La biblioteca digitale della letteratura italiana>>>Dal sito web www.letteraturaitaliana.net/

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venerdì 30 agosto 2013

IL GRANDE MIRACOLO

Film di animazione " Il Grande Miracolo" sempre in lingua spagnola,
 ma sottotitolato in italiano  e diviso in quattro parti.


film completo sottotitolato in italiano .






il libretto di Catalina Rivas - mistica boliviana. Questo libro parla delle rivelazioni sulla S Messa. Si tratta di rivelazioni private. I suoi scritti hanno ricevuto   l’Imprimatur dall’Arcivescovo di Cochabamba Mons. René Fernández Apaza.
Un caro saluto.

Caterina Muggianu

Christianfilmdatabase



EL GRAN MILAGRO PELICULA CATOLICA COMPLETA




El gran milagro

El gran milagro 

La profezia del silenzio

FESTIVALETTERATURA di Mantova

Incontri di "Fine Settimana"
Incontri di "Fine Settimana"
percorsi su fede e cultura

La profezia del silenzio




Se nella nostra società “l’uomo è diventato un’appendice del rumore” (Max Picard), si fa sempre più urgente l’esigenza che ciascuno ritrovi la propria umanità attraverso la riscoperta del silenzio e l’apprendimento dell’antichissima arte di “ascoltare il silenzio”. Impresa certo non semplice, se già Eraclito definiva i propri simili come “incapaci di ascoltare e di parlare”: da allora forse abbiamo l’impressione di aver compiuto passi in avanti nella capacità di parlare, ma certo quanto ad ascolto sembriamo tornati indietro di secoli. Abbiamo bisogno di una pedagogia dell’ascolto che può prendere le mosse solo dal silenzio. Sì, “ascoltare il silenzio” può sembrare un ossimoro, invece è la chiave che apre il mondo dell’ascolto autentico e della comprensione di ciò che si sente.
La tradizione spirituale non solo cristiana ha sempre riconosciuto l’essenzialità del silenzio per una vita interiore autentica. “La preghiera – ha detto il Savonarola, che pur di discorsi appassionati ben si intendeva – ha per padre il silenzio e per ma­dre la solitudine”. Solo il silenzio, infatti, rende possibile l’ascolto, cioè l’accoglienza in sé non soltanto della parola pronunciata, ma anche della presenza di colui che parla. Il silenzio è linguaggio di amore, di profondità, di pre­senza all’altro. Del resto, nell’esperienza amorosa il silenzio è spesso linguaggio molto più eloquente, intenso e comunicativo delle parole. Purtroppo oggi il silenzio è raro, è forse la realtà maggiormente assente nelle nostre giornate: siamo bombardati da messaggi sonori e visivi, i rumori ci derubano della nostra interiorità e le parole stesse vengono immiserite dal loro essere urlate, ridotte a slogan o invettive. Ora, “quando diminuisce il prestigio del linguaggio aumenta quello del silenzio” (Susan Sontag). Dobbiamo confessarlo: abbiamo bisogno del silenzio! Ci è necessario da un punto di vista pret­tamente antropologico, perché l’uomo, che è un essere di relazione, comunica in modo equilibrato e significativo soltanto grazie all’armonico rapporto fra parola e silenzio.
Ma abbiamo bisogno del silenzio anche dal punto di vista spirituale. Per la fede ebraica e cristiana il silenzio è una dimensione teologica: sul monte Oreb, il profeta Elia percepì di essere alla presenza di Dio non nel frastuono di venti, tuoni e terremoto ma solo quando ascoltò “la voce di un silenzio sottile” (1Re 19,12). Ignazio di Antiochia dirà che Cristo è “la Parola che procede dal silenzio”. Non si tratta semplicemente dell’astenersi dal parlare o dell’assenza di rumori, ma del silenzio interiore, quella dimensione che ci restituisce a noi stessi, ci pone sul piano dell’essere, di fronte all’essenziale. “Nel silenzio è insito un meraviglioso potere di osservazione, di chiarificazione, di concentrazione sulle cose essenziali” (Dietrich Bonhoeffer). Il silenzio è custode dell’interiorità in quanto ci conduce da una dimensione primaria e “negativa” di sobrietà, di­sciplina nel parlare o addirittura di astensione da parole, a un livello più profondo, di intensa vita spirituale: cioè al far tacere i pensieri, le immagini, le ribellioni, i giu­dizi, le mormorazioni che nascono nel cuore. È il difficile silenzio interiore, quello che trova il proprio ambito vitale nel cuore, luogo della lotta spirituale. Ma proprio questo silenzio profondo genera l’attenzione, l’accoglienza, l’empatia nei confronti dell’altro.
Il silenzio scava nel nostro profondo uno spazio per farvi abitare l’alterità, per farne risuonare la parola e, al tempo stesso, ci dispone all’ascolto intelligente, al parlare misurato, al discernimento di ciò che brucia nel cuore dell’altro e che è celato nel silenzio da cui nascono le sue parole. Il silenzio, allora, quel silenzio, suscita in noi la carità, l’amore del fratello. “Il silenzioso diventa fonte di grazia per chi ascolta” aveva affermato san Basilio. Per il cristiano, il rimando all’ascolto obbediente della Parola di Dio, all’accoglienza del Verbo fatto carne è evidente ed estremamente eloquente. Non a caso è questo il silenzio che proviene a noi da una lunga storia spirituale: è il silenzio cercato e praticato dagli esicasti per ottenere l'unificazione del cuore, il silenzio della tradizione monastica finalizzato all’accoglienza in sé della parola di Dio, il silenzio della preghiera di adorazione della presenza di Dio. Ma è anche il silenzio caro ai mistici di ogni tradizione religiosa e, ancor prima, è il silenzio di cui è intriso il linguaggio poetico, il silenzio che costituisce la materia stessa della musica, il silenzio essenziale a ogni atto comunicativo. Il silenzio, evento di profondità e di unificazione, rende il corpo eloquente conducendoci ad abitare il nostro corpo, a nutrire la nostra vita interiore, guidandoci a quell’habitare secum così prezioso per la tradizione monastica come per quella filosofica. Il corpo abitato dal silenzio diviene rivelazione della persona intera. 
Proviamo allora a ricavare nel ritmo del nostro vivere un tempo per ascoltare il silenzio: riusciremo a cogliere gli sforzi compiuti per crearlo e custodirlo, a discernere i suoni impercettibili della presenza di altre creature accanto a noi, a comprendere il non-detto che abita la gran quantità di parole, ad avere intelligenza di quanto accade – cioè, letteralmente, a “leggere dentro” gli eventi – e, finalmente, anche ad ascoltare meglio noi stessi e gli altri quando parlano al nostro cuore e alla nostra mente, e non solo ai nostri orecchi.

martedì 27 agosto 2013

Io non ho paura

David Garrett - LIVE "Viva La Vida" (Coldplay) MUSIC Album 2012 HD! HQ Sound (live Marcus Lanz)

dedicato a fRANCESCa.

Io non ho paura

Io non ho paura. La storia di Francesca Pedrazzini



Può un funerale essere come un matrimonio? Può una bambina chiedere che il funerale della mamma sia una festa? Può una mamma che sta per morire, parlare con i suoi bambini e insegnare loro ad avere fede perché Gesù è buono e lei li vedrà e curerà dal cielo? Può una donna che sta per lasciare il marito ed i suoi bambini fare festa con gli amici in ospedale? 
Questo e altro ha fatto Francesca Pedrazzini, moglie e madre di 38 anni, salita in cielo dopo trenta mesi di combattimento con un tumore che l’ha uccisa.
La sua vicenda ed il suo modo di affrontare il dolore e la morte così straordinariamente eroico sono stati raccontati nel libro di Davide Perillo, Io non ho paura, pubblicato dalle edizioni San Paolo.
Ha narrato il marito Vincenzo Casella, il 21 agosto, nel corso di un incontro al Meeting di Rimini, dopo una serie di visite e esami, il 17 agosto 2012 la dottoressa lo prende da parte e gli dice “potrebbe essere questione di giorni. Al massimo qualche settimana”.
E lì Vincenzo viene preso dall’angoscia: “Dirglielo? E come? E i bambini? E se poi crolla? Forse è meglio tacere per tenerla su di morale…”.
Vincenzo chiede alla dottoressa, che gli confessa: “Guardi io sono una mamma. Se toccasse a me, vorrei sapere. Per decidere cosa fare con i miei bimbi”.
Ma Francesca ha già capito. Chiama Vincenzo vicino al suo letto, lo guarda con una tenerezza grande.
“Vincè – gli dice – io sono tranquilla. Non ho paura perché c’è Gesù”.
“Ma non sei triste?”, le chiede Vincenzo, e lei: “No, non sono triste. Sono certa di Gesù. Anzi sono curiosa di quello che il Signore mi sta preparando. Mi spiace solo che la tua prova è più grande della mia. Sarebbe stato meglio il contrario…”.
“E’ vero. Soprattutto per i bimbi”.
Francesca mostra una serenità ed una forza straordinaria. Chiede di vedere i figli: Cecilia di 11 anni, Carlo di 8 e Sofia di 4.
Li vede uno per volta per 15 minuti e gli dice: “Guardate, io vado in Paradiso. E’ un posto bellissimo, non vi dovete preoccupare. Avrete nostalgia, lo so. Ma io vi vedrò e vi curerò sempre. E mi raccomando, quando vado in Paradiso dovete fare una grande festa”.
Vincenzo era lì e la guardava con gli occhi spalancati, senza parole.
“Ha fatto una cosa – ha spiegato – che vale cinquant’anni di educazione di una mamma”.
Così accade che il taxista che accompagna una amica al funerale di Francesca non ci voleva credere. Era sceso a domandare pensando che la cliente avesse sbagliato chiesa: “Ma davvero c’è un funerale qui? No, sa, tutta questa gente elegante, le facce… Io pensavo a un matrimonio”.
Quando Mariachiara, la mamma di Francesca, aveva parlato con la dottoressa che la curava, questa le ha detto: “Una fede come quella di sua figlia non l’ho mai vista. Mi sarebbe piaciuto conoscerla un po’ di più. Le chiedo un piacere: se può, le dica che quando sarà in Paradiso si ricordi dell’ultimo medico che l’ha curata”.
E Gianguido che aveva partecipato ai funerali, ha raccontato: “Sono rimasto impressionato dal funerale della Chicca (diminutivo in cui veniva chiamata Francesca, ndr). Io non credo in Dio. Ma non si può negare che lì c’era qualcosa. Qualcosa di straordinario che io non so spiegare”.
Due zii di Francesca, lui ingegnere, lei bibliotecaria all’università di Pisa, sposati da 33 anni erano 40 anni che non andavano in Chiesa. Poi, saputo della malattia di Francesca, hanno iniziato a pregare. Hanno vissuto tutto il tragitto di Francesca dalla sofferenza alla morte. Ed hanno ritrovato la fede. Alla domanda chi è Francesca per voi, hanno risposto: “Un esempio, un faro. Un desiderio di essere così, un segno di croce tutte le mattine”.
Un uomo aveva una parente in ospedale negli stessi giorni di Francesca, malata terminale come lei. Una sera rimane stupito perché vede nella camera di Francesca una tavolata di persone che mangiano la pizza, scherzano e ridono. 
All’inizio si irrita, perché non può essere, poi viene contagiato dalla gioia di quelle persone. Ha raccontato: “Qualcosa come un inno alla vita mi entrava nel cuore, nell’anima e nella mente”.
Al termine della pizza i presenti pregano insieme, e solo al momento dei saluti quell’uomo capisce chi è l’ammalata: è l’unica che rimane in ospedale.
Nel libro, Io non ho paura quest’uomo racconta che l’immagine di quella donna di 38 anni madre di tre bambini, che si appresta a lasciare consapevolmente il mondo, sorridente e divertita di fronte ad una pizza con intorno i propri cari è come se gli avessero piantato “un chiodo nel cuore. Un chiodo come un seme che ha fatto germogliare una pianticella che è e sarà il mio inno alla vita”.
Un’amica che ha incontrato Vincenzo al bar gli ha detto: “Francesca mi ha colpito per il commosso coraggio con cui ha abbracciato la croce, per essere in Paradiso. Questa roba da Santi e di Santi abbiamo bisogno, in questa ordinaria vita comune. Francesca ha sofferto ma ha anche scommesso su Dio. E in ciò è la sua grandezza semplice, da madre e da sposa. Non siamo soli. Non saremo mai soli. Per questo Francesca non aveva paura”.
Lorenza, amica della famiglia di Vincenzo, gli ha girato un tema fatto dalla figlia Letizia di 13 anni.
Le era stato chiesto di fare un tema su “una persona che ti ha fatto crescere”.
Lorenza ha scritto: “la persona che non dimenticherò mai è la mamma di tre bambini con cui andavamo in vacanza da piccoli. (…) è mancata a soli 38 anni. L’avevo incontrata al mare ed in montagna. Era contenta e allegra, era forte”.
Steve Jobs citava un poeta che diceva “vivi ogni giorno come se fosse l’ultimo” e Lorenza ha commentato, forse Francesca non aveva mai sentito queste parole, “ma viveva ogni secondo in modo speciale, un modo che mi ha cambiato le vacanze e ora penso, la vita”.
“Per me – conclude Lorenza  - è stata una grande testimonianza, (…) mi ha fatto capire di vivere la vita, viverla veramente secondo per secondo, e ora quando penso a lei mi chiedo se sto dando tutto quello che posso dare”.
Alcuni hanno detto a Vincenzo: “Scusa se ti facciamo parlare di Francesca, lo sappiamo che è dura perché ogni volta la ferita si riapre”.
E Vincenzo ha risposto: “Molti pensano che per superare bisogna dimenticare, ma per me è l’esatto contrario: più ripercorro quella esperienza più mi da pace”.
A. Gaspari

Itinerari dello smarrimento. E se la scienza fosse una grande impresa metafisica?

Emergenza uomo (Domenica 18 agosto 2013 - Sabato 24 agosto 2013)
www.meetingrimini.org

Itinerari dello smarrimento

Itinerari dello smarrimento



Olivier Rey, dottore in matematica del CNRS francese, docente di Filosofia all’Università Panthéon-Sorbonne, ha presentato all'ultima edizione del Meeting per l'amicizia fra i popoli il suo ultimo lavoro: Itinerari dello smarrimento, edito da Ares. Ripercorrendo la storia della scienza e della filosofia Rey denuncia quella che Hans Sedlmayr ha chiamato «la perdita del centro», ovvero la sostituzione dell’uomo soggetto, che vive e che è mosso da domande sull’esistenza, in un oggetto da analizzare deprivato della sua natura intrinseca e del suo stupore per l’evidenza delle cose. Quando si smarrisce l’uomo, anche le più nobili discipline perdono la strada e non sono più orientate verso la loro finalità.
«La filosofia vuole spiegare la totalità delle cose, ossia tutta quanta la realtà, senza esclusioni di parti e di momenti. […] Lo scopo o il fine della filosofia […] sta nel puro desiderio di conoscere e di contemplare la verità». (Giovanni Reale). Proprio grazie alla filosofia la civiltà occidentale ha preso una direzione completamente differente rispetto a quella orientale. È stata la filosofia, grazie alle sue categorie razionali, a permettere la nascita della scienza. La scienza è nata dallo stesso sguardo di stupore nei confronti della realtà che caratterizza la filosofia. Per secoli la scienza è stata mossa dal desiderio di conoscere la verità, di scoprire la realtà e le sue leggi.
Nel tempo, «lo sviluppo delle scienze ha comportato una fitta pioggia di innovazioni tecnologiche […] generando la sensazione sempre più diffusa che la finalità della scienza consista nell’amplificazione senza limiti della sfera tecnologica e che, quindi, essa sia la fonte per la risoluzione di tutti i problemi dell’uomo» (G. Reale). Il binomio scienza/tecnica è diventato un’autorità in apparenza indiscutibile e  assoluta, cioè autonoma, ma, in realtà, al servizio del potere economico. Nel Settecento è stato celebrato questo matrimonio tra una disciplina prettamente disinteressata come la scienza e un’altra strettamente applicativa come la tecnologia. Il trionfo, inutile dirlo, sarebbe stato di quest’ultima.
A detta di Rey, in epoca postmoderna l’uomo svolge spesso la funzione di strumento e mezzo del sistema senza accorgersene. Il fine diventa la produzione, quel saper fare che i Greci antichi chiamavano «tecnica». Il prassismo, il pragmatismo, la produzione hanno sostituito l’attenzione al significato, al valore, alla verità. In poche parole la tecnologia ha gradualmente rimpiazzato la riflessione e la contemplazione. Il mito dello scientismo è ormai connaturato alla cultura odierna tanto che viene considerato vero e attendibile soltanto ciò che è dimostrabile dal punto di vista scientifico secondo il metodo sperimentale.
«All’interno dell’utopia tecno-scientifica» sostiene Olivier Rey «gli uomini sono assimilati a semplici processi oggettivi. […] Scienza e tecnica promettono all’uomo un regno. Ma è un regno senza re, perché nel corso della sua edificazione chi avrebbe dovuto essere re si confonde con le cose sulle quali avrebbe dovuto regnare». Si è, quindi, perso l’uomo. Le uniche autorità disponibili, l’individuo ridotto a se stesso e la scienza, non riescono a fornire una norma. E così ci si sforza di «naturalizzare l’etica, di fondare scientificamente una morale. Non senza incoerenza: è assurdo giustificare i diritti dell’uomo in un contesto in cui l’uomo è una cosa» (Rey).  
Anche la filosofia ha perduto l’autorevolezza di una volta. I filosofi di oggi, scrive il matematico e filosofo Rey, «vivono tutti in modo sensibilmente uguale e senza differenziarsi dal resto della popolazione». Anche i filosofi non credono più alla filosofia, la loro filosofia non ha potere di muoverli, di cambiarli, di renderli diversi dagli altri. «Per una filosofia il solo modo di dare un vero peso al suo pensiero è quello di tradurlo in affermazione esemplare». Così è sempre accaduto per i filosofi dell’antichità, a quei maestri che avevano un seguito per la capacità di testimonianza che davano. 
In un saggio affascinante, scritto da un uomo di scienza che è anche filosofo e che riconduce con la sua preparazione il senso dell’operato scientifico in seno alla saggezza e alla ricerca della verità filosofica, vengono tratteggiati gli «itinerari dello smarrimento» in cui filosofia e scienza hanno perso il loro statuto ontologico. La responsabilità è tutta dell’uomo, che ha dimenticato la sua natura di soggetto con delle domande per diventare soltanto oggetto di studio e i osservazione. L’oggettivazione dell’uomo, così chiama Rey questo processo, e l’oggettivazione del divino deprivano di un senso il macrocosmo (l’universo) e il microcosmo (microcosmo). In un’analisi così puntuale, in quella che potrebbe sembrare solo una pars destruens, c’è già la strada della ripartenza e della ricostruzione: ritornare ad essere soggetti, cioè uomini. Ritornare alle domande connaturate all’uomo, quelle domande che la scienza contemporanea cerca di evitare  e, talvolta, di sradicare dall’uomo.  Come fare? Per Rey bisogna compiere «un passo di lato», ritornare alla cultura che è riscoperta dell’uomo e della sua storia, che permette di ritornare alla dimensione dell’uomo soggetto e oggetto. La scienza contemporanea si oppone alla riscoperta della cultura e del passato, perché essa si sviluppa più rapidamente nel suo connubio con la tecnologia proprio nella dimenticanza del passato.
di Giovanni Fighera da La Nuova Bussola quotidiana


venerdì 23 agosto 2013

342 opere di 205 autori, dal Duecento a oggi "La biblioteca digitale della letteratura italiana"

a collana "uomini e profeti" Radio 3


Per chi Ama leggere una delle mie prime scoperte digitali, poco conosciuta  ....
giro bloggando  GiuMa
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La biblioteca digitale della letteratura italiana



Libro cartaceo o libro elettronico?

E’ questa una delle domande che ricorrono piú spesso quando si parla di saperi e nuove tecnologie.

Ma libro cartaceo e libro in formato digitale viaggiano su due binari diversi seppur paralleli che mirano alla stessa meta: la circolazione dei saperi.

Come si inserisce il ruolo della biblioteca in questo dibattito? Innanzi tutto è necessario fare una distinzione tra biblioteca cartacea e biblioteca digitale.

La biblioteca intesa in senso tradizionale è un insieme di documenti cartacei raccolti in un luogo ben preciso, quindi fruibili da coloro che possono recarsi sul posto.

La biblioteca digitale, invece, è una raccolta di testi in formato elettronico, resa disponibile attraverso Internet e quindi consultabile da chi utilizza un computer e un collegamento alla rete. Il Web è l’elemento che dà senso a una raccolta digitale, consentendo di superare le barriere spaziali e temporali e di accedere all’informazione ricercata in tempi veloci e da qualsiasi luogo.
Il mondo della scuola è sicuramente uno degli utenti ideali di una biblioteca digitale, soprattutto se si analizzano i segnali che arrivano agli editori da parte del personale docente e che si possono riassumere nelle seguenti necessità:
  • manuali leggeri, agili e comunque ricchi di testi e materiali didattici; 
  • manuali completi e personalizzabili;
  • indicazioni che possano consentire al docente la realizzazione di materiali didattici personalizzabili e coerenti con le direttive dell’autonomia scolastica.
Realizzare un’antologia della letteratura italiana che risponda a tali requisiti diventa quindi un compito sempre piú arduo per gli editori che si vedono così costretti a una scelta di testi che non necessariamente rispecchia le aspettative degli insegnanti.
È da tali riflessioni che nasce l’idea della Biblioteca della letteratura italiana online: un lavoro realizzato da Pianetascuola in collaborazione con l’editore Einaudi.
Le principali caratteristiche della Biblioteca, che si pone come obiettivo quello di rispondere in modo esauriente ai bisogni di una scuola che sta sperimentando nuove tecnologie e nuovi contenuti, si possono riassumere nei seguenti punti:
  • quantità dei materiali forniti in forma completamente gratuita;
  • qualità dei testi di livello alto e filologicamente affidabile;
  • semplicità di utilizzo: il formato pdf con cui sono forniti i testi consente una estrema semplicità di utilizzazione.
Ogni biblioteca, per sua natura, è una realtà dinamica sia per la continua acquisizione di pubblicazioni e materiali di consultazione di varia specie, sia per i servizi che mette a disposizione dell’utenza e che la rendono non chiusa in se stessa ma aperta verso l’esterno. 

Allo stesso modo, La biblioteca della letteratura italiana prevede, nel corso dei prossimi mesi, la pubblicazione sul Web di nuovi testi, nonché nuovi servizi per gli utenti.

In questa ottica Pianetascuola realizzerà materiali didattici modulari creati ad hoc che andranno a incrementare i manuali scolastici, fornendo agli insegnanti coordinate e testi per un lavoro in classe autonomo ed esauriente.




vai alle OPERE

Esempio

dall'A   ... Adelchi
di Alessandro Manzoni

di Giacomo Leopardi


Vai agli AUTORI





Esempio:

Vai alla M


I testi qui pubblicati sono tratti dalla Letteratura Italiana Einaudi in 10 CD-ROM. Un'enciclopedia, uno strumento per lo studio, una biblioteca multimediale che contiene:
  • 342 opere di 205 autori, dal Duecento a oggi
  • 1211 schede bibliografiche tratte dal Dizionario degli autori Einaudi
  • 2145 schede tratte dal Dizionario delle opere Einaudi
  • 121 saggi tratti dalla Letteratura Italiana - Le opere Einaudi
  • 33 testi commentati
  • Il Breve dizionario di metrica italiana
  • Un apparato multimediale di tavole cronologiche
  • Sezioni dedicate ai "Luoghi letterari"
  • Sezioni di scolto con le poesie lette da Vittorio Sermonti
  • Piú di mille immagini
Il cofanetto con 10 CD-ROM è disponibile in tutti i Punto Einaudid'Italia corredato di una guida per l'utilizzo nella didattica. È possibile consultare tutti gli indirizzi dei Punto Einaudi cliccando sul logo rosso.
Per visualizzare i testi della biblioteca è necessario disporre di Acrobat Reader.
Se non è installato sul vostro computer potete scaricarlo dal sito di Adobe.


piccola biblioteca   Uomini e Profeti rai Radio 3

immagine evento


Il libro del mese Fahrenheuit rai Radio 3

RACCONTI DI VIAGGIO

RACCONTI DI VIAGGIO 
fOtO WeB - Antologia di libri belli - camminando nei boschi ...

LeggiAmo ...il libro di Marcella Manghi Catania "Qualcosa di diverso"


Qualcosa di diverso
DI PAOLOPUGNI
Manghi Qualcosa di diverso
di Paolo Pugni
Tutte le famiglie infelici sono infelici nel medesimo modo. Ogni famiglia felice è felice a modo suo. E se cercavo un pretesto per poterlo affermare non da solo così come un bell’aforisma monco, ma connesso a qualche cosa che lo meritasse davvero, ecco qua come cacio sui maccheroni il secondo libro di Marcella Manghi Catania, Qualcosa di diverso (edizioni Ares)raccontato anche qui, che ci dispiega come la vita sia davvero un romanzo, specie quando non ha colpi di scena e tragedie. Che quelle le lasciamo alla letteratura d’autore.  continua a leggere »

domenica 18 agosto 2013

Il grande silenzio (1)

Locandina Il grande silenzio
il-grande-silenzio-2005

Religione * Il grande silenzio Film completo in streaming



In un tempo di cinema chiassosamente sonoro, che tutto riempie e trabocca, diventa necessario sperimentare il silenzio. Quello grande e silente "registrato" nel monastero certosino de La Grande Chartreuse, situato sulle montagne vicine a Grenoble. A salire sulle Alpi francesi con la macchina da presa è stato il regista tedesco Philip Gröning, che per diciannove anni ha cullato il desiderio di realizzare un documentario sulla vita dei monaci e sul tempo: quello della preghiera e quello del cinema. Perché quel tempo potesse scorrere sulla pellicola, il regista ha condiviso coi monaci quattro mesi della sua vita: partecipando alle meditazioni, alle messe, alle lodi, ai vespri, alla compieta (l'ultima delle ore canoniche), ritirandosi in una cella in attesa di ripetere nuovamente l'ufficio delle letture. 





Il suo film, apparentemente immobile e privo di uno sviluppo narrativo, trova invece un suo modo straordinario di procedere inserendo un dialogo muto tra l'uomo e la natura, scandito fuori dal monastero dalle stagioni e dentro le mura, vecchie di quattro secoli, dalla rigorosa liturgia dei monaci. Separati materialmente dal mondo mantengono con esso una solidarietà espressa attraverso un'incessante preghiera. La vita eremitica e contemplativa viene filmata e riproposta allo spettatore nelle sue ricorrenze quotidiane, inalterabili e puntuali, interrotte soltanto da un imprevisto "drammaturgico": l'arrivo di un novizio al convento. L'equilibrio della comunità monastica è ricomposto poco dopo con l'ammissione del giovane uomo nell'ordine, attraverso suggestive cerimonie di iniziazione in lingua latina. La partecipazione dello spettatore alla vita del monastero è affidata unicamente alle immagini, che non si aggrappano quasi mai a un suono, a una voce esplicativa fuori campo, a una musica applicata alla pellicola, a una parola, se non a quella di Dio. I salmi e le preghiere, sgranate come un rosario e costantemente ripetute, sono l'unico linguaggio concesso, lo strumento verbale alto per pensare il divino, per comunicare con Lui. 




Il regista "officia" la sua funzione lasciando libero lo spettatore e la sua percezione di cogliere nel montaggio i commenti impliciti, nel silenzio i suoni compresi. Perché il suo documentario diventi un'autentica esperienza ascetica, Gröning lo costruisce come fosse un mantra, mettendo la grammatica del cinema al servizio del linguaggio dello spirito. Se la comprensione dell'Assoluto passa attraverso la reiterazione della preghiera, il cinema che la fissa dovrà a sua volta replicare il suo linguaggio, quello della ripresa. E allora si ribadisce quell'inquadratura, quel primissimo piano, quel campo medio o lunghissimo, si insiste sulle identiche didascalie di raccordo perché il pubblico stabilizzi la mente e lo sguardo su un'idea. La lunghezza della pellicola, che ha impaurito i più o peggio li ha spazientiti, è al contrario funzionale all'esperienza contemplativa che il regista ha voluto raccontare. La sua visione disciplina la mente inducendola, e non poteva essere altrimenti, a chiarire e a purificare il pensiero. Per una volta non può far male. 


Se siete interessati a scaricare il film completo, convertire e scaricare i filmati di youtube suggerisco il seguente articolo: