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domenica 17 luglio 2016

Se il sole muore…

“TROIA BRUCIA, TROIA BRUCIA”

Oriana Fallaci interview in English part 1 of 3 170108

E SE LA TERRA MUORE, E SE IL SOLE MUORE, NOI VIVREMO LASSÙ. COSTI QUEL CHE COSTI. UN ALBERO, MILLE ALBERI, TUTTI GLI ALBERI CHE LA VITA CI HA DATO.

Se il sole muore…
Un uomo, un fratello se n’era andato; altri uomini altri fratelli se ne sarebbero andati, tagliati di colpo come il tronco di un albero su cui si abbatte l’accetta; io stessa me ne sarei andata, chissà dove, chissà quando il colpo di accetta avrebbe tagliato anche me, me che voglio vivere, vivere, vivere : ma il mondo restava una lunga promessa e il cielo donava tante case accese, papà.
E se la Terra muore, e se il Sole muore, noi vivremo lassù. Costi quel che costi. Un albero, mille alberi, tutti gli alberi che la vita ci ha dato.

ORIANA FALLACI

IL NEMICO CHE TRATTIAMO DA AMICO DI ORIANA FALLACI (1)

Ora mi chiedono: “Che cosa dice, che cosa ha da dire, su quello che è successo a Londra?”. Me lo chiedono a voce, per fax, per email, spesso rimproverandomi perché finoggi sono rimasta zitta. 
Quasi che il mio silenzio fosse stato un tradimento. E ogni volta scuoto la testa, mormoro a me stessa: cos’altro devo dire?!? 
Sono quattr’anni che dico. 
Che mi scaglio contro il Mostro deciso ad eliminarci fisicamente e insieme ai nostri corpi distruggere i nostri principii e i nostri valori. 
La nostra civiltà. 
Sono quattr’anni che parlo di nazismo islamico, di guerra all’Occidente, di culto della morte, di suicidio dell’Europa. 
Un’Europa che non è più Europa ma Eurabia e che con la sua mollezza, la sua inerzia, la sua cecità, il suo asservimento al nemico si sta scavando la propria tomba. 
Sono quattr’anni che come una Cassandra mi sgolo a gridare “Troia brucia, Troia brucia”e mi dispero sui Danai che come nell’Eneide di Virgilio dilagano per la città sepolta nel torpore. 
Che attraverso le porte spalancate accolgono le nuove truppe e si uniscono ai complici drappelli. 
Quattr’anni che ripeto al vento la verità sul Mostro e sui complici del Mostro cioè sui collaborazionisti che in buona o cattiva fede gli spalancano le porte. Che come nell’Apocalisse dell’evangelista Giovanni si gettano ai suoi piedi e si lasciano imprimere il marchio della vergogna. 
Incominciai con “La Rabbia e l’Orgoglio”. 
Continuai con “La Forza della Ragione”
Proseguii con “Oriana Fallaci intervista sé stessa” e con “L’Apocalisse”. 
E tra l’uno e l’altro la predica “Sveglia, Occidente, sveglia”. 
I libri, le idee, per cui in Francia mi processarono nel 2002 con l’accusa di razzismo-religioso e xenofobia. 
Per cui in Svizzera chiesero al nostro ministro della Giustizia la mia estradizione in manette. 
Per cui in Italia verrò processata con l’accusa di vilipendio all’Islam cioè reato di opinione. (Reato che prevede tre anni di galera, quanti non ne riceve l’islamico sorpreso con l’esplosivo in cantina). 
Libri, idee, per cui la Sinistra al Caviale e la Destra al Fois Gras ed anche il Centro al Prosciutto mi hanno denigrata vilipesa messa alla gogna insieme a coloro che la pensano come me. 
Cioè insieme al popolo savio e indifeso che nei loro salotti viene definito dai radical-chic “plebaglia-di-destra”. 
Sì, è vero: sui giornali che nel migliore dei casi mi opponevano farisaicamente la congiura del silenzio ora appaiono titoli composti coi miei concetti e le mie parole. Guerra-all’Occidente, Culto-della-Morte, Suicidio-dell’Europa, Sveglia-Italia-Sveglia. 
Sì, è vero: sia pur senza ammettere che non avevo torto l’ex segretario della Quercia ora concede interviste nelle quali dichiara che questi-terroristi-vogliono-distruggere-i-nostri-valori, che questo- stragismo-è-di-tipo-fascista-ed-esprime-odio-per-la-nostra-civiltà”. 
Sì, è vero: parlando di Londonistan, il quartiere dove vivono i ben settecentomila musulmani di Londra, i giornali che prima sostenevano i terroristi fino all’apologia di reato ora dicono ciò che dicevo io quando scrivevo che in ciascuna delle nostre città esiste un’altra città. 
Una città sotterranea, uguale alla Beirut invasa da Arafat negli anni Settanta. 
Una città straniera che parla la propria lingua e osserva i propri costumi, una città musulmana dove i terroristi circolano indisturbati e indisturbati organizzano la nostra morte. 
Del resto ora si parla apertamente anche di terrorismo-islamico, cosa che prima veniva evitata con cura onde non offendere i cosiddetti musulmani moderati. 
Sì, è vero: ora anche i collaborazionisti e gli imam esprimono le loro ipocrite condanne, le loro mendaci esecrazioni, la loro falsa solidarietà coi parenti delle vittime. Si, è vero: ora si fanno severe perquisizioni nelle case dei musulmani indagati, si arrestano i sospettati, magari ci si decide ad espellerli. Ma in sostanza non è cambiato nulla. 
Nulla. Dall’antiamericanismo all’antioccidentalismo al filoislamismo, tutto continua come prima. Persino in Inghilterra. Sabato 9 luglio cioè due giorni dopo la strage la BBC ha deciso di non usare più il termine “terroristi”, termine-che-esaspera-i-toni-della-Crociata, ed ha scelto il vocabolo “bombers”. 
Bombardieri, bombaroli. Lunedì 11 luglio cioé quattro giorni dopo la strage il Times ha pubblicato nella pagina dei commenti la vignetta più disonesta ed ingiusta ch’io abbia mai visto. Quella dove accanto a un kamikaze con la bomba si vede un generale anglo-americano con un’identica bomba. Identica nella forma e nella misura. Sulla bomba, la scritta: “Killer indiscriminato e diretto ai centri urbani”. 
Sulla vignetta, il titolo: “Spot the difference, cerca la differenza”. Quasi contemporaneamente, alla televisione americana ho visto una giornalista del Guardian , il quotidiano dell’estrema sinistra inglese, che assolveva l’apologia di reato manifestata anche stavolta dai giornali musulmani di Londra. E che in pratica attribuiva la colpa di tutto a Bush. 
Il-criminale, il- più-grande-criminale-della-Storia, George W. Bush. “Bisogna capirli” cinguettava “la politica americana li ha esasperati”. 
Se non ci fosse stata la guerra in Iraq…”. (Giovanotta, l’11 settembre la guerra in Iraq non c’era. L’11 settembre la guerra ce l’hanno dichiarata loro. Se n’è dimenticata?). E contemporaneamente ho letto su Repubblica un articolo dove si sosteneva che l’attacco alla subway di Londra non è stato un attacco all’Occidente. E’ stato un attacco che i figli di Allah hanno fatto contro i propri fantasmi. Contro l’Islam “lussurioso” (suppongo che voglia dire “occidentalizzato”) e il cristianesimo “secolarizzato”. 
Contro i pacifisti indù e la-magnifica-varietà-che-Allah-ha-creato. Infatti, spiegava, in Inghilterra i musulmani sono due milioni e nella metropolitana di Londra non-trovi-un-inglese-nemmeno-a-pagarlo-oro. 
Tutti in turbante, tutti in kefiah. 
Tutti con la barba lunga e il djellabah. 
Se-ci-trovi-una-bionda-con-gli-occhi-azzurri-è-una-circassa” . (Davvero?!? Chi l’avrebbe mai detto!!!)
Nelle fotografie dei feriti non scorgo né turbanti né kefiah, né barbe lunghe né djellabah. E nemmeno burka e chador. 
Vedo soltanto inglesi, come gli inglesi che nella Seconda Guerra Mondiale morivano sotto i bombardamenti nazisti. 
E leggendo i nomi dei dispersi vedo tutti Phil Russell, Adrian Johnson, Miriam Hyman, più qualche tedesco o italiano o giapponese. 
Di nomi arabi, finoggi, ho visto soltanto quello di una giovane donna che si chiamava Shahara Akter Islam. 

dal Corriere della Sera, 16 luglio 2005 pagg. 8 e 9


Riflessioni di un padre: uno che non esita a indicare una strada.

“In questo mondo dove tutto si dissolve e la solitudine domina la vita dei singoli e della società, condannandola a un processo segnato dalle diverse patologie – la più tremenda delle quali è la violenza – bisogna decidersi a non puntellare l’impero.
I primi cristiani non puntellarono l’impero ma fecero semplicemente un’altra cosa: fecero il cristianesimo.
Affermarono che Cristo, vivente tra loro nel mistero della Chiesa, era l’unica vera risposta sulla vita dell’uomo e del mondo. Forti di questa certezza la testimoniarono con la loro vita, quindi non semplicemente parlando di Dio, perché di Dio parlano anche gli atei, e neppure genericamente parlando del trascendente, ma del Dio di Gesù Cristo, che in Gesù Cristo si è fatto carne e storia.”
“Investiamo il mondo di una presenza forte e mite. Forte perché certa che Dio ha vinto, ha già vinto in Cristo – e questa vittoria non sarà eliminata da nessuna forza diabolica – ma anche mite, perché questa nostra vita nuova è una proposta di libertà che rivolgiamo alla libertà di ogni uomo e donna che vive accanto a noi.”
Mons. Luigi Negri
Arcivescovo di Ferrara-Comacchio e Abate di Pomposa
                                                                                                                                                              
… Contro l’ISIS o qualsivoglia gruppo jihadista, non esiste un fronte compatto semplicemente perché non esiste più nulla che abbia deciso di sopravvivere. L’Occidente e l’Europa in particolare hanno gettato la spugna, rinunciando a se stessi e alla loro identità.
È avvenuto nemmeno troppo lentamente nell’ultimo mezzo secolo, in un silenzio compreso tra la malizia ideologica e la non curanza diffusa.
Qualcuno dirà che l’identità è un concetto superato, frutto di un mondo obsoleto e che l’unico valore in cui riconoscersi è la mescolanza delle identità stesse. Con queste premesse frutto di cinquant’anni di masochismo, ogni dibattito è inutile.
Le esplosioni e la morte normale nel cuore d’Europa non derivano da armi ma dalla stanchezza di esistere.
Sono il suicidio di una società che non riconosce a se stessa un cammino storico, un’evoluzione avvenuta intorno a principi oggettivi e inalienabili. Dall’Editto di Costantino, alla Magna Carta, dalla Rivoluzione Francese alle ideologie del Novecento: per millenni l’Occidente ha proposto formule spesso in contrasto tra loro, ma comunque focalizzate essenzialmente su se stesso e sul suo futuro.
Cosa è rimasto di questo? Cosa siamo stati capaci di costruire negli ultimi decenni pensando alle generazioni che verranno?
– Giampiero Venturi –


Sono immagini molto forti!!!
Oriana_Fallaci

DA: “SE IL SOLE MUORE” (1965) – ORIANA FALLACI

“Io mi divertivo ad avere trent’anni, io me li bevevo come un liquore i trent’anni. Sono stupendi i trent’anni ed anche i trentuno, i trentadue, i trentatré, i trentaquattro, i trentacinque! 
Sono stupendi perché sono liberi, ribelli, fuorilegge; perché è finita l’angoscia dell’attesa e non è cominciata la malinconia del declino. 
Perché siamo lucidi, finalmente, a trent’anni! 
Se siamo religiosi, siamo religiosi convinti; se siamo atei siamo atei convinti. Se siamo dubbiosi, siamo dubbiosi senza vergogna. 
E non temiamo le beffe dei ragazzi perché anche noi siamo giovani, non temiamo i rimproveri degli adulti perché anche noi siamo adulti. 
Non temiamo il peccato perché abbiamo capito che il peccato è un punto di vista, non temiamo la disubbidienza perché abbiamo scoperto che la disubbidienza è nobile. 
Non temiamo la punizione perché abbiamo concluso che non c’è nulla di male ad amarci se c’incontriamo, ad abbandonarci se ci perdiamo: i conti non dobbiamo più farli con la maestra di scuola e non dobbiamo ancora farli col prete dell’olio santo. 
Li facciamo con noi stessi e basta, col nostro dolore da grandi. 
Siamo un campo di grano maturo a trent’anni, non più acerbi e non ancora secchi: la linfa scorre in noi con la pressione giusta, gonfia di vita. 
E’ viva ogni nostra gioia, è viva ogni nostra pena, si ride e si piange come non ci riuscirà mai più. Abbiamo raggiunto la cima della montagna e tutto è chiaro là in cima: la strada per cui scenderemo un po’ ansimanti e tuttavia freschi. 
Non succederà più di sederci nel mezzo a guardare indietro e avanti e meditare sulla nostra fortuna: e allora com’è che in voi non è così? 
Com’è che sembrate i miei padri schiacciati di paure, di tedio, di calvizie? Ma cosa v’hanno fatto, cosa vi siete fatti? A quale prezzo pagate la Luna? La Luna costa cara, lo so. Costa cara a ciascuno di noi: ma nessun prezzo vale quel campo di grano, nessun prezzo vale quella cima di monte. Se lo valesse, sarebbe inutile andar sulla Luna: tanto varrebbe restarcene qui. Svegliatevi dunque, smettetela d’essere così razionali, ubbidienti, rugosi! 
Smettetela di perder capelli, di intristire nella vostra uguaglianza! Stracciatela la carta carbone. 
Ridete, piangete, sbagliate. 
Prendetelo a pugni quel Burocrate che guarda il cronometro. Ve lo dico con umiltà, con affetto, perché vi stimo, perché vi vedo migliori di me e vorrei che foste molto migliori di me. Molto: non così poco. 
O è ormai troppo tardi? 
O il sistema vi ha già piegato, inghiottito? Sì, dev’esser così”. 

– Oriana Fallaci – 

da: Se il sole muore (1965), Rizzoli Editore
Nel 1965 Rizzoli pubblica Se il Sole muore: un racconto coinvolgente degli anni vissuti da Oriana nelle basi della Nasa, accanto agli astronauti che divennero suoi amici. 
Un tema mondiale quello della corsa alla Luna, reso ancor più appassionante dal duello serrato tra Usa e Urss per l’egemonia non solo scientifica. 
Oriana vive a lungo, gomito a gomito con gli astronauti e gli scienziati americani impegnati nei progetti “Gemini” e “Apollo”, condividendone le giornate di ricerca, gli esperimenti riusciti e falliti, le speranze e le delusioni. La narrazione prende la forma di un dialogo in parte immaginario con il padre. Con lui, Oriana discute in modo anche polemico domandandosi a prezzo di quale felicità o infelicità l’individuo conquisterà la Luna e gli altri pianeti. «Se il sole muore – le aveva detto Ray Bradbury in un loro incontro – la nostra razza muore col Sole… e muore Omero, e muore Michelangelo, e muore Galileo. Salviamoli dunque, salviamoci». 
Dopo il suo appassionante viaggio, piena di disperato ottimismo, la Fallaci si affida al futuro: «costi quello che costi… noi vivremo lassù».
Da questa straordinaria esperienza, oltre a Se il Sole muore, ricava una serie di articoli e interviste che diventano storie di copertina «dell’Europeo» come l’intervista a Wernher von Braun, lo scienziato tedesco legato alla costruzione dei missili V2, arruolato nel dopoguerra dagli Usa e un libro indirizzato agli alunni delle scuole medie. Quel giorno sulla Luna, pubblicato da Rizzoli nel 1970, racconta la più grande avventura del secolo: lo sbarco degli astronauti dell’Apollo 11:
Come un bambino curioso la scienza va avanti, scopre cose che non sapevamo, provoca cose che non immaginavamo: ma come un bambino incosciente non si chiede mai se ciò che fa è bene o male. Dove ci porterà questo andare?.
E allora capii che non era indifferenza, la loro, non era freddezza.
Non era neanche pudore: era un accettare la vita.
Perché solo accettando la vita si accetta la morte e la morte bisogna accettarla, comunque essa venga, in qualsiasi momento essa venga, la morte fa parte della vita, la morte é il prezzo con cui si paga la vita, e piangerci sopra è da bimbi.
È da deboli.
È da irrazionali.
È da vecchi.
È da buoni, se preferisci, ma il futuro non ha bisogno di buoni che comprano un albero perché non venga tagliato: « Ricordi la quercia sopra la sorgente, quella grande con le radici scoperte dove ti arrampicavi quando eri bambina».
Il futuro ha bisogno di uomini forti, razionali, giovani, cattivi se preferisci: perché il mondo é pieno di querce e per ogni quercia tagliata ce n’é un’altra che nasce o è già nata o nascerà.
Un albero solo non conta.
Mettiti in testa che un albero solo non conta e comprenderai che la morte non esiste, papa’.
– Oriana Fallaci – 
da: Se il sole muore (1965), Rizzoli Editore



Un uomo, un fratello se n’era andato; altri uomini altri fratelli se ne sarebbero andati, tagliati di colpo come il tronco di un albero su cui si abbatte l’accetta; io stessa me ne sarei andata, chissà dove, chissà quando il colpo di accetta avrebbe tagliato anche me, me che voglio vivere, vivere, vivere : ma il mondo restava una lunga promessa e il cielo donava tante case accese, papà.
E se la Terra muore, e se il Sole muore, noi vivremo lassù.
Costi quel che costi.
Un albero, mille alberi, tutti gli alberi che la vita ci ha dato.

– Oriana Fallaci – 
da: Se il sole muore (1965), Rizzoli Editore

Buona giornata a tutti.:-)
Pubblicato da Giu Ma 07:03

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