Rock legend Leonard Cohen dies
Era uno dei più stimati e amati cantautori della storia del rock, aveva 82 anni
Il cantautore canadese Leonard Cohen è morto giovedì 10 novembre a 82 anni. La notizia della morte di Leonard Cohen è arrivata dalla sua pagina ufficiale su Facebook, che ha annunciato un prossimo servizio funebre a Los Angeles. L’ultimo disco, You want it darker, era stato pubblicato appena venti giorni fa. Leonard Cohen era nato nel 1934 alla periferia di Montreal, Quebec, in una famiglia di origini ebraiche. Il padre morì quando lui aveva dieci anni. Cohen si era dedicato giovanissimo alla scrittura di versi e poesie: l’attività di poeta e scrittore l’avrebbe poi mantenuta tutta la vita parallelamente a quella di musicista. Con quest’ultima divenne famoso con una serie di dischi popolarissimi tra la fine degli anni Sessanta e gli anni Settanta soprattutto, ma il suo stile, la sua sapienza nella scrittura dei testi e la sua voce riconoscibilissima – che sarebbe diventata sempre più profonda col passare degli anni – gli conservarono tantissimi fan e l’apprezzamento della critica per tutta la vita e ancora fino all’ultimo disco.immagini www.ilpost.it
Nel 1951 si iscrisse alla Mc Gill University di Montreal per studiare lettere, e poi, matematica, commercio, scienze politiche e legge. Negli anni Sessanta si trasferì a New York, e poi a Londra grazie a una borsa di studio. Un lungo articolo sul New Yorkerracconta che in Inghilterra Cohen conduceva una vita da bohémien e che i suoi primi acquisti furono un impermeabile blu e una Olivetti da 40 sterline. Di pioggia e cieli grigi non ne poteva più. Un giorno, entrando in una banca, vide un uomo sorridente e abbronzato che era appena tornato dalla Grecia. Cohen decise che la Grecia era il posto dove voleva andare. Visitò Atene e poi si trasferì nell’isola di Idra, prima temporaneamente in affitto a quattordici dollari al mese e poi stabilmente, dopo aver comprato una casa per 1500 dollari grazie a una piccola eredità che aveva ricevuto. Fu qui che incontrò Marianne, la Marianne della canzone “So Long, Marianne”. Marianne era sposata con un famoso scrittore norvegese e aveva un figlio. I due divennero amici, amanti e poi si separarono. Cohen restò in Grecia per sette anni continuando a scrivere poesie e canzoni. Nel 1970 partecipò al festival dell’isola di Wight suonando davanti a 600 mila persone. Alla fine degli anni Ottanta si trasferì in California, a Los Angeles, vivendo per un periodo anche in un monastero buddista.
Tra le sue canzoni più celebri ci sono “Hallelujah” (che ricevette ulteriori notorietà da molte cover, prima tra tutte quella di Jeff Buckley), “Suzanne”, “Famous blue raincoat”, “Bird on a wire”, “Chelsea Hotel no. 2“. Alle sue grandezze come autore e musicista si associarono poi per tutta la sua carriera un fascino e uno stile eccezionali e adorati dal suo pubblico in tutto il mondo.
Secondo il necrologio di Rolling Stone “Cohen era l’eminenza grigia di un piccolo pantheon di cantautori estremamente influenti che emersero tra gli anni Sessanta e Settanta. Solo Bob Dylan esercitò un’influenza più profonda sulla sua generazione, e forse solo Paul Simon e la sua connazionale canadese Joni Mitchell lo eguagliarono come poeti della canzone”. Per il Washington Post “i suoi versi erano scritti con tale grazia e profondità emotiva che la sua capacità compositiva era ritenuta quasi sullo stesso livello di quella di Bob Dylan, anche dallo stesso Bob Dylan”.
Cohen aveva parlato dell’assegnazione del premio Nobel per la letteratura a Bob Dylan poche settimane fa durante un evento organizzato al consolato canadese a Los Angeles. Qualcuno gli aveva chiesto che cosa pensasse dei complimenti che gli aveva recentemente fatto Dylan, e che erano stati pubblicati in un lungo profilo dedicato a Cohen sul New Yorker. Cohen aveva detto che Dylan era stato molto generoso nei suoi confronti, e aveva aggiunto: «Non dirò nulla su quello che Dylan ha detto su di me, ma sul fatto che ha ricevuto il premio Nobel dirò che per me è come aver dato al monte Everest una medaglia per la montagna più alta del mondo». Durante l’evento al consolato canadese Cohen aveva anche detto che non era davvero «pronto a morire»: anzi, aveva intenzione di vivere fino a 120 anni.
Qui ci sono dieci sue canzoni scelte da Luca Sofri, peraltro direttore del Post, nel libro Playlist, la musica è cambiata.
Leonard Cohen(1934, Montreal, Canada)Leonard Cohen ha sempre avuto quell’aria seria e severa, che ha contribuito alla costruzione del suo mito. Canadese, cantautore di culto pazzesco e di riferimento per tutta una generazione di allievi, anche italiani (soprattutto De Gregori e De André), ha fatto una decina di canzoni formidabili nel giro di pochi anni tra il 1967 e il 1971 e poi ha continuato a fare dischi eccellenti per quarant’anni, con quella sua voce seria e severa.
(Songs of Leonard Cohen, 1968)
Il classico dei classici di Leonard Cohen, la sua canzone perfetta. Suzanne era Suzanne Verdal, e Cohen la conobbe a Montreal. A giudicare da quel che dice la canzone, gli piacque parecchio. Nel 2006 un programma televisivo americano scoprì che lei viveva in un’automobile a Venice Beach in California: disse che con Cohen non c’era stato niente. E che una volta che si erano reincontrati, lui non l’aveva riconosciuta. Il tè con le arance di cui parla la canzone si chiama Constant Comment, se volete provarlo e avere una vera esperienza rock. Anni dopo, per coincidenza, Cohen ebbe due figli da un’altra Suzanne, che non c’entra con la canzone. L’hanno cantata in tantissimi, tra cui Fabrizio De André e Peter Gabriel.
“Hallelujah” è una canzone del 1984 di Leonard Cohen, grandissimo cantautore canadese che la settimana scorsa ha compiuto 77 anni. La canzone la conoscono quasi tutti perché da un certo punto in poi si sono messi a farne cover a bizzeffe. In particolare, nel 1994, Jeff Buckley: che morì giovane nel 1997 e lasciò come firma del suo mito postumo il sospiro all’inizio della sua bellissima versione di “Hallelujah” (a sua volta ripresa da un adattamento di John Cale). Da lì iniziò la seconda vita più popolare della canzone – fino ad allora confinata all’apprezzamento dei fans del vecchio e tenebroso Cohen – che la portò ai posti alti delle classifiche di vendita, nelle cerimonie inaugurali delle Olimpiadi, dentro Shrek, e in mille e mille sfruttamenti e riproduzioni, fino a entrare negli avvilenti repertori dei talent show.Tanto che qualche giorno fa David Daley del sito Salon ha scritto dell’”uso criminale” di “Hallelujah” dopo aver assistito alla versione dell’improbabile gruppo dei “Canadian Tenors” alla serata di premiazione degli Emmy, e ha ricordato come lo stesso Cohen abbia detto un paio d’anni fa che “la canzone è bella ma forse l’hanno cantata un po’ in troppi”. Daley si è associato a Cohen nel chiedere una moratoria, e soprattutto ha ricordato che malgrado la successiva trasformazione in svenevolezza da boy band o da raduno di preghiera, Buckley la canzone la spiegava così: “Chiunque la ascolti attentamente scopre che è una canzone sul sesso, sull’amore e sulla vita terrena. Non è un hallelujah per una fede, un idolo o un dio, ma l’hallelujah dell’orgasmo”.
By www.ilpost.it
PHOTOGRAPH BY GRAEME MITCHELL FOR THE NEW YORKER
Molti di voi conosceranno Leonard Cohen soprattutto per la sua splendida Hallelujah.
Che direste se vi dicessi che c’è molto altro?
www.leonardcohen.it
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