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mercoledì 15 gennaio 2014

Figli! O del vantaggio di essere genitori.

Figli!


L’amore, da solo, non basta. Perché un figlio ha bisogno di un padre e una madre che gli dicano: «Vai!»

«Per vincere la sfida della famiglia bisogna giocare in attacco. Ci vogliono testimoni della bellezza di ciò che può nascere dall’amore fra un uomo e una donna». È per questo che lo psicoanalista Luigi Campagner ha intitolato il suo libro sulla famiglia Figli! O del vantaggio di essere genitori (Lindau, 13 euro, 155 pagine). «Perché ai miei figli insegno a vivere: amando mia moglie, lavorando per la mia crescita, coltivando le mie passioni. Ma da loro imparo anche a desiderare il massimo. Ad amare come un bambino, a guardare le cose in modo puro, per quelle che sono e non per quello che la maggioranza dice che siano».
Dottor Campagner, nel suo libro lei parla della distinzione in relazione al sesso, la prima che il bambino coglie. Sottolinea che questa diversità è arricchente, ma che spesso oggi nell’esperienza si configura come difficoltà e, in casi estremi, come obiezione di principio. Può spiegare perché la differenza sessuale arricchisce e come mai oggi è vista come una cosa negativa?
La differenza sessuale è una cosa da riconoscere più che da spiegare. Se oggi, invece, ci si riduce a parlare del rapporto fra uomo e donna stando “sulla difensiva” è perché spesso manca il fascino di una madre e un padre che sappiano accogliere la differenza tra loro come arricchente. Che sappiano dare, ma accettando anche di ricevere, di dipendere. Mi viene in mente l’abbraccio fra Adamo e Eva di Jan Gossaert, un’opera che ho visto nel Palazzo Abatellis di Palermo (nella foto in basso). I due si guardano come complici. In questo dipinto la differenza appare come un bene. Essa, infatti, è necessaria all’uomo per rispondere al suo bisogno naturale di completarsi e di generare, per crescere e costruire. Il problema è che oggi chi vive così è una minoranza di cui la maggioranza dei media non parla.
adamo ed eva
Come si può negare una differenza evidente?
Le differenze biologiche esistono e le vedono tutti. Anche chi le nega ideologicamente, pur provandoci, non può eliminarle. Ma l’evidenza non basta da sola, insieme a questa dobbiamo usare l’arma del fascino: far venire invidia della famiglia naturale, l’uomo e la donna devono provare a costruire delle vere e proprie opere familiari.
Perché non possono costruirne anche due uomini o due donne?Il bambino ha bisogno di una mamma e un papà diversi e complementari. Per la psicoanalisi, come disse già Freud, è necessario che il bambino attraversi la cosiddetta fase fallica, importantissima per lo sviluppo equilibrato di una persona. In questa fase il bambino impara ad accettare la propria identità, attraverso l’accettazione del genitore dello stesso sesso. Se non avviene questo processo il bambino resterà frustrato, non si sentirà voluto e cercherà continue conferme dalle persone del proprio sesso, che si percepiranno poi come antagonisti. Invece, quando la propria identità viene accolta, il bambino diventa stabile e crescendo cercherà il compimento nell’altro sesso.
Abbiamo bisogno della diversità per completarci. Cosa implica questo?Ad esempio, lasciare da parte l’orgoglio: accettare di farsi accogliere oltre che di dare. Spesso, invece, siamo nella posizione di chi vuole solo dare. Questo succede con i figli, non solo fra coniugi. È un peccato, perché il lasciarsi accogliere è necessario e bello, completa: dove manco io farai tu e viceversa, questo aiuta a costruire una bella famiglia e quindi una bella società.
Cosa pensa della campagna per la promozione delle adozioni fra coppie dello stesso sesso? Basta l’affetto?
I sentimenti non sono sufficienti a crescere un bambino. E poi perché una persona desidera un figlio? Le ragioni possono essere due. La prima è la volontà pericolosa di soddisfare una proiezione di sé che ci confermi, pensando di colmare dei vuoti. La seconda è il desiderio di dare, educando un soggetto ad amare ed essere amato, comprendendo e accogliendo la diversità dei sessi. Una mamma e un papà possono cadere nell’errore di trattare un figlio come una proiezione di sé che li soddisfi, ma è una possibilità che non si può predire a priori. Mentre legalizzando le adozioni di persone dello stesso sesso l’errore sarebbe approvato legalmente il fatto che queste coppie non potranno mai dare al figlio ciò di cui ha bisogno. La natura poi è un segnale che sta lì a dire: «Per questa via non puoi generare un uomo. Fermati!».
Eppure a qualcuno sembra impossibile rinunciare ai figli che desidera.Io lavoro in alcune comunità, vedo genitori che volontariamente rinunciano a tenere con sé i figli se capiscono che per un po’ è meglio così. Non è facile, ma questo è un atto d’amore enorme. Mi viene in mente la madre dell’episodio biblico di Salomone, che pur di non vedere il figlio morire è disposta a lasciarlo alla donna che mente, dicendo che il bambino è suo.
Non si perde qualcosa così?

No, perché la vera felicità di un genitore è quella del figlio.
Si sente ripetere sempre più spesso che ciò che conta è solo l’amore.La parola amore è abusata, intesa come un sentimento generico. Ai figli non bastano i soldi, l’affetto, le attenzioni. Oggi i bambini sono pieni di cose materiali e di protezioni. Li immergiamo in vasi di miele in cui soffocano. Ma se li teniamo sempre in braccio non impareranno mai a camminare. Il bambino stesso desidera essere lanciato nel mondo dall’adulto che vuole imitare. C’è un cartone africano, Kiriku e la strega karabà, che spiega cosa intendo. Kiriku chiede alla madre: «Ma perché la strega è cattiva?». La madre non gli spiega perché, ma gli dice che esistono persone cattive. Cioè gli dà degli argini entro cui muoversi e poi lo lascia andare.
Nel libro parla del rischio di alcune campagne pubblicitarie come quelle sulla pedofilia. Quali pericoli vede?Se gli adulti appaiono come orchi si continua a separare il loro mondo da quello dei bimbi. Così il piccolo diventa un idolo, che alla fine rimane solo, senza rapporti: i grandi vedono i bambini come un fardello a cui bisogna dare senza ricevere, mentre nei piccoli si introduce un sospetto sull’adulto. Oggi bisogna muoversi al contrario, riavvicinando due mondi che hanno assoluto bisogno di dare e ricevere l’uno all’altro.
Lei scrive che aumenta l’intelligenza teorica delle nuove generazioni, mentre il pensiero pratico sta regredendo. Da dove deriva questa separazione?Vedo tantissimi pazienti colti, bravissimi professionisti, ma assolutamente fragili nei rapporti, incapaci di gestirli. Come mai? Il bambino per crescere deve essere abituato a un lavoro continuo di costruzione di sé, di cambiamento di fronte all’altro, di accettazione del bene o di rifiuto del male. Se i genitori non hanno fatto questo lavoro continuo, se non hanno fatto squadra, anche nelle difficoltà, per costruire qualcosa, il figlio non sarà capace di fare altrettanto.
Nel suo libro spiega che spesso si parla ai figli senza tener conto del peso delle parole, che i genitori li sgridano senza mai confermarli, si irrigidiscono in un ruolo… Come riparare a questi sbagli che possono segnare i figli?Siamo madri e padri, ma siamo innanzitutto uomini e donne e questo non va nascosto ai figli. Siamo esseri umani che sbagliano, hanno sbagliato, hanno delle passioni. La bussola per muoversi è la riflessione su di sé e sull’altro. Il far spazio a ciò che accade, a ciò che i figli ci dicono, lasciandoci interrogare. La tristezza in questo senso è un aiuto. Quando si introduce nel rapporto significa che c’è qualcosa che non andava, è quindi un bene che arrivi. Cosa fare? Attendere con pazienza e pensare a come cambiare, ricreare, riprovare in un altro modo. Siccome poi il rapporto di reciproca crescita è drammatico, si può anche arrivare a capire, come dicevo prima, che per un po’ è meglio che il figlio si riferisca ad altri. I veri genitori sono anche capaci di dire: «Vai, se serve, purché tu sia felice!». E qui si capisce come l’amore non sia un sentimento. Si può continuare a ripetere: ”Ti voglio bene”, come è giusto fare, ma servono anche i fatti. L’amore non è un enunciato generico, è un rapporto di dipendenza e di scambio reciproco, di errori e riprese, soprattutto fra i coniugi. E l’amore non si dice soltanto, si deve vivere: i bambini non imparano l’italiano se facciamo loro delle lezioni, ma se la mamma e il papà lo parlano fra loro e con lui.
Molti figli oggi sono in difficoltà perché non hanno davanti padri e madri come quelli che riporta a modello. Che risorse hanno?
Tutti, anche chi ha avuto bravi genitori, a un certo punto abbiamo cercato madri e padri spirituali che ci hanno sostenuto, consigliato. A volte guardiamo più a loro che ai genitori biologici. Anzi spesso sono i padri spirituali a farci riabbracciare anche quelli biologici. Ai ragazzi dico che devono cercare padri e madri, a scuola, al lavoro, dappertutto. Esistono.
di Benedetta Frigerio
Fonte: tempi.it

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La manifestazione a Roma
di Gianfranco Amato

Piazza Santi Apostoli 11 gennaio 2014. Più di quattromila persone gremiscono lo spazio lungo e sottile antistante alla celebre Basilica romana dedicata ai dodici discepoli di Nostro Signore. Sono lì ad una manifestazione organizzata da La Manif pour tous Italia per dimostrare in favore del diritto di parola, in difesa della famiglia naturale, contro un’inesistente emergenza omofobia, contro la propaganda omosessualista e contro l’imposizione di un’ideologia gender di stato. Ci sono giovani, donne, anziani, famiglie con bambini, sacerdoti. Un popolo per rivendicare, in nome della libertà, i diritti garantiti dagli articoli 19, 21, 29 e 30 della Costituzione della repubblica italiana.

Non mancano autorevoli esponenti della politica italiana e noti parlamentari, tra cui i senatori Carlo Giovanardi, Maurizio Gasparri, Lucio Malan e gli onorevoli Eugenia Roccella e Gian Luigi Gigli. Presenti anche numerosi giornalisti delle principali testate nazionale, gli inviati dell’ANSA e alcuni intervistatori radiotelevisivi delle principali reti nazionali ed internazionali (da Radio Vaticana a La Voce di Russia, l’ex Radio Mosca). Si tratta, indubbiamente, di un’importate kermesse, degna di cronaca.

L’aspetto surreale è come un simile evento sia potuto letteralmente scomparire dalla cronaca.Chi avesse voluto reperirne traccia nei quotidiani del giorno dopo, si sarebbe trovato davanti ad una sorpresa. Di Piazza Santi Apostoli nessuna menzione, giacché lo spazio mediatico sul tema era dedicato ad altre notizie.Il Corriere della Sera, primo giornale d’Italia, dava ad esempio grande rilievo ad un articolo intitolato "Sicilia, mutui agevolati alle coppie gay"; sottotitolo: "Crocetta: «Svolta storica, siamo i primi in Italia»". Lo storico quotidiano romano, Il Messaggero, nella pagina internazionale pubblicava l’articolo intitolato "Obama: «Matrimoni gay dello Utah saranno riconosciuti a livello federale" (sottotitolo: "L’amministrazione Obama prende posizione nella battaglia legale per i matrimoni gay nello Utah, affermando che il governo federale riconoscerà le oltre 1300 nozze già celebrate anche se lo stato non intende farlo"). Mentre nella cronaca dedicata alla Città Eterna, lo stesso giornale metteva in prima pagina la notizia del corteo che il giorno prima aveva sfilato alla Magliana dietro lo striscione «Ciao Daniele, non ti dimenticheremo», per ricordare il giovane omosessuale trovato ucciso. Sempre Il Messaggero precisava che quella la marcia era «stata promossa dalle associazioni gay ed Lgbt» ed «ha visto riunirsi in strada circa trecento persone». Si dava anche notizia del fatto che «sul luogo dell’omicidio sono stati deposti fiori da Vladimir Luxuria, Imma Battaglia, Fabrizio Marrazzo (Gay Center) e Aurelio Mancuso (Equality)».

La manifestazione a Roma

Leggendo i quotidiani nazionali di domenica 12 gennaio 2014 si scopre in realtà che la notizia del giorno relativa alla Capitale è proprio la marcia in memoria dell’omosessuale assassinato. Il Corriere della Sera titola: "«Ciao Daniele» Corteo, lacrime e applausi per gay ucciso". Non è da meno La Repubblica: "Magliana, fiaccolata per Daniele il gay ucciso in via Pescaglia". Il giornale di Largo Fochetti precisa che «il corteo, scortato da polizia e carabinieri, è stato molto partecipato», e che «un lungo applauso è risuonato in strada quando i manifestanti hanno incrociato via Pieve Fosciana, dove abitava il giovane parrucchiere che nelle ore libere faceva volontariato al Gay Center, assistendo le vittime di aggressioni omofobe».
La notizia viene riportata da tutti i giornali, compresi ovviamente quelli di centrodestra. Libero, infatti, così titola il pezzo dedicato alla marcia dei trecento: "Roma: omicidio gay, alla Magliana manifestazione in ricordo vittima". Il quotidiano diretto da Maurizio Belpietro riportava anche stralci di dichiarazioni rilasciate da Maurizio Veloccia, presidente del Municipio Roma XI e partecipante alla manifestazione: «Di fronte ad episodi come questi deve essere ancora più grande l'impegno di tutti, istituzioni in primis, per contrastare i fenomeni di emarginazione e stringere, ancora di più, le maglie del tessuto sociale del territorio, mettendo in campo iniziative ed azioni concrete; è nostra intenzione intitolare a Daniele il nuovo Parco che sta nascendo a Magliana, sulla Golena del Tevere, per mantenere vivo il suo ricordo».

Potremmo andare avanti elencando quasi tutte le principali testate italiane. Ora, quello che davvero appare inquietante è che della manifestazione di Piazza Santi Apostoli non vi sia traccia mediatica. Ad onor del vero, una eccezione va segnalata. Si tratta del quotidiano Il Tempo, che ha avuto il coraggio di riportare la notizia titolando: "Quattromila a Santi Apostoli in difesa della famiglia naturale".
C’è qualcosa di inquietante nelle scelte editoriali di domenica 12 gennaio 2014, per cui si è dato un ampio risalto ai trecento del corteo della Magliana contro l’omofobia, e si è mantenuto un silenzio assoluto sui quattromila manifestanti di Piazza Santi Apostoli. Ma forse un motivo per questo strano atteggiamento giornalistico esiste ed è alquanto evidente. A Piazza Santi Apostoli, infatti, si è parlato liberamente di «famiglia tradizionale», di «adozioni gay», della «sterilità» fisiologica delle coppie omosessuali, di «famiglia naturale», e così via. Si tratta di espressioni tutte tassativamente vietate dalle famigerate Linee guida per una comunicazione rispettosa delle persone LGBT emanate dall’U.N.A.R., il nuovo MinCulPop repubblicano del XXI secolo.(clicca qui)

L’idea di infrangere tali disposizioni, ed il rischio di un eventuale deferimento all’Ordine dei giornalisti, ha evidentemente fatto desistere i numerosi professionisti della comunicazione presenti alla manifestazione. Meglio ignorare l’evento. Così apprendiamo che le linee guida sono già pienamente operative, non foss’altro che per l’indubbio effetto di moral suasion nei confronti di giornalisti che tengono famiglia. Qualcuno avvisi la redazione de Il Tempo.

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