora nostalgici delusi dal modernismo – come Kafka o Beckett – ritraendoci verso una solitaria forma di auto-alienazione in un mondo privo di cuore e di norme.Ma forse esiste anche un altro modo, un approccio che non sia del tutto naturalistico, né modernistico, né religioso. Se esiste – per citare Jonas – “la filosofia ha il compito di trovarlo.” Ma questa è un’altra storia, per un’altra occasione.Simon Critchley è professore di filosofia presso la New School for Social Research di New York. È autore di molti libri, tra cui il recente: La Fede dei Senza Fede: Esperimenti in Teologia Politica.Articolo in tre parti, pubblicato sul sito OpinionatorLink diretto:http://opinionator.blogs.nytimes.com/2012/05/20/philip-k-dick-sci-fi-philosopher-part-1/
Traduzione a cura di Anticorpi.info

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