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mercoledì 8 aprile 2015

Tevere è il titolo dell’ultimo romanzo di Luciana Capretti.

presentazione libro... 

www.lavocedinewyork.com

Copertina


di Gianna Pontecorboli
Il romanzo di Luciana Capretti discusso alla Casa Italiana Zerilli Marimò della New York University proprio nel giorno in cui all'ONU venivano proclamate le giornate contro ogni violenza sulle donne. In "Tevere" si ricostruisce la storia emotiva di Clara, donna, moglie, madre scomparsa a Roma negli anni Settanta e che trenta anni prima aveva subito la violenza del "vincitore dalla parte dei giusti"
continua >>>  lavocedinewyork.com


"Tevere" di Luciana Capretti, intenso romanzo sulla sofferenza esistenziale di una donna vera


Il nuovo romanzo di Luciana Capretti, Tevere, entra nell'animo di una donna realmente esistita, Clara Faiola, scomparsa a Roma egli anni Settanta.  L'autrice ricostruisce, attraverso le indagini per ritrovarla, l'esistenza di figlia abusata, moglie tradita, madre che sa ancora amare. L’empatia fra la scrittrice e la protagonista caratterizza un libro che entra nel cuore del lettore e che lunedì viene presentato alla Casa Italiana della NYU... >>>
Luciana
L'autrice Luciana Capretti

Da sin. Anna Guaita, Luciana Capretti e Flavia Robotti (Foto di Terry Sanders)
Da sin. Anna Guaita, Luciana Capretti e Flavia Robotti 
(Foto di Terry Sanders)

articolo su LaCroce di oggi...
 >>> LaCroce#quotidiano 8/4/2015
QUANDO #QUALCUNO SCOMPARE, PORTA VIA CON SÉ UN MONDO

Una donna cede al peso dell’età di mezzo e dei gravosi ricordi accumulati in mezzo secolo di guerre e violenze: sceglie di affogarli nel Tevere – di qui il titolo dell’ultimo romanzo di Luciana Capretti – e lascia a quelli che le sopravvivono l’incombenza di rimettere insieme i cocci di un pezzo di storia d’Italia
di Flaminia Patrizi Marinaro

Era una sagoma nel buio. Nera contro la schiuma bianca della corrente e le arcate del ponte. Atona nel fragore della piena. Un po’ china, a fissare l’acqua che le riempiva gli occhi e i pensieri in un abbandono assoluto. E la trasportava via da sé.
Inizia così Tevere l’ultimo romanzo di Luciana Capretti edito per i tipi di Marsilio.
L’autrice ripercorre le vicende di una tranquilla famiglia borghese e risale con la corrente del Tevere indietro nel tempo fino agli anni oscuri del fascismo, della lotta partigiana, delle ausiliarie e del collaborazionismo.
È una storia vera che inizia con un giallo. Siamo a Roma negli anni ’70 e una donna scompare.
I suoi documenti vengono trovati sul greto del fiume ma il corpo no. Le indagini iniziano frenetiche, la famiglia è sconvolta, preda dell’angoscia e della disperazione.
È il figlio Giovanni ad accorgersi per primo che Clara Faiella, sua madre, è scomparsa.
«La chiama ripetutamente: “Mamma! Mamma dove sei?”, la cerca ovunque in casa ma lei non c’è e intanto l’agitazione diventa paura e gli stringe lo stomaco, la
gola, la testa».
Finché per terra gli appare un biglietto scritto a lettere tonde, grandi, antiche. «Perdonatemi, cinquant’anni bastano, mi troverete nel Tevere».
Intorno a questo enigma che in parte non verrà risolto, si snoda l’intera vicenda .
Un apparente caso di cronaca si trasforma in un dramma psicologico che ci traghetterà nel romanzo storico.
È un libro bellissimo e terribile in cui tutto quello che appare si dimostrerà non essere.
Un romanzo in cui il confine tra le parti è talmente sbiadito da rendere ancora più amara la condanna e triste il resoconto delle proprie colpe.
Clara è la chiave di tutto, ed è servendo- si dei suoi ricordi scomodi e friabili che la penna tagliente di Luciana Capretti si trasforma in un bisturi che affonda la lama nelle pieghe della storia per far riaffiorare episodi torbidi di quegli anni bui in quella guerra fratricida tra fascisti e partigiani.
Una storia dai tratti inediti che si sofferma sul ruolo delle donne, delle attiviste che in quella guerra contro se stessi stavano dalla parte sbagliata – se poi si può dire che in guerra esista una parte giusta
– e il malessere che ne ha minato il fu- turo e le ha esposte al pubblico dileg- gio, a stupri e sevizie senza
restituir loro la dignità che le aveva spinte verso azioni politiche precise e non, come l’analisi frettolosa e ma- schilista ha azzardato, marchiandole quantomeno come ingenue e depoliticiz- zandone le scelte.
Tutto il romanzo è una retrospettiva tesa a dimostrare quanto i drammi ir- risolti possano portare a conseguenze estreme, a perdersi e ad annullarsi e lo fa l’autrice con una narrativa poderosa ma sottile in un mix di realismo
e lirismo visionario con cui offre al lettore un affresco dei cambiamenti culturali che in pochi anni hanno stravolto la
società.
Non titoli o numeri per i capitoli ma colori ad indicare un’altale- na di stati d’animo di Clara la cui unica via salvifica sembrereb- be quella di smettere di pensare e di ricordare nel tentativo pietoso di ritrovarsi nella serenità familiare, nei dialoghi con un marito ormai lontano o nei gesti quoti- verso i figli,
sufficiente.
I personaggi intor- no a lei assumono contorni precisi e poi svaniscono pro- prio come i ricordi di Clara che forse ha la sola colpa di aver visto troppo e di aver vissuto con troppa intensità.
Nella nota in calce al libro l’autrice – che voglio ricordare aver esordito qualche anno fa con Ghibli per Riz- zoli, un diario tormentato sulla fuga di un’intera generazione di italiani dalla Libia dopo la “cacciata” di Ghed- dafi – ci ricorda che «il romanzo è una storia vera scritto per restituire alla protagonista qual- cosa, del tanto che le è stato tolto». n

LaCroce#quotidiano 


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