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venerdì 1 gennaio 2016

L'ora prima.

PERSONA E COMUNITA'

Il "caso Erri De Luca" e la scrittura.
Post a cura di Rossana Rolando.
Il ruolo dello scrittore
(Franz Nölken,
Max Reger, 1913)
“Vorrei essere lo scrittore incontrato per caso, che ha mischiato le sue pagine ai nascenti sentimenti di giustizia che formano il carattere di un giovane cittadino. Uno scrittore ha in sorte una piccola voce pubblica. Può usarla per fare qualcosa di più della promozione delle sue opere. Suo ambito è la parola, allora gli spetta il compito di proteggere il diritto di tutti a esprimere la propria. Oltre a quella di comunicare, è questa la ragione sociale di uno scrittore, portavoce di chi è senza ascolto” (Erri de Luca,
La parola contraria).

... il diffondersi
di un sentimento...
(Janez Šubic,
Lettera, 1878)
Mi sono chiesta perché intorno a Erri de Luca e al suo caso giudiziario si siano mosse e si muovano tante voci di persone “anonime” che hanno letto una sua pagina, un suo libro, una sua poesia o hanno ascoltato una sua intervista.
Non credo si tratti semplicemente dell’effetto trascinamento dovuto al tam tam mediatico, che avrebbe regalato ad Erri De Luca un supplemento di notorietà, conferendogli – come dice Massimo Gramellini nel suo Buongiorno del 22/09/2015 - “una patente di martire che… non merita”.


La scrittura che libera...
(Bernard van Orley,
Ritratto di Joris van Zelle, 1519
particolare)
Sono convinta che - sotto il “caso De Luca” - ci sia prima di tutto il sentimento di chi avverte l’importanza della parola che scuote ed esce dalla chiacchiera dell’inautenticità per farsi denuncia, protesta, voce che resiste. Voglio credere che dietro il clamore della vicenda non ci sia solo il nome di Erri de Luca, ma la sostanza di un valore da difendere, che è sì la libertà di parola, ma è soprattutto la libertà della parola che dissente, che ha coraggio, che è contraria.
...la scrittura non compilativa...
(Marinus van Reymerswaele,
Gli usurai, 1540,
particolare)
La scrittura creativa” - non quella soltanto compilativa - risponde a molte esigenze: può essere un esercizio ludico ed estetico o, più profondamente, può nascere da un bisogno di comunicazione tesa a raccontare la trama interiore dei sentimenti, dei pensieri e delle emozioni, può assumere una funzione catartica di liberazione dalle proprie angosce, può addirittura divenire un modo per vincere la morte e sopravvivere a se stessi, lasciando parte di sé nella pagina scritta. La scrittura può insomma girare intorno alla propria soggettività in molteplici modi e forme.
Oppure può essere questo e qualcos’altro ancora. Così insegna Erri de Luca.
... la scrittura come dono e ispirazione...
(Sandro Botticelli,
Madonna del Magnificat, 1481,
particolare)
Per lui la scrittura è una forma di impegno, un lavoro che si carica di una responsabilità civile, direi anche pedagogica. Lo scrittore può contribuire a far nascere sentimenti di giustizia. Per questo chi scrive non rappresenta solo se stesso, non comunica solo se stesso, ma si fa voce di coloro che non hanno voce.
Voglio pensare che nei moti, negli affetti, nelle passioni che la figura e la vicenda di De Luca hanno suscitato e suscitano - indipendentemente dall'essere ognuno di noi pro o contro la TAV - ci sia questo bisogno di preservare, custodire, forse riscoprire la parola, specialmente quella scritta, come strumento di denuncia e di impegno civile.

... la scrittura come impegno...
(Albert Anker,
Ragazzo che scrive con sorellina, 1875).
 


Queste pagine non provengono da insonnie ma da risvegli
(Erri De Luca).
Post a cura di Rossana Rolando.


Erri De Luca.

Il libro di cui parliamo.



Ho letto “Ora prima” di Erri De Luca (edizione Qiqajon, Bose 1997).
E’il libro di un uomo che non arriva alla fede, ma che legge e rilegge l'antico ebraico delle sacre Scritture.
E’il messaggio di un non credente che porta il credente a riflettere sulla propria fede.
E’il dono di una persona inquieta alla ricerca di veri significati per vivere.
E’la testimonianza di chi riconosce nella Bibbia il grande codice culturale dell'Occidente, oltre che il riferimento ineludibile per chi pensa di aver fede.

La Bibbia,
il grande codice culturale dell'Occidente.
1.Credenti e non credenti. Dice Erri De Luca: “Sono uno che non crede”. Il discrimine tra credente e non credente per De Luca sta tutto in una preposizione: il credente parla “a” Dio, gli si rivolge con il tu,fosse pure il tu del grido, il tu di Giobbe, o addirittura il tu della bestemmia che sgorga dal dolore; il non credente riesce solo a parlare “di” Dio, di un Oggetto che trova scritto nei testi sacri o raccontato da coloro che credono, ma che rimane per lui una terza persona, distante e separata.

Parlare a... parlare di...
la differenza tra credente e non credente.
2. Le parole sacre. Leggo nella Premessa: “Ogni mattina a testa vuota e lenta accolgo le parole sacre. Capirle per me non è afferrarle, ma essere raggiunto da loro, essere così quieto da farsi agitare da loro, così privo d’intenzione da ricevere la loro e così insipido da farsene salare” (p. 6). Bellissima questa descrizione di una parola che si muove, raggiunge e crea qualcosa di nuovo sfuggendo all’uso logoro, insipido, vuoto di tante parole quotidiane. Erri De Luca ha dichiarato di non essere credente, quindi la potenza della parola che qui evoca non risiede solo nell'autorità di una presunta origine rivelata, ma nella sua forza interna, che raggiunge e agita, investe e dà luce ai risvegli, alle ore, ai giorni. L’incontro con la Scrittura diventa per lui, operaio, “un buon motivo per essere lieto di buttarsi fuori dal letto nel buio, col mattino ancora lontano …” (p. 18).
La potenza delle parole.
3. I significati. L’intento del libro è dichiarato subito: “Così sono diventato ospite a casa delle parole della Scrittura sacra. Restituisco in disordine una parte minima del dono di poterla frequentare” (p. 6). Erri De Luca presenta pagine racconti momenti della Scrittura e lo fa con una libertà, una poeticità e una freschezza di immagini e di interpretazioni che sembrano attingere alla ricchezza di una fonte originaria, non appesantita o imprigionata da alcun vincolo.

La libertà
di una lettura poetica.
Provo a riportare alcune frasi - immagini pennellate - come esempi di questa incisività capace di aprire mondi di suggestioni e significati:



“Il profeta Ezechiele parla volentieri di alberi, è il più giardiniere di tutti i messaggeri di Dio. […] Nella Scrittura sacra nessun albero è solamente un albero, nessun oggetto e nessuna parola e nemmeno una congiunzione è lasciata senza indagine sul perché sia lì, nel luogo dell’incontro scritto tra creatura e creatore” (p. 89).

“Gesù sapeva che le parole a voce valgono più di quelle scritte, come la musica eseguita, più dello spartito che la fissa” (p. 118).

“Chi non ha fede non si disseta mai. Ma chi ha la grazia di averla è vincolato da un compito enorme: dare di quest’acqua bevuta una testimonianza nella durata della sua vita. Così facendo riempie le pagine che i vangeli hanno dovuto lasciare vuote” (p. 118).
La metafora
dell'acqua.
Raccolgo per me per chi legge l’augurio magnifico di Erri De Luca, quello di potersi alzare volentieri prima del mattino e incontrare una parola che sia davvero un buon motivo per essere lieto di buttarsi fuori dal letto, per tutti i giorni della vita.

Un buon motivo
per rimettersi in viaggio.


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