Don Marco Ceccarelli
" Il distacco"
XXIII Domenica Tempo Ordinario “C” – 4 Settembre 2016I Lettura:
Sap 9,13-18II Lettura: Fm 9-10.12-17Vangelo: Lc 14,25-33- Testi di riferimento: Mt 10,37; 13,21; Lc 9,62; 12,15.33; 16,13.25; 18,23; 19,8; 21,17; Gv 3,5;6,44-45.65; 7,34; 12,25; 13,33; 14,26; 15,6; At 2,44-45; 4,32; 14,22; Rm 12,2; 1Cor 10,21; 2Cor4,18; Ef 1,17; Fil 3,8; Eb 10,34; Gc 4,4; 1Gv 2,15-16.271.
Il distacco dal contesto familiare (Lc 14,26).-
Nel brano di Vangelo odierno spicca in modo particolare la radicalità dell’affermazione di Gesùriguardo al rapporto fra discepolato e relazioni familiari. Radicalità un po’ attenuata dalla nuovatraduzione che sostituisce il verbo “odiare” con “amare di meno”. Tuttavia, se si è seguito attentamenteil percorso che Luca ci ha fatto fare durante tutte queste domeniche e l’insegnamento di Gesù,non dovrebbe essere difficile capire cosa si sta dicendo. Al contrario, dovrebbe essere quasi ovvio.Certo, le affermazioni di Gesù non sono mai scontate; tanto meno quelle del nostro passo. Occorreperciò prenderle seriamente. Se Gesù dice che è impossibile essere suoi discepoli senza determinatecondizioni, non v’è dubbio che deve essere così. Per essere discepoli di Cristo – cioè semplicementecristiani a prescindere da una particolare consacrazione – occorre “odiare” (v. 26) determinaterealtà; il che equivale a “distaccarsi” (v. 33) da esse. I due verbi sono in parallelo e sichiarificano l’uno con l’altro. Il messaggio di questi nove versetti sta tutto qui: non è possibile esserecristiani senza rompere i legami con i propri beni. Ma in che senso?- Non c’è dubbio che tale distacco si deve compiere innanzitutto e soprattutto a livello dei rapportiparentali. Delle sette realtà che occorre odiare per essere discepolo di Gesù sei fanno parte dell’ambientefamiliare. Ciascuno di noi vive in un contesto familiare con cui ha dei legami affettivi che locondizionano e da cui si aspetta, più o meno, di ricevere la vita – nel senso che dicevamo le domenichescorse (felicità piena e duratura). Che ne siamo consapevoli o no, siamo tutti condizionati daquesto contesto. L’ambiente familiare ci trasmette un modo di pensare, di valutare la realtà, di comprendereil bene e il male. L’influsso familiare è più forte e sottile di quello che a volte possiamopensare. Dai nostri genitori assorbiamo l’amore per certe cose e certe persone, ma anche il disprezzoe l’odio per altre (basti pensare alle faide che si tramandano per generazioni). Dal contesto familiareimpariamo ad esempio a reputare come buone, e soprattutto necessarie, realtà tipo la ricchezza,il successo, la carriera, ecc.; realtà relativizzate dalla venuta del regno di Dio. E comunque è sempremolto difficile assumere quel distacco dai legami affettivi necessario per essere liberi di seguire Cristo.- Con Cristo appare qualcosa di assolutamente nuovo. Un nuovo modo di giudicare il mondo e lepersone. Appare la Sapienza divina che era inconoscibile (prima lettura). Ma se si vuole comprendereed accogliere tale Sapienza occorre rinunciare a quella che abbiamo ricevuto. Se si vuole conoscereCristo come colui che unicamente ci dà la vita occorre rinunciare a quella mentalità che ciporta a considerare come datore di vita altre cose; occorre rinunciare alla nostra stessa vita. Così sanPaolo dirà che ha giudicato tutto una perdita al fine di conseguire la conoscenza di Cristo (Fil 3,8).- “Odiare” (v. 26) [n.b. la traduzione letterale “odiare” andrebbe mantenuta, perché in linea terminologicaed interpretativa con altri passi di Lc tipo 6,22; 21,17]. Questo verbo sta ad indicare una contrapposizione,una incompatibilità radicale con ciò che invece occorre amare. Non si tratta di provare“sentimenti” di odio, ma di assumere un distacco radicale che fa seguito ad una scelta. Cosìquando Dio dice che ha amato Giacobbe e ha odiato Esaù (Mal 1,2; Rm 9,13) significa che ha operatouna scelta a favore di uno, ad esclusione dell’altro. Come quando ci si sposa e si sceglie quellapersona ad esclusione delle altre (verso cui non si prova certamente un sentimento di odio). Si trattadi due realtà che non possono andare insieme (Mt 6,24; Lc 16,13; Gv 3,20; Gen 26,27; Pr 1,22.29;13,5; Qo 3,8; Am 5,15). Scegliendo Cristo, i suoi discepoli appartengono fin da ora al regno, almondo futuro, alla vita eterna, ad una nuova famiglia, che implica un altro sistema di valori diversoda quello che appartiene a questo mondo. E fra i due sistemi non ci può essere compromesso; non cipuò essere un più e un meno. A questo punto possiamo chiederci: Ma quando mai abbiamo posto inatto scelte che davano la priorità a Cristo piuttosto che al padre, alla madre, alla moglie, ai fratelli,alle zie, ai nipoti, ecc., ecc., e infine alla stessa propria vita?2. Le condizioni per essere cristiani. Nel brano evangelico si ripete continuamente l’idea di “potere”,“essere in grado”, “avere le forze”. Se non si accettano le condizioni che Gesù pone non si saràin grado di seguirlo. Ci sono delle condizioni sine qua non, senza le quali cioè sarà impossibile esserecristiani; senza le quali arriverà un momento in cui non si avranno le forze per andare avanti. Equello che occorre fare è la rinuncia ad amare ciò che si possiede, la rinuncia a confidare nei beni.L’amore ai beni, qualsiasi essi siano, impedirà di seguire Cristo fino alla fine e causerà una situazionepeggiore della precedente, come nel caso del demonio che ritorna nella casa trovata vuota (Lc11,26). Se l’amore per i familiari, per la propria vita, per i beni, equivale a quello per Cristo, il discepolatoè destinato a fallire. L’appartenenza al regno dei cieli relativizza tutte le altre “cose buone”che ci sono state trasmesse. Cristo non può essere una delle tante cose importanti della nostravita; egli è l’unico necessario. Tutte le cose buone e di valore che abbiamo (famiglia, figli, salute,soldi, ecc.), sono comunque sempre secondarie rispetto al regno dei cieli.3. Le parabole. Servono a delucidare il principio sopraesposto. Gesù avverte la folla che rischia diperdere tempo nel seguirlo se non opera fin da subito il distacco. Per questo occorre fin dall’inizio“calcolare” bene le cose. Due domeniche fa abbiamo ascoltato che occorre passare per una portastretta, e quindi bisogna arrivarci “stretti”. È come quando all’inizio di una strada troviamo un cartellostradale che ci informa che più avanti incontreremo un ponte stretto, limitato – diciamo – a duemetri. Allora, se ho un veicolo che supera tale misura è inutile che prendo quella strada, a meno chenon lo sostituisco con un altro più stretto. Altrimenti dovrò per forza tornare indietro. Cosìl’affermazione di Gesù ai vv. 26 e 33 sono il cartello stradale che mi avvisa preventivamente. Chinon si pone fin da subito nelle condizioni necessarie per essere cristiano “non sarà in grado” di arrivareal termine dell’opera. Non solo. Ma se prendiamo seriamente queste parabole esse ci stanno adire che seguire male Gesù ci procura un danno.4. L’esempio di Gesù. Gesù stesso ha compiuto questo distacco. Egli a dodici anni ha affermato diavere qualcosa di più importante della sua famiglia terrena. In seguito lascerà la sua casa, sua madre,i suoi parenti. E quando lo cercheranno egli dirà: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?»(Mc 3,33), indicando che egli possiede ora una famiglia diversa. Tutto viene relativizzato in funzionedi occuparsi delle cose del Padre (Lc 2,49). Egli ha odiato la sua vita. Egli ha portato la sua croceseguendo la volontà del Padre. Per questo ora anche noi possiamo seguire le sue orme (1Pt 2,21ss.).
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