La biblioteca digitale della letteratura italiana>>>Dal sito web www.letteraturaitaliana.net/

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giovedì 27 aprile 2017

Per sempre me ne andrò per questi lidi, tra la sabbia e la schiuma del mare. L'alta marea cancellerà le mie impronte, e il vento disperderà la schiuma. Ma il mare e la spiaggia dureranno in eterno.


Fragilità - Kahlil Gibran

Vi è stato detto
che, come una catena, siete fragili
quanto il vostro anello più debole.
Questa è soltanto mezza verità.
Siete anche forti
come il vostro anello più saldo.
Misurarvi dall'azione più modesta
sarebbe come misurare la potenza dell'oceano
dalla fragilità della schiuma.
Giudicarvi dai vostri fallimenti
è come accusare le stagioni
per la loro incostanza.
E voi siete come le stagioni,
e anche se durante il vostro inverno
negate la vostra primavera,
la primavera, che in voi riposa,
sorride nel sonno e non si offende.

altro » leggoerifletto

La vera ricchezza sta nel cuore dell'uomo;

 l'amore è il suo tesoro...

BY LEGGOERIFLETTO

L’altro – Kahlil Gibran

Il tuo prossimo 
è lo sconosciuto che è in te, reso visibile.
Il suo volto si riflette
nelle acque tranquille,
e in quelle acque, se osservi bene,
scorgerai il tuo stesso volto.
Se tenderai l'orecchio nella notte,
è lui che sentirai parlare,
e le sue parole saranno i battiti
del tuo stesso cuore.
Non sei tu solo ad essere te stesso.
Sei presente nelle azioni degli altri uomini,
e questi, senza saperlo,
sono con te in ognuno dei tuoi giorni.
Non precipiteranno
se tu non precipiterai con loro,
e non si rialzeranno se tu non ti rialzerai.

- Kahlil Gibran -


L’anima di certa gente ricorda le lavagne di scuola sulle quali il tempo traccia segni, regole ed esempi che una spugna bagnata subito cancella.

- Kahlil Gibran -
da “Massime Spirituali”


La vera ricchezza sta nel cuore dell'uomo; l'amore è il suo tesoro.




Per sempre me ne 
andrò per questi lidi,
tra la sabbia e la
schiuma del mare.
L'alta marea cancellerà
le mie impronte,
e il vento disperderà la
schiuma.
Ma il mare e la spiaggia
dureranno
in eterno.


Kahlil Gibran (1883-1931) poeta, pittore e filosofo libanese.

Aforismario >>>    ...continua



« Non chiamare stolto nessuno tra voi, giacché in verità noi non siamo né saggi né stolti. Siamo verdi foglie sull'albero della vita, e la vita stessa è al di là della saggezza e, certo, al di là della stoltezza. »
( Kahlil Gibran  da Il Giardino del Profeta)

martedì 25 aprile 2017

L’AMORE, QUANDO TUTTO È PERDUTO

 Sognando tra le Righe: 

L’AMORE, QUANDO TUTTO È PERDUTO 

Isabelle Autissier 

Recensione

L’amore ci guida, ci regala gioia, felicità, dolore, delusione. L’amore ci anima, ci distrugge, ci da la forza per affrontare la vita e un attimo dopo ce la toglie. L’amore è emozionarsi davanti agli occhi di una persona, è sognare insieme a quello sguardo un futuro, un domani, è desiderare di svegliarsi vicini giorno dopo giorno, di condividere tutto, persino il letto dell’anima. Ma l’amore può diventare anche il più flebile dei sentimenti, può sparire in un attimo senza lasciare traccia del suo passaggio, può diventare ospite silenzioso di un cuore ormai solitario. Può diventare tutto o anche niente. Cosa succede all’amore quando tutto è davvero perduto? Quando ci si spoglia di tutti gli strati di pelle che ci ricoprono e si rimane nudi fino al midollo di fronte all’immensità dell’anima? Quando non resta altro che il proprio respiro?

Due giovani sperduti tra i ghiacci, all’altro capo del mondo, in un territorio ostile, freddo, solitario.
Due cuori innamorati alla deriva.
Riuscirà l’amore a sopravvivere?





RIZZOLI
L’AMORE, QUANDO TUTTO È PERDUTO
Isabelle Autissier


Traduzione a cura di Maurizio Ferrara
Casa editrice: Rizzoli
Collana: La Scala
Genere: Narrativa
Pagine: 208
Prezzo: 17.00€
Ebook: 9.99€



Trama


Louise e Ludovic, giovane e felice coppia parigina, partono per un anno di libertà in barca a vela con la voglia di imprimere un sussulto alla linea piatta, tranquilla e comoda della loro esistenza quotidiana. Sbarcano per un’escursione fuori rotta sull’isola deserta di Stromness, al largo di Capo Horn, un puntino sperduto fatto di spiagge minuscole e picchi innevati che emerge, remota e incantata, dalle acque opaline disseminate di iceberg dei cinquanta gradi sud. Ma sbagliano a ignorare il cielo e il vento; una tempesta si prende la loro barca e li lascia, stupefatti, smarriti, schiacciati dall’impotenza, lì. E ora? In questo luogo di abbagliante bellezza, abitato da famiglie di pinguini, otarie, albatri, topi, su questo pezzo di terra selvaggia sulla quale grava ancora, nera, l’ombra della caccia alle balene, loro due sono soli. Su Stromness c’è il niente, e per riuscire a mantenersi al centro di questo niente serve una forza mai immaginata. L’amore, tutto il loro amore, non è detto che basti. Isabelle Autissier, navigatrice di fama internazionale, prima donna a compiere in solitaria il giro del mondo in barca a vela, porta in scena il racconto di un’esperienza estrema con cristallino realismo. La scrittura scorre scarna, asciutta, ferocemente concreta, illuminando per nitidi fotogrammi i colori freddi e pallidi di una natura satura di se stessa, e il rosso cupo del cuore lacerato di una donna.


Opinione di Sybil


Parlare di questo romanzo è veramente difficile, perché è un arma tagliente, terribilmente affilata. Avete presente quei libri che a distanza di giorni vi seguono ovunque? Al lavoro, a casa, al supermercato, mentre guardate la tv… Si insinuano nei vostri pensieri pizzicandovi il cervello. L’amore, quando tutto è perduto è uno di quelli. È un romanzo che con la sua dura e disarmante semplicità, mi ha scossa nel profondo e continua a farlo anche ora, mentre scrivo e cerco di mettere in fila le parole. Se ci penso, le storie che più mi hanno emozionata sono state quelle che hanno tirato in ballo la totalità delle emozioni umane, vicende travagliate, devastanti e passionali che, con l’aiuto di tutte le forze, sono riuscite a strapparmi il cuore dal petto. Sono rimasta basita quando, alla fine del romanzo di Isabelle Autissier, mi sono sentita completamente stravolta senza essere passata attraverso le infinite sfumature delle emozioni che solitamente colorano libri di questo genere. È la semplicità con la quale mette a nudo l’anima dei protagonisti ad essere devastante. Non cerca di ingrandire i loro sentimenti, non li nutre di parole inutili e romanzate, ce lì mostra così come sono, nudi e scarni, in preda alla potenza della natura, in balia di un destino feroce che non perdona gli sbagli, che non lascia vie di fuga.
L’amore, quando tutto è perduto è la storia di Louise e Ludovic, due giovani parigini che decidono di abbandonare per un anno la loro confortevole vita per fare un incredibile viaggio in barca a vela. Quando si trovano al largo della costa del Cile diretti verso il Sud Africa, scelgono di cambiare rotta e approdano a Stromness, un’isola deserta diventata negli anni riserva naturale. Non dovrebbero fermarsi lì, è un’area protetta, dove milioni di pinguini e otarie si riproducono e nella quale giungono solo una volta all’anno degli studiosi per osservare le specie di animali che la popolano. Ma loro lo fanno ugualmente, richiamati a terra dai paesaggi quasi lunari dell’emisfero australe. Arriva però una violenta tempesta che li costringe a passare lì la notte e al risveglio il sole gli sbatte in faccia una cruda realtà: le onde hanno inghiottito la loro barca, facendola colare a picco negli abissi. Soli, spaventati, demoralizzati, i due giovani si ritroveranno a fare i conti con la natura selvaggia, che non li vede diversi dalle altre specie che popolano l’isola. Dovranno lottare per sopravvivere, resistere alla fame, al freddo, all’incertezza. E in tutto questo l’amore, quell’amore che li ha spinti l’uno nelle braccia dell’altra, in capo al mondo, oltre ogni limite, inizierà a diventare solo un pessimo intruso, una zanzara fastidiosa che li porterà alla deriva. In quel mondo selvaggio, nel quale per vivere bisogna cacciare e difendersi dalle avversità, senza l’aiuto dell’era globale, delle comodità del mondo civile, l’istinto diventerà l’unica arma in grado di salvarli e Louise e Lodovic conosceranno quella parte della loro anima guidata da forze ancestrali, violente, primitive.
L’autrice avrebbe potuto ricamare e romanzare all’estremo in una storia di questo tipo, parlandoci di un amore immenso, potente, dirompente, capace di sopravvivere all’ineluttabilità del destino. Avrebbe potuto riempirci di sentimenti guidati dall’altruismo, da atti eroici e colmi di passione, del tipo viviamo o moriamo insieme, ma non lo fa. E questo a mio avviso è il suo più grande merito. Isabelle Autissier ci offre un quadro ben diverso, dove i sentimenti umani, quelli più potenti e devastanti diventano un niente di fronte all’immensità della natura, dove l’amore non è altro che un’effimera ventata gelida dinanzi alla fame, al freddo, alla paura. Ci mette di fronte all’uomo che si piega sotto il peso dell’universo spietato, che si spezza sotto i suoi colpi e nel cadere ritrova la sua incompiutezza, il suo essere imperfetto rispetto alla maestosità del creato, che non perdona, che non offre nuove occasioni. La natura è brutale, scuote l’uomo fino a farlo tornare creatura primitiva assetata di sangue. Ogni emozione impallidisce di fronte al primordiale istinto di sopravvivenza, non esiste altruismo, affetto, coraggio, tutto è spinto verso la vita intesa non nel senso nobile del termine, ma nel senso pratico. 
Nel descriverci questi stati d’animo l’autrice mette in campo tutte le sue doti di esperta avventuriera, sfruttando le sue conoscenze del mare, della barca a vela e del suo sconfinato amore per la natura, rimarcando i limiti che l’uomo dovrebbe saper rispettare. Perché amare e voler conoscere la natura è un conto, sfidarla è un altro, ma non per questo bisogna rinnegare quell’istinto che a volte ci spinge al cambiamento, quel voler tornare alle origini in un mondo in cui tutto è in perpetua evoluzione. Luoise e Ludovic ascolteranno quella voce interiore, si spingeranno ai confini del mondo, pagheranno il loro conto e capiranno cosa si nasconde dietro quel’immensità. 
Non sarà un romanzo facile da assorbire. Nonostante le sue duecento pagine , riuscirà a farvi entrare in un mondo duro, crudele sia a livello fisico che mentale, ma non vi lascerà più andare. Lo stile, potente e incalzante, vi terrà incollati alla pagine e la parziale mancanza di dialoghi tra i protagonisti lascerà ampio spazio alla parte descrittiva, offrendo un viaggio complesso attraverso il cuore e i sentimenti di due ragazzi pronti ad amarsi per sempre ma spinti alla deriva da istinti mai provati prima, così potenti da farli annegare nell’oceano più profondo… 






L'autrice



ISABELLE AUTISSIER è la prima donna ad aver fatto il giro del mondo in barca a vela in solitaria. È autrice di romanzi, racconti e saggi ed è presidente della fondazione WWF in Francia. Con L’amore, quando tutto è perduto ha raggiunto un grande successo di pubblico e critica ed è stata finalista al premio Goncourt 2015.


Pubblicato da 

ISABELLE AUTISSIER:

 "SOLA IN MEZZO AL MARE RITROVO ME STESSA "


06/02/2016  Nel suo ultimo libro

 "L'amore, quando tutto è perduto" 

la celebre velista francese racconta una storia 
ispirata in parte alla sua esperienza personale: 
il naufragio di una giovane coppia e 
il tentativo di sopravvivere agli estremi confini del mondo.
>>>...continua 

L’AMORE QUANDO TUTTO È PERDUTO


Louise e Ludovic sono una coppia francese che finalmente realizza quello che era un sogno, soprattutto di Ludovic: un anno in viaggio per mare nella loro barca. Nel corso del loro percorso arrivano in un’isola australe nel mezzo dell’Atlantico. Decidono di approdarvi pur sapendo che si tratta di una riserva naturale dove, in teoria, non sarebbe consentito stare. Ma uno strappo alle regole ogni tanto si può fare. Mentre esplorano quei paesaggi nuovi il cielo inizia ad oscurarsi e, in poco tempo, tutto cambia: onde rabbiose impediscono loro di ripartire. Decidono di trascorrere la notte lì e di rimettersi in viaggio la mattina. Arriva finalmente la mattina, il sole splende alto nel cielo, corrono verso la baia e, spaventati, scoprono che la loro barca non c’è più. Hanno paura, tutti i loro amici sanno che loro sono in Sudafrica. Non li troverà nessuno. Ludovic, per quanto sia sempre stato “animato da un’inclinazione naturale fondamentale per la felicità”, è spaventato e la minuta Louise che è sempre stata riflessiva e, in fondo, ha solo assecondato questa idea del viaggio nata da lui, è angosciata al pensiero che non solo sono soli, senza un tetto, ma anche che “sono condannati l’uno all’altra, l’uno alla compagnia dell’altra, l’una contro l’altra. Quale coppia resisterebbe a una reclusione del genere?”. Resisteranno? Il loro legame andrà in pezzi o diventerà più solido?



Non si può certo negare che Isabelle Autissier, classe 1956, non conosca le situazioni estreme. È stata infatti la prima donna a compiere il giro del mondo in barca a vela in solitaria: successivamente la sua imbarcazione, durante una competizione, si è ribaltata nell’Oceano Pacifico (sarà il nostro velista Soldini a salvarla). Ed è una storia estrema quella che ci racconta in questo libro contenente uno dei classici temi dei romanzi d’avventura: due giovani in un’isola abbandonata. Con precisione quasi chirurgica, l’autrice francese analizza una pluralità di aspetti che entrano in gioco nel momento in cui l’uomo si sente solo, abbandonato e lontano dalla civiltà con tutti i sentimenti contrastanti e altalenanti che ne derivano. Dall’amore che in primo momento pare luogo naturale per la solidarietà si passa all’odio, dai litigi furibondi si passa a notti in un letto improvvisato, strettamente abbracciati. E, prevalentemente, la fame che debilita, in una natura avversa, e poi l’egoismo, quella infinita lotta per non cedere, per non morire. Non mancano slanci di tenerezza nei loro, talvolta flebili, tentativi di rimanere umani, “normali” appigliandosi al ricordo del mondo precedente: ritornare con la mente all’infanzia, alle filastrocche, all’odore del budino al cioccolato. Bisogna conservarli quei ricordi, per resistere. E ci provano, spossati, crollano, ma ci riprovano. Cosa rimane di loro? Cosa son diventati? Un romanzo crudo, ruvido, vero che non lascia spazio a romanticherie del modello “due cuori e una capanna” perché per esse, in un’isola deserta, non c’è tempo.
APPROFONDIMENTO



IN SOLITARIO - Trailer Ufficiale HD
In solitario (En solitaire) è un film del 2013 diretto da Christophe Offenstein, con François Cluzet.
Il film è diventato uno dei maggiori incassi in Francia dopo Quasi amici - Intouchables, nel quale era presente lo stesso François Cluzet
francois_cluzet_che_impresa_dopo_quasi_amici_sfida_il_mare_in_solitario

>>>  www.repubblica.it/speciali/cinema

martedì 18 aprile 2017

In the Mood for Love - Shigeru Umebayashi





In the Mood for Love - Shigeru Umebayashi

"The roads gleam towards you

The oceans beckon towards you

A beauty beyond the lapping waves..."



Ink Painting: Gao Xingjian


sabato 15 aprile 2017

Totò: tra la Persona e l’Anima. «Se Dio mi assolve, lo fa sempre per insufficienza di prove».

Totò: tra la Persona e l’Anima. 

Omaggio al Principe nel cinquantenario

 della sua morte (1967-2017).

Ho questo ricordo infantile, vago come l’immagine di un sogno non ben definito: io, all’età di 6 o 7 anni, che, mentre sono intento nei miei giochi, sbircio la televisione davanti alla quale sono radunati i miei famigliari e rimango affascinato da uno strano personaggio vestito da Pinocchio, che si muove come una marionetta su un palcoscenico, seguendo il ritmo di una musica vivace. Non sapevo ancora che, dopo qualche anno, quel bizzarro personaggio sarebbe diventato un punto di riferimento essenziale nella mia vita e che quel film in cui mi ero casualmente imbattutto sarebbe divenuto il mio film comico preferito (“Totò a colori”, del 1952, diretto da Steno).
Totò ha rappresentato per me, per buona parte della mia vita, una fonte di gioia e di ilarità, un attore di cui non potevo fare a meno per le risate che mi regalava, una sorta di antidepressivo nei momenti più difficili. Credo che di lui mi abbia sempre colpito la sua comicità surreale, i suoi giochi di parole, il suo atteggiamento irriverente e strafottente nei confronti dei potenti: basti pensare al famoso sketch del vagone letto, in cui si prende beffa dell’onorevole Cosimo Trombetta (interpretato dalla sua fida spalla, Mario Castellani), o a quando, nelle vesti di un direttore di banda, gli viene affidato l’incarico di accogliere con melodie trionfali l’arrivo in paese di un boss mafioso e lui invece interrompe continuamente il discorso di quest’ultimo con musichette infantili.
Ma di Totò, oltre alle innegabili doti attoriali, mi ha sempre colpito anche un’umanità profonda che traspare chiaramente al di sotto della sua maschera comica: una sensibilità e umiltà, di cui mi sono testimoniato leggendo le sue biografie, che mi ha sempre fatto provare nei suoi confronti un amore viscerale. Un’umanità che ha assunto nella sua vita venature malinconiche, depressive, di profonda sofferenza, delineando una sorta di contrasto con ciò che lui manifestava sul palcoscenico teatrale prima e nel mondo cinematografico poi. Un conflitto tra due parti della personalità: da un lato l’aspetto divertente, beffardo, goliardico della sua maschera; dall’altro gli aspetti di tristezza, solitudine, bassa autostima, che provenivano dalla sua interiorità più profonda. Da un lato Totò, dall’altro il principe Antonio De Curtis.
Conflitto che lui stesso viveva e percepiva in maniera piuttosto angosciante: non amava essere chiamato Totò, perché quello era soltanto un ruolo, una maschera, una parte che lui stesso tendeva a giudicare in maniera abbastanza impietosa. Forse potremmo dire in termini junghiani che quella era la Persona, ovvero quella parte della personalità che ha la funzione di maschera sociale: è il modo con cui ci presentiamo agli altri, spesso identificato con il ruolo professionale che rivestiamo, è l’interfaccia tra noi e il mondo esterno, una parte senza dubbio fondamentale perché senza di essa non potremmo muoverci in maniera adeguata all’interno delle relazioni sociali. Il pericolo sta nell’identificarsi con la Persona, confondendo il ruolo sociale con la propria interiorità: la Persona consiste non in ciò che uno realmente è, ma in ciò che lui stesso e gli altri credono che sia.
Sembra che Antonio De Curtis non sopportasse il fatto di essere identificato dagli altri con la maschera di Totò, con la Persona, e che preferisse piuttosto essere chiamato con l’appellativo di Principe, titolo nobiliare che ottenne dopo anni di ricerche in innumerevoli biblioteche e di incontri con avvocati ed a cui lui teneva particolarmente, forse anche per riscattarsi dalle difficoltà economiche e dalla miseria della sua infanzia e giovinezza e dal fatto di essere risultato per diverso tempo NN, cioè figlio di nessuno (il padre, il Marchese Giuseppe De Curtis, lo riconobbe come figlio soltanto molti anni dopo la sua nascita). Tuttavia, probabilmente, questo titolo nobiliare altro non è che un’altra maschera, con il quale si rischia un ulteriore tipo di identificazione. Ho come l’impressione che la vera interiorità di questo attore, la sua vera Anima, non fosse né il comico Totò, né il Principe De Curtis, o forse è tutte e due queste cose messe insieme ma anche qualcosa di molto di più: è quell’Anima che tracimava dalle sue canzoni, dalle sue poesie sulla morte e sull’amore, dai suoi gesti di solidarietà verso i poveri, dal suo amore verso gli animali.
Credo che molti di noi si possano riconoscere nella storia di Totò, vista in termini junghiani come conflitto tra la Persona e l’Anima, tra la maschera esteriore e l’interiorità più profonda, tra il ruolo o i ruoli sociali che si ricoprono e la parte più segreta, intima, della propria personalità. Di fronte alle richieste dell’ambiente circostante, alle pressioni sociali, ai molteplici ruoli che incarniamo nelle relazioni sociali, una domanda abbastanza frequente è: “Ma io chi sono? Chi sono realmente?” Questa domanda può porre davanti a riflessioni profondamente angoscianti, sensazioni di vuoto, soprattutto in un’epoca in cui sembra che si ponga molto l’accento sull’immagine esteriore, sociale. Un’eccessiva attenzione alla maschera, alla Persona, come d’altronde un’eccessiva attenzione a qualsiasi altra componente del sistema psichico presa singolarmente, può rischiare di portare ad identificare la parte con il tutto, dimenticando la complessità e l’interezza che compongono la personalità di un individuo. Credo che Totò abbia sofferto non poco per il fatto di essere riconosciuto, per quasi tutta la sua vita, soltanto come il comico, il “buffone”, spesso giudicato negativamente dalla maggior parte della critica cinematografica del suo tempo: da qui, forse, la necessità, negli ultimissimi anni della sua carriera e della sua vita, di realizzare un cambio di rotta nel suo percorso attoriale, attraverso la collaborazione con Pier Paolo Pasolini, che agli occhi del Principe sembrava essere l’unico in grado di cogliere e di far emergere i suoi aspetti più profondi, fatti di un’umanità estremamente commovente e di una visione al tempo stesso poetica e sofferente della vita. Film come “Uccellacci e uccellini, “Che cosa sono le nuvole?” e soprattutto quel gioiello meno conosciuto che si intitola “La terra vista dalla luna” sono rappresentativi di questa dimensione più profonda, dell’Anima di Totò (ma non di tutta la sua Anima, a mio avviso).
Eppure l’universo Totò è tutto quanto: è la maschera comica che tanto ha fatto ridere milioni di spettatori nelle cosiddette “totoate” (come venivano giudicati in maniera frettolosa e superficiale molti dei suoi film, per essere rivalutati soltanto diversi anni dopo la sua morte), l’attore dalle espressioni poetiche e lunari nei film di Pasolini, il volto malinconico ritratto in alcune fotografie della sua vita, la complessità e la sofferenza delle sue storie d’amore, l’umanità profonda che traspare dalle sue canzoni e poesie. E Totò, in questo, è tutti noi: ognuno di noi è un universo, una complessità, un insieme di sfaccettature anche contraddittorie tra di loro; siamo chiamati, nel corso della nostra vita, a ricoprire diversi ruoli, interni ed esterni, a cambiare diversi “abiti” psichici: come diceva Jung a proposito dei sogni (ma potremmo estendere la sua affermazione ad ogni altro fenomeno della nostra vita psichica), noi siamo al tempo stesso “scena, attore, suggeritore, regista, autore, pubblico e critico”. Quando ci si identifica, o si viene identificati, esclusivamente con una o con poche parti, si ha l’impressione di non riuscire ad esprimere veramente se stessi, di non essere autentici o di non essere capiti: per esempio, quando si presta attenzione esclusivamente alla Persona, si ha l’impressione che la dimensione più profonda della propria interiorità, l’Anima, venga tradita. La sfida consiste nel trovare una sorta di equilibrio, nello sperimentare una modalità di esistenza che tenga insieme le parti piuttosto che escluderle. Come dice Jodorowski: “Non si possono analizzare le parti senza conoscere il tutto”.

Andrea Graglia, psicologo ad orientamento junghiano di Torino

Riferimenti bibliografici
  • Liliana De Curtis, Totò mio padre, Rizzoli
  • Carl Gustav Jung, Considerazioni generali sulla psicologia del sogno, Opere VIII, Bollati Boringhieri
  • Alejandro Jodorowski, Marianne Costa, La Via dei Tarocchi, Feltrinelli

Liriche e frasi di Alda Merini ispirate a Dio

Il 21 marzo, inizio della primavera, Alda Merini avrebbe compiuto 85 anni. Nata a Milano nel marzo del 1931 da una famiglia modesta, nel suo travagliato percorso esistenziale e poetico ha cantato gli esclusi e vissuto la malattia mentale. La sua scomparsa il 9 novembre del 2009. Di lei restano liriche e frasi in cui Dio, la fede, l’amore sono i suoi interlocutori privilegiati.

Corpo d’amore

Dicono che le sorgenti d’amore siano le lacrime ma il pianto non è che un umile lavacro dei tuoi pensieri. (…) Tu sei un Dio materno e plurimo, un Dio che si disconosce e che si converte, un Dio buono come l’odio e la gelosia, un Dio umano che si è fatto croce, che si è fatto silenzio, un Dio che si converte in estasi ma che conosce il mistero della collera (…)

A volte Dio

A volte Dio
uccide gli amanti
perchè non vuole
essere superato
in amore.




Wikipedia/Giuliano Grittini/CC

Amore

Ti ho perso lungo i solchi della via,
o mio unico amore,
Dio di giacenza e di dubbio
Dio delle mitiche forze
Dio, Dio sempre Dio
che sei più forte degli amplessi
e dei teneri amori.
Che fai crescere le fontane,
che appari e dispari
come un luogotenente del destino.
Perderti è come perdere la speranza
ed io ti ho perduto
non una ma un milione di volte
e ritrovarti è come sorgere dall’eterno peccato
per vedere le falle della vita
ma anche le tue mobili stelle:
TU SEI UN DIO DI AMORE.

Angeli, il vostro occhio è cieco e vede tutto

Angeli,
il vostro occhio è cieco e vede tutto,
angeli,
il vostro occhio vede ed è cieco.
Angeli,
c’è una moltitudine di demoni
che vi perseguita
e c’è una moltitudine di angeli
che vi perseguita.
Tra queste lotte,
tra queste stagioni orrende
di sangue e di morte
di morte e di pace voi vivete,
UNICI GRANDI
STRATAGEMMI DI DIO.

La Terra Santa

Le più belle poesie
si scrivono sopra le pietre
coi ginocchi piagati
e le menti aguzzate dal mistero.
Le più belle poesie si scrivono
davanti a un altare vuoto,
accerchiati da argenti
della divina follia.
Così, pazzo criminale qual sei
tu detti versi all’umanità,
i versi della riscossa
e le bibliche profezie
e sei fratello a Giona.
Ma nella Terra Promessa
dove germinano i pomi d’oro
e l’albero della conoscenza
Dio non è mai disceso né ti ha mai maledetto.
Ma tu sì, maledici
ora per ora il tuo canto
perché sei sceso nel limbo,
dove aspiri l’assenzio
di una sopravvivenza negata.

Santi e poeti

Bisogna essere santi
per essere anche poeti:
dal grembo caldo d’ogni nostro gesto,
d’ogni nostra parola che sia sobria,
procederà la lirica perfetta
in modo necessaria ed istintivo (…)

Le frasi 

«Tutti gli innamorati sono in Cristo»
«Domandano tutti come si fa a scrivere un libro: si va vicino a Dio e gli si dice: feconda la mia mente,
 mettiti nel mio cuore e portami via dagli altri, rapiscimi».
«Se Dio mi assolve, lo fa sempre per insufficienza di prove».
«Non posso farmi santa perché ho sempre in mano l’arma del desiderio».