Un piccolo ragnetto, portato dal vento, approdò sulla cima di un albero.
Ma quel luogo non era adatto e discese su una grande siepe spinosa.
Qui c’erano rami e germogli in abbondanza per tesservi una tela.
E il ragno si mise subito al lavoro, lasciando che il filo, lungo il quale era disceso, reggesse la punta superiore della ragnatela. Filo dopo filo, nodo dopo nodo, la tela del ragnetto si fece bellissima. Mosche e moscerini incappavano numerosi.
Ma quel luogo non era adatto e discese su una grande siepe spinosa.
Qui c’erano rami e germogli in abbondanza per tesservi una tela.
E il ragno si mise subito al lavoro, lasciando che il filo, lungo il quale era disceso, reggesse la punta superiore della ragnatela. Filo dopo filo, nodo dopo nodo, la tela del ragnetto si fece bellissima. Mosche e moscerini incappavano numerosi.
Al mattino, dopo la rugiada, i fili sembravano collane di brillanti e il ragno era orgoglioso del suo capolavoro. Lavorava alla sua tela tutti i giorni ed era diventato un ragno commendatore, grande e grosso. Aveva la più bella e redditizia tela di tutto il bosco.
Un mattino, però, si svegliò di cattivo umore o forse scese dal letto con le quattro zampe sbagliate. Fece un giro della tela per far colazione con qualche moscerino, ma non ne trovò.
Nella notte aveva gelato e questo aumentò il suo umore nero.
Nell’aria non volava neanche una mosca.
Ispezionò la tela per passare il tempo, tirò qualche filo che si era allentato e, gira e rigira, finì col notare un filo strano.
Apparentemente non si attaccava da nessuna parte. Sembrava finisse nelle nuvole. Più lo guardava, più si arrabbiava. “Sta a vedere”, pensò, “che da quel filo vengono giù dei concorrenti a mangiarsi le mie prede”. “E’ uno stupido filo buono a nulla”, ruminava tra sé. E con un colpo secco delle robuste mandibole lo tagliò.
Apparentemente non si attaccava da nessuna parte. Sembrava finisse nelle nuvole. Più lo guardava, più si arrabbiava. “Sta a vedere”, pensò, “che da quel filo vengono giù dei concorrenti a mangiarsi le mie prede”. “E’ uno stupido filo buono a nulla”, ruminava tra sé. E con un colpo secco delle robuste mandibole lo tagliò.
Tutta la tela cedette e si trasformò in un umido cencio che avviluppava il ragno.
Troppo tardi il poverino sì ricordò che, in un sereno giorno di settembre, era sceso giù da quel filo e quanto gli era stato utile, proprio quel filo, per tessere e allargare la sua tela.
La preghiera è il “filo dall’alto” del ragno distratto. I nostri giorni sono i fili della tela che incessantemente intrecciamo: scuola, famiglia, lavoro, divertimento, sonno…
Tutto questo, senza quel “filo verso l’alto”, che è il nostro rapporto con Dio tradotto nella preghiera, rischia di essere un cencio senza senso.
E’ Dio che ci ha creati (siamo scesi da quel filo); dimenticarci di lui è privare la nostra vita del suo significato.
continua ...
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