La biblioteca digitale della letteratura italiana>>>Dal sito web www.letteraturaitaliana.net/

La biblioteca digitale della letteratura italiana>>>Dal sito web www.letteraturaitaliana.net/
Avvertenza Alcuni testi o immagini inserite in questo blog potrebbero essere tratte da internet e, pertanto, considerate di pubblico dominio. Qualora, però, la loro pubblicazione violasse eventuali diritti d'Autore, vogliate comunicarlo via email. Saranno immediatamente rimossi. L'Autore del blog non è responsabile dei siti collegati tramite link, né del loro contenuto che può essere soggetto a variazioni nel tempo.

giovedì 30 aprile 2015

Attenzione in questa famiglia ...siamo un pò matti...!

Quando sono diventata la mamma e la mamma 

è diventata la figlia? - Bombeck Erma

Una volta un fisico nucleare ha calcolato che le donne che hanno un bambino a vent'anni, hanno venti volte l'età del loro bambino.
Quando il bambino ha vent'anni e la madre quaranta, questa ha solo il doppio dell'età del bambino. 

Quando il bambino ha sessant'anni e la madre ottanta, la madre è solo di uno e un terzo più vecchia del bambino. 
Quando il bambino ha ottant'anni e la madre cento, la madre è solo di uno e un quarto più vecchia del bambino. 
Quando riuscirà il bambino a raggiungere la madre? 
Quando, davvero.
Comincia una notte mentre si dorme. La mamma non riesce a riposare, e vai nella sua stanza a rimboccarle le coperte sulle braccia nude?
Oppure un pomeriggio in cui, in preda all'irritazione, si esclama: «Come faccio a farti la permanente se non stai ferma? Se non ti importa di avere un aspetto decente, bene, a me importa, invece!» (Dio mio, è l'eco di una frase sentita mille volte! ) 
Oppure è cominciato in quel pomeriggio di pioggia in cui, tornando dal supermercato, hai pigiato di colpo sul freno, hai buttato istintivamente le braccia tra lei e il parabrezza per proteggerla e hai incontrato i suoi occhi, tristi, consapevoli? 
La transizione avviene lentamente, come tra lei e sua madre. 
Passaggio di poteri. 
Trasferimento di responsabilità. 
Passaggio di doveri. 
All'improvviso si cominciano a sputare tutte quelle frasi imparate sulle ginocchia della mamma. «Certo che stai male. Credi che non mi accorga che stai male? Passo a prenderti verso le undici per andare dal dottore. E fatti trovare pronta!»
«Allora, dov'è il golf? Sai che freddo fa nei negozi con l'aria condizionata! E l'ultima cosa di cui hai bisogno è un raffreddore.»
«Stai benissimo oggi. Non te l'avevo forse detto che quel vestito ti sarebbe piaciuto? Quell'altro ti faceva sembrare vecchia. Non c'è ragione di sembrar vecchia prima del necessario.»
«Devi far pipì prima di uscire? Sai com'è dal dottore. Bisogna farsi dare la chiave e far tutti quei chilometri di corridoio. Perché non cerchi di farla lo stesso... così non ci pensiamo più.»
«Se non sei troppo stanca andiamo a fare qualche compera. Hai fatto il riposino stamattina? Quando ti senti stanca, dimmelo che ti porto a casa. Lo sai che non riesco a far compere con te che te ne stai lì impaziente saltando da un piede all'altro.» (Buon Dio, l'hai veramente presa sottobraccio e l'hai quasi sollevata di peso?)
Ribellione? «Ti sarei grata, signorina, se lasciassi che sia io a prendere le mie decisioni. Lo so io quando sono stanca, e quando sono stanca ho il buon senso di andarmene a letto. Smettila di trattarmi come una bambina!» Non è ancora pronta per il passaggio alla vecchiaia.
Ma gli anni passano, lenti, insidiosi, e non c'è nessuno a cui chiedere aiuto. «Dove sono i miei occhiali? Non riesco mai a trovarli. Mi sono addormentata di nuovo al cinema? Com'è andata a finire? Si sono sposati?» «Fai tu il numero. Sai che sbaglio sempre.»
«Quest'anno niente albero di Natale. Non c'è nessuno per cui farlo e poi ci vogliono otto mesi per pulire il tappeto.»
«Dov'è il numero del volo e l'orario di partenza del mio aereo? Me li batti sempre a macchina e li metti insieme al biglietto. Ma io non riesco a leggerli, questi numeri così piccoli.»
Ribellione: «Dai, mamma, non sei poi così vecchia. Riesci a fare un sacco di cose da sola, perfino a infilare l'ago».
«E tu non sei certo troppo stanca per telefonare a Olivia e farle un salutino. Ti ha chiamato almeno quindici volte e tu hai fatto finta di niente. Perché non fate colazione insieme, qualche volta? Ti farebbe bene uscire un po'.»
«Come, sei in rosso? Non puoi tenere il conto degli assegni che firmi?»
La figlia non è ancora pronta a prendere su di sé il peso della madre. Ma le cose stanno filando in quella direzione.
Il primo anno che celebri il giorno di Natale a casa tua, fai tu il tacchino arrosto e tua madre prepara la tavola.
La prima volta che al cinema ti giri inconsciamente verso di lei e le fai «Shhhh!»
La prima volta che la prendi per un braccio camminando su un tratto ghiacciato.
Mentre i tuoi figli diventano forti e indipendenti, tua madre ritorna bambina.
«Mamma, non sono stata io a prendere la guida dei programmi TV.»
«Sì che sei stata tu.»
«No.»
«Sì.»
«No.»
«Sì.»
«No.»
«Ieri sera ho visto tuo padre. Ha detto che sarebbe tornato tardi.»
«Non è possibile. È morto, mamma.»
«Perché dici una cosa simile? Sei una bambina cattiva.»
«Ho visto il signor Evans, mi ha spinto sull'altalena per ore e ore.»
«Non c'è nessun signor Evans. Te lo sei inventato, non esiste.»
«Non è vero. Perché dici una cosa simile? Solo perché tu non lo vedi non vuol mica dire che non esiste.»
«Non vieni mai a trovarmi. Stai sempre dietro a quei bambini. Non hanno nemmeno bisogno di te.»
(«Vai ancora a giocare a bridge? Vai sempre fuori e poi non hai tempo di leggermi le storie!»)
«Per amor di Dio, mamma, lascia perdere il parrucchino di Fred. Lo sappiamo tutti che lo porta, e parlarne in continuazione non fa che peggiorare le cose.» («Attenta a come parli, bambina, e aspetta che gli altri ti rivolgano la parola.») 
La figlia medita: «Non dovrebbe essere così. Tutti quegli anni passati a lavarmi, vestirmi, darmi da mangiare, correggermi, darmi ordini, coccolarmi e soddisfare i miei desideri... volevo che venisse il mio turno... volevo esser io a comandare. E adesso che il momento è arrivato, perché sono così triste?»
Lavi e asciughi il corpo che un giorno ti ha ospitato. 
Imbocchi le labbra che hanno baciato lividi e ferite per lenire il dolore. 
Pettini i capelli che ti si rovesciavano addosso per farti ridere. 
Sistemi la coperta sulle gambe che ti portavano a passeggio. 
Fa tanti riposini quanti ne facevi tu. 
La accompagni in bagno e l'aspetti per rimetterla a letto. 
C'è una donna che verrà a tenerle compagnia la sera di Capodanno. Non credevi che sarebbe stato così.
Un giorno sei in macchina con tua figlia, lei frena bruscamente, e istintivamente le sue braccia si alzano tra te e il parabrezza, allo scopo di proteggerti. Dio mio! Così presto.

- Bombeck Erma - 






Hanno oggettivamente dichiarato guerra alla ragionevolezza della famiglia.
Trovano intollerabile che un maschio e una femmina si uniscano stabilmente e mettano al mondo dei figli alla vecchia maniera, facendo l’amore, e che di quei figli si occupino con continuità, facendo uno il padre l’altra la madre, potendo raccontare loro anche, che so, del nonno nato in un’isola e della zia che amava i cappelli e le cartoline, perché quei figli sapranno da dove viene il loro seme, e non avranno mai l’angoscia di essere privi di una storia (o meglio, di averla ma di non poterla conoscere), senza radici, senza padri a cui ribellarsi, né avranno mai il senso di colpa di sapere che una povera indiana è stata sfruttata per pochi soldi mescolando con loro sangue e cellule e respiro e tutto il mischiabile, e poi sarà stata esclusa dalla loro vita quando ancora il cordone che li ha uniti starà pulsando sangue. 

- Costanza Miriano - 







Non importa quanta dignità tu pensi di avere: 
se un bambino ti passa una tazza vuota, tu devi bere. 








Buona giornata a tutti. :-) leggoerifletto

martedì 28 aprile 2015

Certe notti per dormire mi metto a ... , e invece avrei bisogno di attimi di silenzio.

 
FRANCO BATTIATO 

  Questo musicista ha sempre avuto il coraggio di fare scelte personali, anche sull'argomento in questione. Egli afferma: «Non sono cattolico, ma non sono neppure buddhista o induista. Non mi piacciono le etichette e poi le religioni non sono in competizione tra loro. Ho una mia spiritualità, una mia ricerca dell'ascesi. Sono un uomo religioso. Rispetto tutte le religioni, ma se qualcuna è violenta capisco allora che c'è qualcosa che non va. Ad esempio, preferisco l'Islam dei mistici sufi all'integralismo». Una testimonianza della ricerca umana di Battiato si ha nella canzone "Un'altra vita", in cui emerge anche un giudizio molto negativo sulla società moderna, che cerca di imbrigliare nelle sue maglie il desiderio dell’uomo di realizzarsi incontrando il mistero. Dice ancora Battiato in un altro punto della stessa intervista: «Oggi si impiegano molte più energie nelle faccende effimere che in quelle serie. Ci si sottopone a sforzi incredibili per ottenere ciò che si pensa sia il divertimento: code in autostrada per andare fuori per il fine settimana, lotte per entrare in discoteca, battaglie per conquistare un pezzo di spiaggia in estate. Fatiche che nessuno impiegherebbe mai per cercare un po’ di silenzio per guardarsi dentro, per pensare alla propria vita e a quello che significa»

"Un'altra vita" di F.Battiato 
Certe notti per dormire mi metto a leggere, e invece avrei bisogno di attimi di silenzio. Certe volte anche con te, e sai che ti voglio bene, mi arrabbio inutilmente senza una vera ragione. Sulle strade al mattino il troppo traffico mi sfianca; mi innervosiscono i semafori e gli stop, e la sera ritorno con malesseri speciali. Non servono tranquillanti o terapie ci vuole un'altra vita. Su divani, abbandonati a telecomandi in mano storie di sottofondo Dallas e i Ricchi Piangono. Sulle strade la terza linea del metrò che avanza, e macchine parcheggiate in tripla fila, e la sera ritorno con la noia e la stanchezza. Non servono più eccitanti o ideologie ci vuole un'altra vita. 

 Futuro Antico Trentino - 2014
ANGELO BRANDUARDI 

   È l’esempio più lampante di come la tradizione popolare europea, e italiana in particolare, sia intrisa di cristianesimo, per cui uno che si accosti ad essa, anche solo per trarne ispirazione, ne eredita inconsapevolmente alcuni tratti. Sentite che cosa dice Branduardi a proposito di un suo componimento: «Ho scritto una canzone che si chiama Il dono del cervo. Racconta la storia di un cervo che incontra un cacciatore e gli dice: “Aspetta, non tirare, perché io sto per morire e ti regalo nove pezzi del mio corpo, così per nove volte rivivrò”. L’ho scritta perché da qualche parte, non ricordo dove, avevo letto una novella simile che mi era piaciuta. Una sera ero a suonare a L’Aquila, lo rammento benissimo perché rimasi stupito, e mi accorsi che al concerto erano presenti molti religiosi. Lo avevo notato anche le sere precedenti. Al termine dello spettacolo una suora mi disse: “Complimenti per la canzone sulla risurrezione”. La guardai meravigliato e le risposi che forse stava sbagliando cantante. Invece lei mi citò la canzone del cervo. Lì per lì, sono sincero, la considerai un po’... matta. Poi ci ho riflettuto e mi sono accorto che la sua era una forma di lettura assolutamente corretta e veritiera».

"Il dono del cervo" di Angelo Branduardi  <<< (Live @Antwerpen)

Dimmi, buon signore che siedi così quieto la fine del tuo viaggio che cosa ci portò? Le teste maculate di feroci tigri, per fartene tappeto le loro pelli? Sulle colline tra il quarto e il quinto mese, io per cacciare, da solo me ne andai. E fu così che col cuore in gola un agguato al daino io tendevo, ed invece venne il cervo che davanti a me si fermò. "Piango il mio destino, io presto morirò ed in dono allora a te io offrirò queste ampie corna, mio buon signore, dalle mie orecchie tu potrai bere. Un chiaro specchio sarà per te il mio occhio, con il mio pelo pennelli ti farai. E se la mia carne cibo ti sarà, la mia pelle ti riscalderà e sarà il mio fegato che coraggio ti darà. E così sarà, buon signore, che il corpo del tuo vecchio servo sette volte darà frutto, sette volte fiorirà." Dimmi, buon signore che siedi così quieto la fine del tuo viaggio che cosa ci portò? ...che cosa ci portò?
 
 Angelo Branduardi e Luisa Zappa Branduardi

http://www.mastrohora.it/luisa/index2.htm

LUCIANO LIGABUE  
 Da un ambiente come quello emiliano, dotato di una storia tutta particolare sono venuti e vengono tuttora molti cantanti e autori particolarmente significativi, anche per l’impatto notevole presso il pubblico giovanile, e tra questi Luciano Ligabue. A proposito della canzone "Hai un momento, Dio?" egli afferma: «Purtroppo non riesco ad avere una certezza spirituale, anche se in me sento un grande bisogno di credere. La mia canzone è una piccolissima, umile, modesta esortazione a Dio a manifestarsi, a darmi qualche risposta a domande che non credo di porre solo io. [...] Credo di essermi fatto interprete, come al solito, di tante voci. C’è bisogno di un Dio con il quale colloquiare senza aver paura».

"Hai un momento, Dio?" di Ligabue 
C'è un po’ di traffico nell'anima non ho capito che or'è e c'ho il frigo vuoto ma voglio parlare perciò paghi te che tu sia un angelo od un diavolo ho tre domande per te chi prende l'nter dove mi porti e poi di’ soprattutto perché perché ci dovrà essere un motivo o no perché forse la vita la capisce chi è più pratico hai un momento Dio non perché sono qua insomma ci sarei anch'io hai un momento Dio o te o chi per te avete un attimo per me Li pago tutti io i miei debiti se rompo pago per tre quanto mi costa una risposta da te di sù! quant'è ma tu sei li per non rispondere e indossi un gran bel gilet e non bevi niente o io non ti sento com'è perché perché ho qualche cosa in cui credere perché non riesco mica a ricordare che cos'è hai un momento Dio non perché sono qua se vieni sotto offro io hai un momento Dio lo so che fila c'è ma tu hai un attimo per me Nel mio stomaco son sempre solo nel tuo stomaco sei sempre solo ciò che sento ciò che senti non lo sapranno mai almeno di se il viaggio è unico e se c'è il sole di la se stai ridendo io non mi offendo però perché perché nemmeno una risposta ai miei perché perché non mi fai fare almeno un giro col tuo bel gilet hai un momento Dio no perché sono qua insomma ci sarei anch'io hai un momento Dio o te o chi per te avete un attimo per me ueh ueh ueh uhe uhe uhe uhe uhe.

 FONTE: elledici
RIVISTE/InsegnareReligione/ 
 a.s. 2012-2013, n. 2 novembre-dicembre 2012 Materiali aggiuntivi per “Percorsi didattici I grado” (a cura di R. Quinteri)

Immagini Web & VIDEO YouTube

lunedì 27 aprile 2015

“CHI SONO IO, FRANCESCO? Cronache di cose mai viste”

PRESENTAZIONE >>>www.famigliedellavisitazione.it

Raniero La Valle 


presenta il libro su Papa Francesco
 

 Raniero la valle - chi sono io Francesco

Vi segnalo un appuntamento molto bello! Il 5 maggio, alle 20,30 avremo ospite in Parrocchia alla Dozza l’amico e fratello carissimo Raniero La Valle che viene a presentarci il suo ultimo libro “CHI SONO IO, FRANCESCO? Cronache di cose mai viste”. È un’occasione preziosa per far festa insieme per il nostro caro Papa. Il nostro carissimo “Papà”! Fatelo sapere a chi volete. Un caro abbraccio.

Per mille anni, a partire dalla "rivoluzione papale" di Gregorio VII, i papi si sono rivolti al mondo dicendo: "lei non sa chi sono io", intendendo dominare "su re e regni", dettare i pensieri dei cuori e determinare le scelte anche più segrete degli uomini e dei fedeli. Ora c'è la rivoluzione papale di papa Francesco che dice: "chi sono io?", chi sono io per giudicare, per condannare, per escludere dalla comunione sostituendomi a Dio? E perciò come san Francesco si spoglia degli abiti del dominio e degli orpelli del potere, apre le porte, va a cercare gli esclusi, sconfessa i violenti, vuole che il denaro non sia signore ma servo, tira fuori il Concilio dopo 50 anni di morfina e annuncia un mondo dove "buonasera" vuol dire davvero buona sera. E così facendo svela il vero desiderio di Dio. Questo libro racconta questa novità vista da vicino, da Roma, dove dopo due anni di pontificato, si è appena agli inizi.
http://ranierolavalle.blogspot.it/2015/02/chi-sono-io-francesco-cronache-di-cose.html

domenica 26 aprile 2015

Il segreto dell’Amore.

Il segreto dell’Amore - Tiziano Terzani

Se mi chiedete: ma com’è che sei riuscito a stare quarantadue anni con la stessa persona, in questi tempi in cui si consuma tutto: si consumano le scarpe, gli orologi, i telefonini e anche i partner, i mariti, le mogli e perfino i fidanzati?
Io non ho formule, non ho nemmeno risposte ai problemi del mondo, che sono immensi, ho soltanto delle domande, non ho nemmeno certezze, ho dei dubbi da porre a chi crede di avere certezze e poi non le ha. La formula del mio matrimonio è questa: grandi presenze e grandi assenze. Vi faccio anche l’esempio: io avevo già due figli piccoli, e facevo il corrispondente di guerra in Vietnam, dove non potevo tenere la famiglia perché era pericoloso. Chi di voi lo ha studiato, si ricorderà che, nel 1968, in Vietnam c’erano i vietcong che attaccavano le città, e non si poteva tenere i bambini in una zona di guerra, e così i miei stavano con la madre a Singapore, mentre io facevo il corrispondente di guerra in Vietnam, in Cambogia, nel Laos, e poi nelle guerriglie in Indonesia, in Malesia... ero sempre fuori.
Stavo via due o tre settimane e poi tornavo a casa. Ed era bellissimo tornare, perché ero pieno di piccoli regali per i bambini, e tante esperienze da raccontare a mia moglie, che a sua volta mi raccontava le sue. E questo era bello perché tutt’e due avevamo qualcosa da scambiarci. Tant’è vero che dopo un po’ di giorni mia moglie mi diceva: «Ma non hai qualche altra guerra da andare a raccontare?».
Per cui la mia formula era questa: grandi presenze e grandi distacchi.
L’amore!? Una cosa che ormai è diventata così poco di moda. Chi di voi ha i capelli bianchi come me, si ricorderà che la nostra generazione, diceva «fare all’amore» e non «fare sesso». Io trovo, che se insegnassimo ai nostri figli già queste espressioni, avremmo fatto qualcosa di interessante. Avremmo riportato nella vita quella cosa stupenda e meravigliosa che è l’amore. Qualcosa che è più grande della materia.
Qualcuno dirà: «Ma il sesso è importante!». Lo dite a me che ho 63 anni e ho girato il mondo? Ma è la cantina, non è l’ultimo piano!
Molti giovani oggi hanno paura a dire: «Sono innamorato, ti amo!»
Perché pensano che sia una debolezza, una vulnerabilità, uno sdilinquimento che non è una forza. Io trovo che se riparliamo d’amore è bellissimo, e il mio messaggio ai giovani è: vi prego, riscoprite la voce del cuore, la testa è bella, la testa è importante, ma la ragione non è tutto! Dobbiamo ascoltare il cuore e il cuore parla con la voce uguale. Mussulmani, cristiani, ottentotti, il cuore è uguale dappertutto. Non c’è un cuore orientale e un cuore occidentale, non c’è una psiche orientale e una psiche occidentale: noi siamo dentro la psiche che è uguale dappertutto. La vita è una, una! Questa piccola straordinaria vita è parte di una cosa meravigliosa, dell’universo...
Certi grandi dicono che la miglior forma di comunicazione è il silenzio. E le parole spesso sono trappole. Vi faccio un esempio con una parola che tutti, tutti, tutti conosciamo. La parola “amore”. A volte è una cosa meravigliosa, a volte una grande sofferenza, a volte una grande gioia, a volte una grande forza, a volte un fuoco, a volte un senso di insufficienza... amore.


- Tiziano Terzani -




Io chi sono? La risposta sta nel porsi la domanda, nel rendersi conto che io non sono il mio corpo, non sono quello che faccio, non sono quello che posseggo, non sono i rapporti che ho, non sono neppure i miei pensieri, non le mie esperienze, non quell'Io a cui teniamo così tanto. La risposta è senza parole. È nell'immergersi silenzioso dell'Io nel Sé.

- Tiziano Terzani -



“E chi legge più di poesia? Il suo valore esaltante è stato dimenticato! Eppure una poesia può accendere nel petto un calore, forte come quello dell’amore. Una poesia, meglio di tutti i whiskies, meglio del Valium e del Prozac, potrebbe “tirare su”, sollevare l’animo, perchè alza il punto di vista da cui guardare il mondo. quando ci si sente soli ci sarebbe da trovare più compagnia nel leggere dei bei versi che nell’accendere la televisione!”

- Tiziano Terzani -
da “Un indovino mi disse” 



Ogni crisi, ogni difficoltà, è come una moneta:
da una parte porta con sé il pericolo, dall'altra l'opportunità.
Capovolgete la moneta.
Non perdetevi l'opportunità di emergere da questa crisi 
più forti e più intelligenti, migliori.”

- Jeffrey J. Davis - 




Preghiera su ogni sofferenza

Benedetta sei tu, o Maria,
modello della nostra fede
ed immagine viva del nostro itinerario verso Cristo. 
Benedetta sei tu, Vergine Maria,
modello di carità e di amore materno,
per tutti coloro che cercano consolazione.
Benedetta sei tu, che hai generato per noi la sorgente della vita.
Benedetta perché hai associato ciascuno di noi
alla sofferenza redentrice di Cristo Crocifisso,
e ci hai chiamati a servire chi soffre.
Benedetta sei tu, perché ci precedi sulla via del Vangelo
e ci inviti a fare ciò che Egli ci dirà di compiere 
lungo le vie del mondo.
Benedetta sei tu, perché ci insegni ad amare i poveri,
gli umili, i peccatori, come Dio li ama.
Benedetta sei tu, Madre del Signore,
e benedetto il frutto del tuo grembo,
Gesù Cristo nostro Signore.
Beata Colei che ha creduto!
Beato chi vive la Parola del Signore!
Si apra il nostro cuore al mistero dell'amore di Dio,
si converta la nostra vita alla ricchezza del suo perdono.
Avremo così la gioia, la luce, la vita,
poiché la misericordia divina si stende su quelli che lo temono.
Maria, Immacolata Madre di Dio e degli uomini,
ascolta la preghiera dei malati,
esaudisci le nostre invocazioni,
dona al mondo la pace; donaci Gesù, nostra vera pace.



Buona giornata a tutti. :-) leggoerifletto




Lucio Battisti - Emozioni

LE 15 MALATTIE SECONDO PAPA FRANCESCO.







LE 15 MALATTIE SECONDO PAPA FRANCESCO



Da ...Il coraggio di guardare il cielo

sabato 25 aprile 2015

25 aprile 2015 - La mia ala destra.



ALFONSO GATTO




La chiusa angoscia delle notti, il pianto 
delle mamme annerite sulla neve
accanto ai figli uccisi, l’ululato
nel vento, nelle tenebre, dei lupi
assediati con la propria strage,
la speranza che dentro ci svegliava
oltre l’orrore le parole udite
dalla bocca fermissima dei morti
«liberate l’Italia, Curiel vuole
essere avvolto nella sua bandiera»:
tutto quel giorno ruppe nella vita
con la piena del sangue, nell’azzurro
il rosso palpitò come una gola.
E fummo vivi, insorti con il taglio
ridente della bocca, pieni gli occhi
piena la mano nel suo pugno: il cuore
d’improvviso ci apparve in mezzo al petto.
 
(da La storia delle vittime, 1966)
Cade oggi il 70° anniversario della Liberazione. Il 25 aprile 1945 alle 8 del mattino il CNL Alta Italia proclamava l’insurrezione nei territori occupati dai nazifascisti, che, incalzati ormai dalle truppe alleate in risalita dal Centro Italia, si arresero. La Seconda guerra mondiale, con il suo carico di lutti e crudeltà, di tragedie e stermini, ebbe fine quel giorno. Gli italiani – come si può apprezzare dalla poesia di Alfonso Gatto (1909-1976), quel 25 aprile , quando il peso dell’oppressione fu levato loro dal petto, ripresero a respirare. E ripresero a vivere: interessante è la testimonianza di Dino Buzzati dell’aprile 1945, da Siamospiacenti di…, che ricalca anch’essa quella liberazione dall’angoscia: “Non più le Moire lanciate sul mondo a prendere uno qua uno là senza preavviso, e sentirle perennemente nell'aria, notte e dì, capricciose tiranne. Non più, non più, ecco tutto; Dio come siamo felici”.



.
55aMilano
FOTOGRAFIA © 55BRIGATA FRATELLI ROSSELLI.
--------------------------------------------------------------------------------------------------------
LA FRASE DEL GIORNO
“È finita la guerra”, questo / il popolo grida; gli anni si frantumano, /

 un mondo nuovo affiora ribollendo / dalle schiuma aspra del dolore.
ROBERTO ROVERSI, Dopo Campoformio


Fonte; canto delle sirene

...l’inquietudine ci spinge continuamente, ci sprona a riprendere il viaggio, a ricominciare. - A GALLA.

A GALLA di Eugenio Montale

Chiari mattini,
quando l'azzurro è inganno che non illude,
crescere immenso di vita,
fiumana che non ha ripe né sfocio
e va per sempre,
e sta - infinitamente.
Sono allora i rumori delle strade
l'incrinatura nel vetro
o la pietra che cade
nello specchio del lago e lo corrùga.
E il vocìo dei ragazzi
e il chiacchiericcio liquido dei passeri
che tra le gronde svolano
sono tralicci d'oro
su un fondo vivo di cobalto,
effimeri...
Ecco, è perduto nella rete di echi,
nel soffio di pruina
che discende sugli alberi sfoltiti
e ne deriva un murmure
d'irrequieta marina,
tu quasi vorresti, e ne tremi,
intento cuore disfarti,
non pulsar più! Ma sempre che lo invochi,
più netto batti come
orologio traudito in una stanza
d'albergo al primo rompere dell'aurora.
E senti allora,
se pure ti ripetono che puoi
fermarti a mezza via o in alto mare,
che non c'è sosta per noi,
ma strada, ancora strada,
e che il cammino è sempre da ricominciare.
(da Poesie disperse, in Tutte le poesie, Mondadori, 2004)

È una delle prime poesie di Eugenio Montale (1896-1981), questa: datata 1919, scritta mentre è allievo ufficiale al 158º Reggimento di Fanteria Liguria, presenta già tutti gli stilemi montaliani. La mattina diventa un universo liquido nel quale il poeta è immerso, anzi meglio galleggia mentre tutto intorno trascorre la vita, quella “vita che dà barlumi, / è quella sola che tu scorgi” delle Occasioni. Non è però consentito rimanere nel momento, sostare nel carpe diem: l’inquietudine ci spinge continuamente, ci sprona a riprendere il viaggio, a ricominciare.
http://cantosirene.blogspot.it/2014_04_01_archive.html
supermercato della poesia-racconti-arte-musica