E. Bianchi Il libro dei salmi nella liturgia della chiesa
Eremo di Lecceto, 8 settembre 2014
Assemblea del Clero diocesano di Firenze
Il libro dei Salmi possiede una sua grazia meritevole di particolare attenzione: … riporta impressi e scritti i moti di ciascuna anima e il modo con il quale essa cambia e si corregge, affinché chi è inesperto, se vuole, possa trovare e vedere come un’immagine di tutto questo nel Salterio e plasmare se stesso come là è scritto (1).
Nella liturgia e con la liturgia, l’intelligenza dei Salmi cresce in un progresso senza fine. La celebrazione stessa consente lo sviluppo della loro grandiosità, polivalenza, profondità e vitalità (2).
Introduzione
Ringrazio il cardinale Giuseppe Betori per l’invito rivoltomi a tenere una meditazione nell’ambito dell’assemblea del Clero diocesano di Firenze, all’inizio dell’anno pastorale. Sono lieto di essere in mezzo a voi per trattare un tema che mi sta particolarmente a cuore, visto il mio amore per il Salterio e l’incessante ricerca che ho condotto su questo libro lungo tutta la mia vita. Affrontare il tema «Il libro dei Salmi nella liturgia della chiesa» richiede innanzitutto di assumere una semplice ma decisiva consapevolezza. Alludo al fatto che per la fede ebraico-cristiana il rapporto tra la Scrittura contenente la Parola di Dio (cf. Dei Verbum 24) e la liturgia è, per così dire, «fontale». Scriveva quasi settant’anni fa il teologo Louis Bouyer con parole che oggi, abituati come siamo alla specializzazione dei vari ambiti di ricerca, probabilmente ci stupiscono:
Se si vuole comprendere la liturgia occorre comprendere la Bibbia. Che lo si voglia o no, in effetti, studiare la liturgia è studiare la Bibbia, perché la liturgia è ancora la Bibbia … Non si gusta né si comprende più la liturgia perché non si gusta e non si comprende più la Bibbia. Ma a sua volta la Bibbia non è più gustata né compresa perché l’esegesi spirituale è misconosciuta e, più ancora, sconosciuta (3).
Questa intuizione sintetica si basa su una verità che non bisognerebbe mai dimenticare (4): Bibbia e liturgia sono legate nella loro stessa genesi, che è l’azione salvifica di Dio nella storia;la Scrittura ne è l’interpretazione, la liturgia ne è la celebrazione-proclamazione. Che ne sarebbe dell’evento se, pure interpretato, cioè diventato parola, non fosse celebrato dal popolo in una liturgia, diventando così un memoriale dell’azione di salvezza compiuta da Dio? LaParola di Dio tende di per se stessa verso l’azione liturgica e la liturgia procedente dalla Parola è l’atto in cui si rivela la presenza divina, è il luogo in cui Dio si manifesta al suo popolo e stringe alleanza con lui. Sì, «la Parola di Dio si fa celebrazione e la celebrazione null’altro è che la Parola di Dio attualizzata nel massimo dei modi» (5).
Se da questa ottica generale ci avviciniamo al Salterio, «il libro in cui la Parola di Dio diventa preghiera dell’uomo» (6), emerge un’istanza fondamentale, che sta davanti a noi come un cammino ancora in larga parte inesplorato: quello dell’esegesi liturgica dei Salmi (7). C’è infatti un modo privilegiato di intendere il Salterio che si radica nell’uso che di esso fa la liturgia. Ciò non esclude la possibilità dell’interpretazione storica, letteraria, simbolica, antropologica, ecc. del Salterio, vie molto battute, e con buoni risultati, nell’ultimo secolo. Si tratta però di cogliere con l’intelligenza illuminata dalla fede la centralità, per una lettura credente dei Salmi, della loro esegesi liturgica. E questo a partire da domande molto semplici: come un determinato Salmo va interpretato all’interno di una particolare celebrazione liturgica? Quali significati riveste, volta per volta, nei diversi tempi liturgici in cui è utilizzato? Senza dimenticare che questo approccio risponde anche a un’onesta adesione alla realtà: la maggior parte dei cristiani, infatti, si avvicina ai Salmi solo in occasione della liturgia, in particolare della liturgia eucaristica (8), e in tale contesto deve dunque trovare in essi alimento per nutrire la propria fede.
Tenendo presente questa cornice di fondo, articolerò la mia meditazione come segue:
- Il senso dell’uso dei Salmi nella liturgia cristiana.
- I Salmi nella liturgia delle ore.
- Il Salmo responsoriale nella liturgia eucaristica.
- Conclusione: abbozzo di esegesi liturgica di un Salmo.
1. Il senso dell’uso dei Salmi nella liturgia cristiana
Va innanzitutto precisato che nell’esperienza di preghiera di Israele i Salmi sono sorti proprio in ambito liturgico:
I Salmi non sono stati scritti e poi cantati, ma al contrario: sono stati prima cantati a lungo nella liturgia d’Israele e infine messi per iscritto … Vi è dunque tutta una preistoria del Salterio che per noi rimane oscura e difficilmente rintracciabile, com’è il caso di ogni preghiera liturgica (9).
Nel corso dei secoli, poi, i Salmi sono stati utilizzati dagli ebrei nel culto (10). Tale uso ha lasciato tracce nelle indicazioni che si trovano all’inizio della maggior parte di essi, annotazioni spesso per noi di difficile interpretazione. Sono infatti soprascritte di ordine musicale e liturgico, che a volte pretendono di essere indicazioni di autore, altre volte si riferiscono a strumenti che accompagnavano la musica. A tutto ciò va aggiunta la presenza di acclamazioni di tono liturgico o responsoriale, collocate in punti precisi dei singoli Salmi. D’altra parte, anche se sono indiscutibili le allusioni presenti nei Salmi ad alcune feste liturgiche, a pratiche sacrificali, alle benedizioni, resta vero che l’uso dei Salmi nella liturgia del primo e del secondo tempio è estremamente ipotetico e la sua ricostruzione si basa su fonti rabbiniche molto tarde. Quanto alla pratica sinagogale, essa cercò progressivamente di riservare più spazio al Salterio; a tutt’oggi però ilSiddur, il libro quotidiano di preghiera, cita solo sessantasette Salmi (11).
Per quanto concerne la liturgia cristiana, occorre osservare che fin dalle origini la chiesa ha pregato i Salmi innanzitutto perché essi sono stati la preghiera di Cristo stesso. Gesù li ha pregati nell’assemblea liturgica del suo popolo e li ha ruminati nel suo colloquio segreto con il Padre; grazie a essi ha saputo discernere la volontà del Padre su di lui e trovare luce per la sua missione. Quale ebreo fedele, Gesù ha avuto una tale familiarità con i Salmi che li ha citati nel suo insegnamento e nella sua preghiera più di ogni altro testo della Scrittura. Non ha forse detto il Risorto agli undici: «Bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi» (Lc 24,44)? Il Cristo Signore è il punto di convergenza e la sintesi di tutta la Scrittura e più che mai, per l’uso e la testimonianza di Gesù stesso, il compimento e l’esegesi dei Salmi (12). I Salmi sono dunque preghiera di Cristo, ma del Christus totus, il Cristo totale, poiché in essi pregano la testa e le membra, il capo che è Cristo e il corpo che è la chiesa (cf. Ef 1,22-23; Col 1,18) (13). Vale qui la pena di citare due testi patristici determinanti nel fondare questa consapevolezza (ottimamente espressa anche nei Principi e norme per la liturgia delle ore (14) (108-109):
Occorre comprendere ciò che è detto nei Salmi seguendo la predicazione evangelica. Qualunque sia la persona in cui lo Spirito di profezia ha parlato, tutto ciò che è stato detto ha per scopo la conoscenza della venuta del Signore nostro Gesù Cristo, della sua incarnazione, della sua passione e del suo Regno, e si riferisce alla gloria e alla potenza della nostra resurrezione (15).
Quando parliamo a Dio nella preghiera, non dobbiamo separare da lui il Figlio. E quando prega il corpo del Figlio, la sua testa (caput) non si separa da lui; per cui la stessa persona, l’unico Salvatore del suo corpo, il Signore nostro Gesù Cristo, Figlio di Dio, è colui che prega per noi, che prega in noi e che è pregato da noi. Prega per noi come nostro sacerdote; prega in noi come nostro capo (caput); è pregato da noi come nostro Dio. Riconosciamo dunque in lui la nostra voce, e in noi la sua voce (16).
Il cristiano che prega i Salmi per Cristo, con Cristo e in Cristo vede così diventare sempre più preghiera sua la preghiera di Cristo, e vox sua la vox Christi; egli impara ad avere in sé sempre di più lo stesso sentire che fu in Cristo Gesù (cf. Fil 2,5), crescendo verso la statura di Cristo (cf. Ef 4,13), di lui che è il cantator psalmorum per eccellenza.
La chiesa, inoltre, prega i Salmi perché essi sono stati la preghiera quotidiana degli apostoli e degli autori del Nuovo Testamento, che soprattutto in essi hanno riconosciuto la profezia degli eventi della passione, morte e resurrezione del Messia Gesù Cristo; senza dimenticare che questi testi furono ben presto usati nelle assemblee liturgiche cristiane come profezia del mistero di Cristo. Non è questo il luogo per soffermarci sull’evoluzione dell’uso dei Salmi nelle diverse liturgie cristiane lungo i secoli, nell’ambito rispettivamente della liturgia cattedrale e di quella monastica (17). Ricordo solo che nei primi due secoli i Salmi erano probabilmente usati nelle assemblee essenzialmente nella lettura pubblica, alla stregua degli altri libri biblici, il che costituisce un’innovazione cristiana (18) (in seguito probabilmente mutuata anche dalla liturgia sinagogale). Nel II secolo abbiamo tracce di una loro utilizzazione sia per i bisogni dell’apologetica e della predicazione sia per la preghiera personale. A partire dal III secolo il Salterio si impone come libro di base della preghiera liturgica dei cristiani. I Salmi vengono generalmente eseguiti in maniera responsoriale: un solista modula il testo e l’assemblea risponde servendosi di un versetto tratto dal Salmo stesso. Nei secoli IV e V si assiste al fiorire di numerosi commentari patristici al Salterio, divenuti dei veri e propri classici: Ilario di Poitiers, Basilio di Cesarea, Giovanni Crisostomo, Agostino di Ippona, per citare solo i nomi più famosi. Viene poi il turno della ripartizione dei Salmi nell’ufficio divino attuata da Benedetto nella sua Regola, impostasi in seguito come un riferimento decisivo per tutto il monachesimo occidentale.
Con alterne vicende, che non possiamo qui seguire nel dettaglio, l’uso dei Salmi nella liturgia cristiana ha attraversato i secoli ed è giunto fino a noi. Memore di questa ininterrotta tradizione, chi proclama i Salmi con consapevolezza non è mai solo, ma deve sentirsi in comunione con tutti coloro che li hanno pregati, i santi dell’antica e della nuova alleanza. I Salmi sono preghiera di Israele, testimonianza del dialogo di fede tra il popolo e il suo Dio, sono preghiera di Gesù e sono preghiera della chiesa, anzi di tutte le chiese, preghiera ecumenica per eccellenza che unisce la radice (Israele) e i rami (le chiese; cf. Rm 11,16-24). Per questo la grande tradizione cristiana attesta che il Salterio è una componente irrinunciabile della preghiera della chiesa: comprendiamo dunque perché ancora oggi i Salmi costituiscano l’ossatura della liturgia delle ore, oltre a essere utilizzati in forma responsoriale nella liturgia eucaristica.
Passiamo dunque a considerare separatamente questi due ambiti.
2. I Salmi nella liturgia delle ore (19)
Come entrée en matière vorrei pormi a voce alta una domanda: salmodiare è pregare? Mi riferisco al titolo di un celebre articolo di Adalbert de Vogüé, monaco benedettino e grande studioso del monachesimo occidentale recentemente scomparso (20). De Vogüé rispondeva in modo negativo, fondandosi su alcune testimonianze antiche secondo cui la recitazione dei singoli Salmi era intercalata da un tempo di meditazione silenziosa seguita dall’improvvisazione di un’orazione ad alta voce, la cosiddetta colletta, su cui torneremo tra breve. Dal canto mio sono invece persuaso che il salmodiare sia già pregare. A patto che la modalità di esecuzione dei Salmi consenta una preghiera meditativa, grazie alla quale sia possibile penetrare con tutta la propria persona il significato delle parole che si pronunciano. Detto altrimenti, la vera in posta in gioco riguarda la nostra capacità di salmodiare con sapienza e intelligenza, come richiede il salmista stesso quando esclama in modo invitatorio: «Psallite sapienter» (Sal 46 [47],8).
Prima di ogni ulteriore riflessione ritengo però sia necessario mettere in evidenza un elemento determinante, senza il quale tutto il nostro discorso è inutile. Lo faccio servendomi di un mirabile passo dei Principi:
Chi recita i Salmi nella liturgia delle ore, li recita non tanto a nome proprio quanto a nome di tutto il corpo di Cristo, anzi nella persona di Cristo stesso. Se ciascuno tiene presente questa dottrina, svaniscono le difficoltà, che chi salmeggia potrebbe avvertire per la differenza del suo stato d’animo da quello espresso nel Salmo, come accade quando chi è triste e nell’angoscia incontra un Salmo di giubilo, o, al contrario, è felice e si trova di fronte a un canto di lamentazione. Nella preghiera puramente privata si può evitare questa dissonanza, perché vi è modo di scegliere il Salmo più adatto al proprio stato d’animo. Nell’ufficio divino, invece, si ha un determinato ciclo di Salmi valevole per tutta la comunità ed eseguito non a titolo personale, ma a nome di tutta la chiesa … E così la fragilità umana, ferita dall’amor proprio, viene risanata nella misura di quella carità per la quale la mente concorda con la voce che salmeggia (quo mens voci psallenti concordet) (21).
Quest’ultima affermazione parafrasa un passo della Regola di Benedetto a me da sempre molto caro: «Sic stemus ad psallendum ut mens nostra concordet voci nostrae», «salmodiamo in modo tale che la nostra mente concordi con la nostra voce» (22). È un principio fondamentale nella vita di preghiera, anche se noi avremmo la tendenza, soprattutto oggi per la cultura dominante, a capovolgerlo, ritenendo che la voce debba seguire i sentimenti del nostro cuore. Invece questo principio va colto in tutta la sua centralità: è la mente, è il cuore che deve accordarsi con ciò che la voce proclama, non il contrario!
Detto questo, va riconosciuto che quella dei Salmi non è una preghiera facile e la chiesa ha sempre avuto coscienza delle difficoltà che essi comportano. Per questo poco oltre i Principicontinuano: «Tre elementi nella tradizione latina hanno contribuito molto a far comprendere i Salmi e a trasformarli in preghiera cristiana: i titoli, le orazioni dopo i Salmi e soprattutto le antifone» (23). Elementi – sia detto en passant – che in riferimento alla liturgia delle ore post-conciliare sono raccolti in un indice molto utile curato da due liturgisti spagnoli, dal titolo significativo di Psalterium liturgicum (24).
Quanto ai titoli, nell’ultima edizione dell’ufficio divino viene definito in questo modo un breve enunciato che sintetizza il genere letterario del Salmo. È un’indicazione che consente una prima possibilità di comprensione del testo oggetto della preghiera: è evidente che una cosa è recitare un Salmo di lode, un’altra è recitare una supplica, un’altra ancora un componimento di carattere sapienziale, e si potrebbe continuare… Immediatamente sotto a questi titoli vi è «una sentenza del Nuovo Testamento o dei Padri che invita a pregare in senso cristologico» (25), la quale all’occorrenza può essere utilizzata anche come antifona (26). Al riguardo occorre ricordare anche i cosiddetti tituli psalmorum, cioè delle brevi frasi elaborate lungo i secoli nella tradizione della chiesa latina allo scopo di fornire una chiave interpretativa globale del Salmo (27). Sono convinto che la loro riscoperta e il loro utilizzo consentirebbe un notevole ampliamento dell’intelligenza del Salterio, permettendo ai credenti di approfondire volta per volta il senso cristologico, teologico, ecclesiale o parenetico dei singoli Salmi.
Un altro strumento per la comprensione liturgica dei Salmi sono le orazioni o collette salmiche, ovvero preghiere che seguivano la recitazione del Salmo e con cui il presidente dell’assemblea raccoglieva (colligere, da cui collecta) le intenzioni dei presenti, ispirandosi al linguaggio e ai temi del Salmo. Questo uso antichissimo, già attestato da Cassiano nella sua descrizione della preghiera comune dei monaci egiziani (28), ha dato origine a delle vere e proprie «perle», ispirate ai commenti patristici del Salterio e, di conseguenza, espressione del genuino sensus fidei (29). Di queste collette, che nel primo millennio erano utilizzate nella celebrazione della liturgia delle ore (30), all’indomani della riforma liturgica era stata promessa la pubblicazione in unSupplementum ai quattro volumi dell’ufficio divino (31): è auspicabile che ciò avvenga, in modo che i fedeli abbiano accesso a questo utilissimo strumento, almeno in preparazione alla preghiera liturgica.
Quanto alle antifone, che introducono e concludono la recitazione del Salmo, esse sono tratte dal Salmo stesso, dall’Antico Testamento, dal Nuovo Testamento e in alcuni casi sono di composizione ecclesiastica. Si tratta del mezzo più quotidiano per orientare la preghiera del Salmo, affinché esso sia illuminato dal mistero, dal tempo liturgico, o dalla festa che si celebra. Come scriveva André Rose, che ha studiato con acuta intelligenza il Salterio nell’ambito della tradizione liturgica e patristica, «le antifone situano la preghiera dei Salmi in un’atmosfera neotestamentaria e cristologica: esse mostrano chiaramente come, nell’ufficio divino, il Salterio è meditato nella luce del compimento del mistero di Cristo e della chiesa» (32). Non posso dilungarmi oltre su questo elemento, ma credo che un’adeguata comprensione del senso delle antifone potrebbe aiutare l’orante a mettere in pratica le parole dell’Apostolo: «Psallam spiritu, psallam et mente» (1Cor 14,15).
Vorrei infine notare come un elemento determinante per una preghiera consapevole del Salterio sia la distribuzione dei Salmi nelle varie ore della giornata e a seconda del tempo liturgico. Lungo i secoli due sono stati i principali criteri adottati al riguardo. Il primo consiste nell’attribuire alcuni Salmi fissi a certe ore del giorno: il Sal 62 (63) per la preghiera del mattino, il Sal 140 (141) per quella della sera, i Sal 4, 90 (91), 133 (134) prima del riposo della notte, ecc. Il secondo criterio è quello di una distribuzione dei Salmi secondo un ordine progressivo, dall’1 al 150, in modo da giungere a una lettura integrale del Salterio nell’arco di una settimana (un uso che nella liturgia romana si è di fatto conservato fino al Vaticano II). La riforma conciliare ha scelto alcuni criteri che qui non è possibile analizzare nel dettaglio (33): tra tutti si segnala la ripartizione dei Salmi nell’arco di quattro settimane, al fine di favorire una celebrazione più diffusa e partecipata della liturgia delle ore da parte di tutto il popolo di Dio.
In ogni caso, anche quest’ultimo strumento, come tutti quelli analizzati, ha come scopo di insegnarci a pregare i Salmi con intelligenza. Di ogni comunità cristiana che prega i Salmi pubblicamente si dovrebbe poter dire ciò che la pellegrina Egeria annotava con stupore in riferimento alla liturgia di Gerusalemme del IV secolo:
Questa è la cosa più notevole: fanno in modo che si cantino sempre Salmi e antifone appropriati, … sempre adatti e scelti con logica, in modo da essere pertinenti a quello che si fa (semper ita apti et ita rationabiles, ut ad ipsam rem pertineant, quae agitur) (34).
3. Il Salmo responsoriale nella liturgia eucaristica (35)
All’interno della liturgia eucaristica i Salmi ricorrono (o possono ricorrere) in diverse occasioni: all’introito, durante la presentazione dei doni e al momento della comunione. Ma il canto più antico della messa latina, attestato in tutte le famiglie liturgiche occidentali, è il Salmo responsoriale o graduale, così definito dall’uso di cantarlo da uno dei gradini (gradus) dell’ambone, inferiore a quello da cui si proclamava il Vangelo. Cito solo due tra le innumerevoli testimonianze patristiche che ne parlano:
Dopo le letture … un altro (ministro) salmodierà gli inni di David e il popolo risponderà salmodiando i ritornelli (36).
Abbiamo ora sentito cantare un Salmo e a esso abbiamo risposto con il canto (37).
Tralasciando lo sviluppo storico della pratica del Salmo responsoriale (38), vorrei brevemente riflettere sul suo significato. L’essenziale è già detto nei paragrafi dell’Ordo lectionum missae a esso riservato:
Il Salmo responsoriale, chiamato anche graduale, essendo «parte integrante della liturgia della Parola» (Institutio generalis del Missale Romanum 36) ha grande importanza liturgica e pastorale. Si devono pertanto istruire con cura i fedeli sul modo di accogliere la Parola che Dio rivolge loro nei Salmi e di volgere i Salmi stessi in preghiera della chiesa … Potranno recare un certo aiuto brevi monizioni che illustrino la scelta del Salmo e del ritornello e la loro concordanza tematica con le letture … Il canto del Salmo o anche del solo ritornello è un mezzo assai efficace per approfondire il senso spirituale del Salmo stesso e favorirne la meditazione (39).
Quanto alle modalità pastorali da mettere in atto per dare al Salmo responsoriale il rilievo che esso merita all’interno della liturgia della Parola, non spetta a me fornire consigli puntuali: il testo citato parla di «brevi monizioni», e forse potrebbe essere utile trattarne anche all’interno dell’omelia o della lectio divina comunitaria.
Questi e altri accorgimenti saranno però fruttuosi solo nella misura in cui si comprenda il vero valore di questo Salmo (40). Esso non è semplicemente un testo collocato tra le letture, come se ci fosse bisogno di un brano poetico, nel quale almeno il ritornello è cantato, per separare tra loro le varie pericopi liturgiche. No, il Salmo responsoriale è la risposta con la quale l’assemblea celebrante accoglie la proclamazione della Parola di Dio contenuta nelle Scritture: Dio parla e la comunità dei credenti attesta l’ascolto della sua Parola disponendosi a restituirgliela liturgicamente in forma di preghiera, «poiché con il Salmo i fedeli fanno proprie le parole stesse della Scrittura per esprimere a Dio la loro supplica o la loro azione di grazie» (41).
Inoltre, la posizione in cui questo Salmo è collocato articola tra loro il brano dell’Antico Testamento e quello del Vangelo. Costituendo una sorta di cerniera tra i due Testamenti, il Salmo responsoriale permette di congiungere l’antica alleanza con la nuova, fondata sulla vita, morte e resurrezione di Gesù Cristo. Pregandolo, dovremmo essere in grado di cogliere come esso si è compiuto in Cristo, in particolare nel brano evangelico del giorno: si tratta, ancora una volta, di praticare una lettura del Salmo in Cristo, accogliendo la rivelazione del suo volto a beneficio dell’intera comunità cristiana.
Infine, pur con tutti i limiti legati a una lettura del Salmo fatta per piccoli estratti, il Salmo responsoriale si inserisce a suo modo all’interno della dinamica che attraversa l’intera liturgia eucaristica, quella dell’alleanza: «è il cantico dell’alleanza. Prepara l’alleanza, vi fa accedere, supplica Dio di mantenerci fedeli in essa … Ogni volta che la comunità, pregando questo Salmo, progredisce nell’alleanza, il Salmo compie la sua funzione essenziale» (42).
Conclusione
A mo’ di conclusione del percorso compiuto vorrei abbozzare un esempio di esegesi liturgica di un Salmo. Ho scelto il Sal 50 (51) (43), il Miserere, il più celebre dei sette Salmi penitenziali. Come testimonia la soprascritta (cf. Sal 50,1-2), la tradizione ebraica ha attribuito questo Salmo al re David, ponendolo in relazione con il suo pentimento dopo l’uccisione di Uria, l’adulterio con Betsabea e le parole di giudizio pronunciata su di lui dal profeta Natan (cf. 2Sam 11-12). Più probabilmente si tratta di un testo composto durante il periodo dell’esilio, nel quale converge il pensiero dei profeti sul pentimento e sulla supplica del peccatore, strettamente connessi al perdono donato da Dio. Questi infatti sono i due orizzonti tratteggiati dal Miserere: «la regione tenebrosa del peccato» e «quella luminosa della grazia» (44).
L’antico ufficio romano prevedeva il Sal 50 tutte le mattine alle lodi. La riforma liturgica lo ha collocato come primo Salmo alle lodi del venerdì, giorno in cui la chiesa come corpo e ogni singolo cristiano fanno penitenza in memoria della passione di Cristo. Il sottotitolo previsto dalla liturgia delle ore indica l’attitudine interiore richiesta a chi prega questo Salmo: «Rinnovatevi nello spirito della vostra mente e rivestite l’uomo nuovo» (cf. Ef 4,23-24). Quanto alle varie antifone indicate nelle quattro settimane, tratte dal testo del Salmo, insistono tutte sulla contrizione dell’uomo e sulla sua richiesta di misericordia, come del resto fanno la maggior parte degli antichi tituli: «voce di colui che fa penitenza» (serie II e VI), «confessione del penitente che chiede perdono» (serie III). Da segnalare il fatto che il Sal 50 è utilizzato anche nell’ufficio dei defunti, incorniciato da un’antifona che intravede già la resurrezione: «Exultabunt Domino ossa humiliata» (cf. Sal 50,10). Splendida è la colletta salmica di origine romana, fulgido esempio di come nella preghiera si possa riassumere il movimento complessivo di un Salmo:
O Dio Trinità, Nome ineffabile di misericordia inesauribile,
tu che purifichi dai suoi vizi l’abisso del cuore umano
e lo rendi più bianco della neve (cf. v. 9),
rinnova, ti preghiamo, nei nostri cuori il tuo Spirito santo (cf. vv. 12-13)
grazie al quale possiamo proclamare la tua lode (cf. v. 17).
Così, fortificati mediante uno spirito retto e sovrano(45) (cf. v. 14),
potremo essere riuniti nelle dimore eterne della Gerusalemme (cf. v. 20) celeste.
Quanto alla liturgia eucaristica, il Sal 50 è utilizzato come responsoriale prevalentemente in Quaresima:
- sempre il mercoledì delle ceneri, quale portale d’ingresso a questo tempo di penitenza;
- nella I domenica di Quaresima dell’annata A, come richiesta a Dio di sorreggerci nell’ora della tentazione (cf. Gen 2,7-9; 3,1-7), già vinta per noi da Gesù Cristo (cf. Mt 4,1-11);
- nella V domenica di Quaresima dell’annata B: in questo caso il ritornello scelto – «Crea in me, o Dio, un cuore puro» (v. 12) – invita a pregare il Salmo alla luce della promessa fatta da Dio di scrivere la sua legge nel cuore dell’uomo (cf. Ger 31,31-34)
Infine, il Sal 50 ricorre anche nella XXIV domenica dell’annata C, collegando efficacemente la richiesta fatta da Mosè a Dio di perdonare i peccati del popolo (cf. Es 32,7-11.13-14) con le tre parabole della misericordia pronunciate da Gesù (cf. Lc 15,1-32).
Questa ultima apertura di orizzonte è solo un piccolo e parziale esempio delle enormi potenzialità dell’esegesi liturgica dei Salmi. Pregare il Salterio nella liturgia dovrebbe portarci a comprendere sempre meglio e a meditare con intelligenza questo libro, compagno fedele del nostro cammino umano e cristiano. Così ci potrà essere dato di sperimentare che, parafrasando un adagio di Gregorio Magno, «Psalterium crescit cum psallente ecclesia» (46).
Enzo Bianchi
Priore di Bose
_______________________
(1) Atanasio di Alessandria, Lettera a Marcellino 10 (PG 27,12).
(2) F. M. Arocena, J. A. Goñi, Psalterium liturgicum, Vol. I, Psalmi in missale romano et liturgia horarum, Libreria editrice vaticana, Città del Vaticano 2005, p. XVII.
(3) L. Bouyer, «Liturgie et exégèse spirituelle», in La Maison-Dieu 7 (1946), pp. 27.30.
(4) Ho trattato più estesamente questo argomento in E. Bianchi, «Parola di Dio e liturgia», inOrientamenti pastorali 7-8 (2008), pp. 57-62.
(5) A. M. Triacca ,«Bibbia e liturgia», in Nuovo dizionario di liturgia, a cura di D. Sartore e A. M. Triacca, Paoline, Roma 1984, p. 179. Tutta la voce (pp. 175-197) si segnala per profondità e intelligenza.
(6) Catechismo della chiesa cattolica, Libreria editrice vaticana, Città del Vaticano 1992, n. 2587. Vale la pena di ricordare anche il celebre giudizio di Dietrich Bonhoeffer: «Se la Bibbia contiene anche un libro di preghiere, dobbiamo dedurre che la Parola di Dio non è soltanto quella che egli vuole rivolgere a noi, ma è anche quella che egli vuole sentirsi rivolgere da noi, poiché questa è la parola del suo Figlio amato» (Pregare i Salmi con Cristo, Queriniana, Brescia 1969, p. 68).
(7) Avevo già trattato questo tema in una conferenza, tuttora non pubblicata, tenuta a Camaldoli nel luglio del 1993.
(8) Per la precisione, è stato calcolato che nell’insieme del lezionario domenicale e festivo sono utilizzati in forma responsoriale 81 Salmi, il che corrisponde al 54% del Salterio (cf. L. Deiss, «Le Psaume responsorial», in La Maison-Dieu 166 [1986], pp. 70-71).
(9) A. Mello, I Salmi: un libro per pregare, Qiqajon, Magnano 2007, p. 26. Sul tema si veda più in particolare C. Westermann, Salmi. Generi ed esegesi, Piemme, Casale Monferrato 1990, pp. 11-14.
(10) Sull’uso dei Salmi nella liturgia ebraica è ancora utile consultare A. L. Ricotti, «I Salmi nel culto giudaico», in Bibbia e Oriente 3 (1961), pp. 161-174; É. Beaucamp, «Liturgia e Salmi nelle grandi tappe della storia d’Israele», in Bibbia e Oriente 13 (1971), pp. 9-26. Da ultimo, si veda C. Kessler, «Les Psaumes dans la liturgie juive», in Sources vives 121 (2005), pp. 75-87.
(11) Cf. É. Beaucamp, «Liturgia e Salmi», p. 24.
(12) Sull’interpretazione cristologica dei Salmi si veda lo studio fondamentale, in seguito largamente citato e commentato, di B. Fischer, «Le Christ dans les Psaumes», in La Maison-Dieu27 (1951), pp. 86-113.
(13) Cf. Giovanni Paolo II, Salmi e cantici della prima settimana, Chirico, Napoli 2002, p. 18: «I Padri [affermano] che nei Salmi … è addirittura Cristo a parlare. Dicendo questo, essi non pensavano soltanto alla persona individuale di Gesù, ma al Christus totus, al Cristo totale, formato da Cristo capo e dalle sue membra».
(14) Libreria editrice vaticana, Città del Vaticano 1975 (ora anche in I praenotanda dei nuovi libri liturgici, a cura di A. Donghi, Àncora, Milano 19912, pp. 551-637).
(15) Ilario di Poitiers, Trattato sui Salmi, Prologo 5 (PL 9,235).
(16) Agostino di Ippona, Esposizioni sui Salmi 85,1 (CCL 39,1176).
(17) Al riguardo si vedano J. Gelineau, «Les Psaumes a l’époque patristique», in La Maison-Dieu135 (1978), pp. 99-116; J. G. Tarruell, «L’uso dei Salmi nelle liturgie occidentali», in Rivista liturgica 68 (1981), pp. 186-209; A. Verheul, «Les Psaumes dans la prière des heures hier et aujourd’hui», in Questions liturgiques 71 (1990), pp. 261-295. Ricordo inoltre il fondamentale studio di R. Taft, La liturgia delle ore in oriente e in occidente, Paoline, Cinisello Balsamo 1988.
(18) Cf. A.-G. Martimort, «Fonction de la psalmodie dans la liturgie de la parole», in Id., Mirabile laudis canticum. Mélanges liturgiques, C.L.V. – Edizioni liturgiche, Roma 1991, p. 95.
(19) Un ottimo studio introduttivo sul tema è quello di A.-G. Martimort, «La prière des Psaumes dans la liturgie des heures», in Id., Mirabile laudis canticum, pp. 15-28.
(20) A. de Vogüé, «Psalmodier n’est pas prier», in Ecclesia orans 6 (1989), pp. 7-32. Sullo stesso tema cf. Id., «Psalmodie et prière. Remarques sur l’office de S. Benoit», in Collectanea cisterciensia 44 (1982), pp. 274-292; «Le Psaume et l’oraison. Nouveau florilège», in Ecclesia orans 11 (1995), pp. 325-349.
(21) Principi e norme per la liturgia delle ore 108.
(22) Regola di Benedetto 19,7. È un criterio esposto più diffusamente in Principi 19 e ripreso pure da Sacrosantum Concilium 90: «Si esortano nel Signore i sacerdoti e tutti gli altri che partecipano all’ufficio divino a fare in modo che, nel recitarlo, la mente concordi con la voce (mens concordet voci)».
(23) Principi 110.
(24) F. M. Arocena, J. A. Goñi, Psalterium liturgicum, Vol. I.
(25) Principi 111.
(26) Cf. ibid. 114.
(27) Si tratta di sei serie di titoli raccolte da P. Salmon, Les Tituli Psalmorum des manuscrits latin, Cerf, Paris 1959.
(28) Cf. Cassiano, Istituzioni cenobitiche II,5,5; 7,3: «Tutti restavano seduti … tenendo l’attenzione del cuore fissa sulle parole di colui che salmeggiava, ed egli, dopo aver cantato undici Salmi intercalati da preghiere, pronunciando con tono uniforme un versetto dopo l’altro, concluse il dodicesimo con la risposta dell’alleluja e subito si sottrasse agli sguardi di tutti … Quando colui che deve concludere la preghiera con la colletta (qui orationem collecturus est) si è alzato da terra, anche tutti gli altri si alzano insieme».
(29) Le serie africana, romana e ispanica sono pubblicate in P. Verbraken, Oraisons sur les cent cinquante Psaumes. Texte latin et traduction française de trois séries de collectes psalmiques, Cerf, Paris 1967.
(30) Cf. J. Pinell, «Le collette salmiche», in AA.VV., Liturgia delle ore. Documenti ufficiali e studi, LDC, Leumann (To) 1972, p. 277.
(31) Cf. Principi 112.
(32) A. Rose, Les Psaumes voix du Christ et de l’église, Lethielleux, Paris 1981, p. 105.
(33) Cf. Principi 126-135. Sul tema si vedano A. Rose, «La répartition des Psaumes dans le cycle liturgique», in La Maison-Dieu 105 (1971), pp. 66-102; J. Pascher, «Il nuovo ordinamento della salmodia nella Liturgia romana delle Ore», in AA.VV., Liturgia delle ore, pp. 161-184; J. G. Tarruell, «La nouvelle distribution du Psautier dans la “Liturgia Horarum”», in Ephemerides liturgicae 87 (1973), pp. 325-382.
(34) Egeria, Itinerarium 25,5 (SC 296,248).
(35) Per un indice dei Salmi utilizzati a questo scopo nella liturgia eucaristica si veda F. M. Arocena, Psalterium liturgicum, Vol. II, Psalmi in missalis romani lectionario, Libreria editrice vaticana, Città del Vaticano 2005.
(36) Costituzioni apostoliche II,57,6 (SC 320,312).
(37) Agostino di Ippona, Esposizioni sui Salmi 119,1 (CCL 40,1776).
(38) Sul quale si vedano R.-J. Hesbert, «Le graduel, chant responsoriel», in Ephemerides liturgicae95 (1981), pp. 316-350; W. Danze, «Le Psaume responsoriel: ouvrir un passage jusqu’au coeur», in Communautés et liturgies 2 (1982), pp. 123-136; A.-G. Martimort, «Fonction de la psalmodie», pp. 75-96.
(39) Ordo lectionum missae. Editio typica altera, Libreria editrice vaticana, Città del Vaticano 1981, 19.21 (cf. I praenotanda dei nuovi libri liturgici, pp. 226-227).
(40) Molto utile in proposito è lo studio di L. Deiss, «Le Psaume responsorial», pp. 61-82. Si veda anche S. Napoleone, «Valore ermeneutico del Salmo responsoriale tra lettura profetica e lettura evangelica», in P. Sorci (a cura di), Viva ed efficace la Parola di Dio. Il lezionario romano a trent’anni dalla promulgazione: atti del VI Convegno liturgico-pastorale (Palermo 10-12 marzo 1999), Sciascia, Caltanissetta 2001, pp. 97-118.
(41) M. Gitton, Iniziazione alla liturgia romana, Qiqajon, Magnano 2008, p. 76.
(42) L. Deiss, «Le Psaume responsorial», p. 80.
(43) Cf. A. Rose, Psaumes et prière chrétienne: essai sur la lecture de quelques Psaumes dans la tradition chrétienne, Biblica, Saint-André de Bruges 1965, pp. 169-184; G. Ravasi, Il libro dei Salmi. Commento e attualizzazione, Vol. II (51-100), EDB, Bologna 1983, pp. 11-63; L. Alonso Schökel – C. Carniti, I Salmi, Vol. I (1-72), Borla, Roma 20072, pp. 802-835.
(44) Cf. Giovanni Paolo II, Salmi e cantici della prima settimana, pp. 160.161.
(45) Rendo in questo modo spiritus principalis, calco latino del greco pneûma heghemonikón. Questa espressione intraducibile, che significa letteralmente «spirito di guida, di autorità», evoca la concezione stoica del principio direttivo dell’anima, cioè la ragione. Per estensione, indica la capacità dell’uomo di governare e guidare se stesso.
(46) «Divina eloquia cum legente crescunt» (Gregorio Magno, Omelie su Ezechiele I,7,8 [CCL 142,140]).(46)
Nessun commento:
Posta un commento