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domenica 1 aprile 2012

Cristo morto ...

PER Amore ...solo per amore.


Grazie Gesù.
Dal vangelo di Marco (15,33-39)
            Venuto mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio. Alle tre Gesù gridò con voce forte: Eloì, Eloì, lemà sabactàni?, che significa: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Alcuni dei presenti, udito ciò, dicevano: «Ecco, chiama Elia!». Uno corse a inzuppare di aceto una spu­gna e, postala su una canna, gli dava da bere, dicendo: «Aspettate, vediamo se viene Elia a toglierlo dalla croce». Ma Gesù, dando un forte grido, spirò.
Il velo del tempio si squarciò in due, dall'alto in basso.
Allora il centurione che gli stava di fronte, vistolo spirare in quel modo, disse: «Veramente quest'uomo era Figlio di Dio!».

cristo-morto-Andrea Mantegna (150 d.c.)


È proprio amore Dal sito del Gruppo “Spiritualità e Ricerche” (SPERI)

SAN LORENZO

 Centro di spiritualità francescana- San Lorenzo Vicenza QUì



 Quel CRISTO morto  per me, per te ...  per tutti noi !
 Disgraziato e pure graziato. Il dispetto di Dio (omelia per la Settimana Santa)
 Chi è per noi Gesù di Nazareth


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Nota introduttiva sul Vangelo di Marco (15,33-39)

(Letto sul blog della Comunità di Sant’Agata comunità dei Padri Sacramentini,

che vivono nella  spiritualità di San Pier Giuliano Eymard, purtroppo non più in aggiornamento)

            “La croce, scandalo e follia…”
            Riportiamo alcune affermazione di Celso, filosofo pagano, di fronte al Cristo della croce, una reazione che è davvero quella della sapienza umana che giudica la croce stoltezza e follia (cfr 1 Cor 1,20-25)
            “Che ha fatto Gesù di veramente grande come Dio? Ho disprezzato forse gli umani nemici, si è preso gioco di loro e ha volto a scherzo ciò che gli era accaduto?”
            “Come mai, se non allora, almeno adesso non rende manifesta la sua divinità e non si libera da questa vergogna (passione e croce) e non fa giustizia di quelli che hanno oltraggiato lui e il padre suo?!
            “Quale dio, a quale demonio, o quale uomo intelligente, prevedendo che dovevano capitargli tali cose (le sofferenze della passione) non avrebbe fatto tutto il possibile per sfuggirle e si sarebbe lasciato sorprendere dalla sofferenza che aveva previsto?”
            “E’ forse convincente il suo grido sulla croce quando stava per spirare e il terremoto e le tenebre sopraggiunte? Quando era vivo non fu capace di badare a se stesso e da morto egli invece è riuscito a risorgere mostrando i segni della sua passione e le mani trafitte dai chiodi. Ma chi li ha visti? Una donna isterica, e qualche altro della sua cricca, forse un visionario per partito preso, oppure un sognatore che traduceva in realtà l’oggetto del suo desiderio, oppure un mistificatore che voleva ingannare gli altri con questa storia prodigiosa.”
            “Gesù avrebbe dovuto apparire a quegli stessi che l’avevano oltraggiato e a quello che lo aveva condannato”
            “Quand’anche i profeti avessero predetto che il grande Dio, per non dire nulla di più offensivo, avrebbe dovuto patire la schiavitù, o essere infermo o andare incontro alla morte, sarebbe stato proprio necessario che questo Dio patisse la morto perché dopo morto si potesse credere che era un Dio? Ma neanche i profeti avrebbero potuto prevedere questo: perché questa è una cosa cattiva ed empia. Pertanto non si deve stare a guardare se l’hanno predetto o no, ma se il fatto è degno di Dio ed è bello. Ora come si può definire buono che tali cose siano state sofferte da Gesù e da un Dio?”
            “I predicatori che dicono tali cose intorno a Gesù hanno solo la possibilità di convincere gente sempliciotta, volgare e stupida, connette e giovincelli”:

Parole da sottolineare

            “…mezzogiorno, si fece buio fino alle tre…”: le tenebre durano tre ore, come tre giorni di buio precedettero l’uscita di Israele dall’Egitto. Adesso la terra di schiavitù è la “terra promessa”, ma la morte di Gesù annuncia liberazione per tutti gli oppressi. Gesù sulla croce è la nuova norma del giudizio: essere in suo favore o contro di lui decide il destino di ognuno.
            “Eloì, Eloì, lemà sabactàni”: Il lamento di Gesù fa sue le parole del salmo 22, mostrando nello stesso tempo la sua adesione incondizionata e fiduciosa in Dio e il suo stato di abbandono. Non è un grido di disperazione ma una confessione di fede, pur nella sofferenza estrema, in colui che resta l’unica presenza cui rivolgersi.
            “Ecco, chiama Elia!”: Secondo la dottrina degli scribi Elia doveva precedere la venuta del Messia e prepararne il trionfo. I presenti vedono o pretendono di vedere in quel grido la confessione del suo fallimento e il desiderio di essere liberato dal supplizio.
            “di aceto una spu­gna”: l’aceto esprime l’odio e sottolinea la mancanza di misericordia e di umanità. Ci si prende burla di Gesù per dimostrargli che nessuno lo difende, che Dio lo ha abbandonato.
            “spirò”: Marco non usa la parola “morte”, che denota passività ed inevitabilità. Gesù non si spegne nel supplizio e nella debolezza; la sua morte è il momento culminante della sua vita e della sua pienezza; il verbo “spirare” è vicino a “spirito” e significa “esalare lo spirito: la morte è il momento nel quale Gesù effonde il suo Spirito sugli uomini.
            “Il velo del tempio si squarciò in due, dall'alto in basso”: Questa manifestazione di Dio in Gesù invalida l’antico santuario. Dio non vincolato ad alcun luogo, ma solo all’Uomo-Dio e, con lui, ad ogni uomo che riceve lo Spirito. Dio era rimasto sempre nascosto (tenda), ora, per la prima volta, si squarcia il velo: ciò che Dio è si manifesta in Gesù.
            “il centurione … disse: «Veramente quest'uomo era Figlio di Dio!»”: Solo un pagano, il centurione, reagisce positivamente di fronte a quella morte, riconoscendo nell’uomo Gesù la divinità. Per i Giudei la morte era sconfitta e dimostrava la falsità delle pretese di Gesù; per questo pagano, invece, quella morte dimostra che in Gesù c’era la vita di Dio stesso. Adesso, finalmente, il segreto. nascosto per tutto il vangelo, è svelato. Adesso sappiamo davvero che Gesù è Figlio di Dio!

Riflessione

  Lo strappo dell’inutile velo
            Il luogo più sacro del tempio, là dove risiedeva la presenza dell’Altissimo segnata dall’arca dell’alleanza, era separato dallo spazio riservato al popolo e da quello riservato si sacerdoti, da una tenda. Era la parte più misteriosa ed inaccessibile del santuario.
Pensata forse (Es 26,33; 40,31) per proteggere e custodire la preziosa presenza della divinità – così come nelle nostre case custodiamo gelosamente le cose di valore – la tenda aveva finito per diventare barriera inaccessibile e per provocare nella sensibilità e nella religiosa del popolo la consapevolezza di un Dio fuori dalla vita e dalla storia. Un pezzo di cielo dentro alla terra, ma pur sempre, credo, straordinario fin che si vuole ma che non “sporcava” con la terra.
            E così Dio era diventato il Dio totalmente altro, ma anche totalmente fuori. Un po’ alla volta la tenda era  stata sostituita, nella mentalità della cultura religiosa, da un muro che rendeva possibile da una parte, la sterilità dei riti e del culto, gesti che non avevano nulla a che fare con la vita, compiuti nel tempio solo per dovere e per soddisfare le esigenze stravaganti di un Dio che si accontentava di lunghe preghiere, di incensi e di sacrifici e, dall’altra, la sensazione che l’uomo fosse abbandonato in preda alle proprie sofferenze, ai disagi, alle angherie che subiva… senza che Dio avesse nulla da dire e nulla da fare per manifestare all’uomo interesse e misericordia.
Dio di là della tenda e l’uomo di qua… nell’impossibilità di una relazione vitale e liberante.
            Al momento della morte di Gesù si straccio l’ormai inutile velo del tempio: Dio si rivela in Gesù. L’inaccessibile diventa visibile e il totalmente altro si confonde con la storia dei più umili e dei più disperati.
Adesso sappiamo che Dio è amore, è passione per la vita, è condivisione con le nostre anche povere e sofferte situazioni.
Adesso sappiamo che Dio non è fuori ma dentro, dalla parte dell’uomo e della sua vicenda.
Ma adesso anche sappiamo che è finito il tempo della divisione tra sacro e profano e tutto l’umano è invaso dalla sacralità della presenza di Dio.
Adesso sappiamo che Dio torna a percorrere i sentieri degli uomini – come faceva nell’Eden – e a condividere anche i percorsi più sofferti e drammatici.
Adesso sappiamo che la nostra storia sta davvero a cuore a Dio, a quel Dio che in Gesù Cristo ha voluto condividere fino in fondo la nostra condizione.
Adesso è chiaro che il vero santuario è in quel Figlio dell’Uomo – immagine e vocazione di ogni uomo -: è Lui la sede della presenza divino e il suo corpo, squarciato sulla croce, manifesta il vero volto di Dio.
            Da quel momento cercare Dio è cercare il volto dell’uomo,di ogni uomo per riconoscere in lui i lineamenti e i tratti della divinità.
Da quel momento sappiamo che anche gli spazi più tristi, anche le amarezze più sconvolgenti, anche i cammini più tortuosi là dove, come il Cristo in croce, ci sembra di esperimentare la maledizione di Dio e il suo silenzio… sono invece spazio e luogo del suo manifestarsi.
            E… desistiamo dalla tentazione di ricucire lo strappo, di ricollocare la presenza di Dio al di là e al di fuori; desistiamo dalla tentazione di ricostruire spazi privilegiati di presenza: Lui ha voluto (“dall’alto”) abitare tutta la storia e di tutti gli uomini.

            “Quest’uomo era davvero il Figlio di Dio”
            Nel corso della lettura del vangelo di Marco abbiamo più volte accolto il grande interrogativo che sottende tutta la narrazione: “Ma chi è mai costui?”
E’ la domanda che i discepoli, la gente, i potenti e i piccoli si pongono di fronte ai gesti e alle parole di Gesù. Qualcuno l’ha intuito (Pietro), qualcuno ha detto di sapere (i demoni scacciati)… ma i più hanno manifestato incomprensione ed incapacità di collocare la figura di Gesù dentro qualche schema di conoscenza. Stupore, meraviglia, domande senza risposta, sorpresa… tutto questo ha provocato Gesù ma la domanda sulla sua identità è rimasta tale senza trovare una risposta che esprimesse consapevolezza e chiarezza di comprensione.
            Adesso, sotto la croce, di fronte al un condannato a morte, il centurione romane esclama: “Questi è davvero il Figlio di Dio!”. Il mistero è finalmente svelato ed è svelato da un pagano.
E’ sorprendete che Marco abbia messo in bocca ad un pagano l’espressione più alta del suo vangelo, la rivelazione di quel “segreto messianico” che dall’inizio aveva accompagnato tutta l’attività di Gesù.
            E’ il primo grande frutto dello strappo del velo. Se prima i pagani erano esclusi dalla possibilità di conoscere Dio, per loro non c’era salvezza, se prima per loro c’erano i divieti di accesso al tempio… adesso anche per loro, nel nuovo santuario che è Gesù, c’è la possibilità di conoscere la verità e la forza dell’amore che Dio manifesta verso tutti gli uomini.
            Ma che cosa avrà mai visto questo centurione da rendergli possibile questa affermazione? Lui che ne ha visti tanti condannati morire, lui abituato a vedere esecuzioni… cosa avrà colto di tanto straordinario da renderla capace di dire ciò che nessuno ha mai detto, neppure di fronte ai grandi segni che Gesù aveva posto in precedenza?
            Ha visto un uomo capace di risposte d’amore anche verso chi lo ha assassinato.
            Ha visto l’amore realizzato e portato a compimento in un uomo che, violentato e defraudato di tutto, anche della dignità, non ha mai smesso di amore e ha concluso: “solo Dio può amare così!”
            Siamo arrivati all’apice del Vangelo. In questa affermazione del centurione tutto si fa chiaro: quel volto di Dio fino ad allora chiuso e tenuto nascosto, imbarazzante nel suo silenzio e nella sua lontananza, adesso si fa chiaro: è volto di amore, di dono e di perdono. Ed è questo il linguaggio di Dio, un linguaggio che tutti possono capire.
            Adesso sappiano che ogni gesto di amore è rivelazione di Dio, che ogni generoso affacciarsi sulla vita dei piccoli e dei poveri, degli esclusi e degli emarginati è manifestazione del divino che invade l’umano.
            Adesso sappiamo che non occorre cercare Dio chissà dove e chissà attraverso quali percorsi… ma che lo dobbiamo cercare in scelte di generosità, di misericordia e di condivisione.
            Adesso sappiamo che se, come cristiani e come chiesa, parliamo il linguaggio dell’amore, saremo capiti da tutti.


Preghiera

La tua croce, a Cristo Gesù,
è la fonte della speranza,
è la sorgente della nostra salvezza.
Il velo del tempio squarciato dalla tua morte
è la testimonianza che tu sei vicino a noi
e che nell’infinito tuo amore crocifisso
il cielo e la terra si sono uniti.
Ora, o Dio vicino, non dobbiamo cercarti
negli strepitosi miracoli:
sarebbe illusorio;
non dobbiamo cercarti
fra le stelle del cielo:
sarebbe fuorviante.
Donaci piuttosto, o Signore,
la forza di cercarti e di riconoscerti
nel buio della croce.
E’ solo lì che tu ti fai presente,
è solo nel dolore crocifisso e offerto
che tu semini in noi
la tua vita nuova,
la tua vita eterna,
la tua vita…
che sa già di risurrezione.

Per la revisione di vita

            * Vivo la mia esistenza consapevole che è abitata dalla presenza del Signore, che Lui condivide i miei percorsi, anche quelli della fatica e del dolore?
            * So parlare quel linguaggio che tutti possono capire, il linguaggio dell’amore, aprendomi ogni giorno ai gesti di dono e di attenzione ai fratelli?
            * So riconoscere in ogni gesto di bontà, anche quando è posto da gente che non conosce o che appartiene ad altre culture o ad altre religioni, che lì davvero è il Signore che si manifesta?


Preghiera (Comunità di Bose)





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