Noi come cittadini, noi come popolo
E’ quanto insegnava Bergoglio in un discorso da cardinale ora tradotto dalla “Libreria Editrice Vaticana”GIUSEPPE BRIENZAROMA In questi primi 9 mesi del pontificato abbiamo visto quanto sia importante per Papa Francesco l’idea di popolo ed il dovere dei fedeli di partecipare alla vita politica. Per comprendere a fondo questo punto centrale del Magistero di Bergoglio è ora disponibile il testo di un discorso pronunciato quando era cardinale, pubblicato in lingua italiana dalla “Libreria Editrice Vaticana” in collaborazione con la “Jaca Book”. Il discorso che l’allora arcivescovo... altro »
E’ quanto insegnava Bergoglio in un discorso da cardinale ora tradotto dalla “Libreria Editrice Vaticana”GIUSEPPE BRIENZAROMA In questi primi 9 mesi del pontificato abbiamo visto quanto sia importante per Papa Francesco l’idea di popolo ed il dovere dei fedeli di partecipare alla vita politica. Per comprendere a fondo questo punto centrale del Magistero di Bergoglio è ora disponibile il testo di un discorso pronunciato quando era cardinale, pubblicato in lingua italiana dalla “Libreria Editrice Vaticana” in collaborazione con la “Jaca Book”. Il discorso che l’allora arcivescovo... altro »
Il discorso che l’allora arcivescovo di Buenos Aires tenne il 16 ottobre 2010 per i duecento anni dell’indipendenza argentina, che esce in questa traduzione con una accurata prefazione di monsignor Mario Toso, segretario del “Pontificio consiglio della giustizia e della pace”, s’intitola "Noi come cittadini. Noi come popolo" (Milano 2013, 96 pagine, 9 euro), e si segnala per la valorizzazione che, nel discorso pubblico di Bergolio, il popolo riceve oltre che sul piano teologico, e quindi pastorale, anche su quello sociale e politico.
Il contesto, naturalmente, è quello argentino ma, la riflessione dell’attuale Papa supera sicuramente i confini del suo paese natale. Così, quando sviluppa la seguente provocatoria riflessione sul significato della parola “cittadino”: «Essere cittadini significa essere convocati per una scelta, chiamati a una lotta, a questa lotta di appartenenza a una società e a un popolo. […] La lotta ha due nemici: il “menefreghismo”, mi lavo le mani davanti al problema e non faccio niente, ma così non sono cittadino. O la lamentela, quello che Gesù diceva alla gente del suo tempo: non li capisco. Sono come i fanciulli che quando suoniamo danze allegre non ballano e quando cantiamo lamenti funebri non piangono (Mt 11,16-17; Lc 7, 32). Vivono lamentadosi. Fanno della loro vita una continua mormorazione [tr. originale: palinodia]».
Poi quando l’allora arcivescovo di Buenos Aires punta il dito contro i fautori della c.d. “morale laica”, i propalatori cioè di quell’“eticismo senza bontà” che conduce all’ipocrisia e sul quale Bergoglio è ritornato da Papa nell’omelia della Messa celebrata alla Casa S. Marta il 20 giugno scorso. Nel 2010 ai fedeli argentini Francesco denunciava: «Una cosa è la bontà, altra cosa è l’etica. Può addirittura esistere un’etica senza bontà. Sono tipici di un “esistenzialismo mediocre” l’intelligenza senza talento e un “eticismo” senza bontà».
Divenuto Pontefice e riflettendo a Santa Marta sul celebre brano di Matteo che presenta il contrasto tra il comportamento di scribi e farisei che si pavoneggiano in pubblico quando fanno l’elemosina, la preghiera e il digiuno e quello che invece Gesù indica ai discepoli come il giusto atteggiamento da assumere nelle medesime circostanze, e cioè il “segreto”, la discrezione gradita e premiata da Dio, Papa Francesco ha stigmatizzato i primi con queste parole: «Gesù lo dice: “Non entrate voi e non lasciate entrare gli altri”. Sono eticisti senza bontà, non sanno cosa sia la bontà. Ma sì, sono eticisti, eh? “Si deve far questo, questo, questo...” Ti riempiono di precetti, ma senza bontà. E quelli delle filatterie che si addossano tanti drappi, tante cose, per fare un po’ finta di essere maestosi, perfetti, non hanno il senso della bellezza. Non hanno il senso della bellezza. Arrivano soltanto ad una bellezza da museo. Intellettuali senza talento, eticisti senza bontà, portatori di bellezze da museo. Questi sono gli ipocriti, ai quali Gesù rimprovera tanto».
L’obiettivo del discorso di Bergoglio a Buenos Aires è quello di favorire la “rinascita” della politica e della vita democratica, in Argentina, coinvolgendo tutte le classi sociali e in particolare i gruppi dirigenti. Lo sottolinea anche Mons. Toso nella sua “Presentazione” al volume: «Rispetto all’odierno deficit di politica e di democrazia, la via di uscita, segnalata dal Cardinale di Buenos Aires, è quella del recupero di una vita democratica, intesa soprattutto come vita intensamente partecipata di un popolo, che si pensa e si costruisce entro un quadro istituzionale preciso, inteso come luogo di impegno e di discussione per superare gli ostacoli che si frappongono al raggiungimento del bene comune; inteso come vivere assieme nella fraternità ed elaborare un progetto condiviso fondato su quei beni-valori che in definitiva traggono la loro origine da Dio».
Il contesto, naturalmente, è quello argentino ma, la riflessione dell’attuale Papa supera sicuramente i confini del suo paese natale. Così, quando sviluppa la seguente provocatoria riflessione sul significato della parola “cittadino”: «Essere cittadini significa essere convocati per una scelta, chiamati a una lotta, a questa lotta di appartenenza a una società e a un popolo. […] La lotta ha due nemici: il “menefreghismo”, mi lavo le mani davanti al problema e non faccio niente, ma così non sono cittadino. O la lamentela, quello che Gesù diceva alla gente del suo tempo: non li capisco. Sono come i fanciulli che quando suoniamo danze allegre non ballano e quando cantiamo lamenti funebri non piangono (Mt 11,16-17; Lc 7, 32). Vivono lamentadosi. Fanno della loro vita una continua mormorazione [tr. originale: palinodia]».
Poi quando l’allora arcivescovo di Buenos Aires punta il dito contro i fautori della c.d. “morale laica”, i propalatori cioè di quell’“eticismo senza bontà” che conduce all’ipocrisia e sul quale Bergoglio è ritornato da Papa nell’omelia della Messa celebrata alla Casa S. Marta il 20 giugno scorso. Nel 2010 ai fedeli argentini Francesco denunciava: «Una cosa è la bontà, altra cosa è l’etica. Può addirittura esistere un’etica senza bontà. Sono tipici di un “esistenzialismo mediocre” l’intelligenza senza talento e un “eticismo” senza bontà».
L’obiettivo del discorso di Bergoglio a Buenos Aires è quello di favorire la “rinascita” della politica e della vita democratica, in Argentina, coinvolgendo tutte le classi sociali e in particolare i gruppi dirigenti. Lo sottolinea anche Mons. Toso nella sua “Presentazione” al volume: «Rispetto all’odierno deficit di politica e di democrazia, la via di uscita, segnalata dal Cardinale di Buenos Aires, è quella del recupero di una vita democratica, intesa soprattutto come vita intensamente partecipata di un popolo, che si pensa e si costruisce entro un quadro istituzionale preciso, inteso come luogo di impegno e di discussione per superare gli ostacoli che si frappongono al raggiungimento del bene comune; inteso come vivere assieme nella fraternità ed elaborare un progetto condiviso fondato su quei beni-valori che in definitiva traggono la loro origine da Dio».
Le novità di Papa Francesco, radicate nella tradizione
"Papa Francesco non è un fiore nel deserto. E tutto ciò che può apparire nuovo, o rivoluzionario, nelle sue parole o nei suoi gesti, è in realtà fondato su una solida tradizione ecclesiale". Lo sostiene fratel MichaelDavide Semeraro, benedettino, nel libro 'Papa Francesco e la rivoluzione dei gesti', pubblicato recentemente da La Meridiana. "Tutto ciò che di questo Papa ci fa esultare interiormente - spiega fr. MichaelDavide - in realtà si radica in una tradizione molto antica che è quella dello Spirito di Cristo che ha animato la storia della Chiesa e dell'umanità. Basti pensare alla sua scelta di definirsi 'vescovo di Roma', piuttosto che Pontefice, che si rifà ad Ignazio di Antiochia. O al suo atteggiamento nei confronti dei poveri che rimanda a S. Gregorio Magno. Il nuovo, nella tradizione mistica, è infatti sempre radicato, l'albero è sempre legato alle sue radici. E in questo dobbiamo essere molto vigili per non lasciarci deviare dal linguaggio dei media e mantenere uno sguardo più sapiente e radicato nella tradizione biblico-patristica ". Nel libro fr. MichaelDavide afferma che "il gesto di rinuncia di Benedetto XVI è stato l'inizio dei gesti di Papa Francesco". "Come dice Michel De Certau - spiega il monaco benedettino - nella storia della chiesa ci sono fratture instauratrici, che creano realtà nuove ma sono in continuità con ciò che le precede. Il pontificato di Francesco è perciò incomprensibile senza il gesto magnifico di grande onestà intellettuale e spirituale di Benedetto XVI. La sua rinuncia ha reso possibile ciò che stiamo vivendo adesso". Sulla stessa linea è il teologo Bruno Forte, arcivescovo di Chiet-Vasto, che critica chi considera l'attuale pontificato in contrapposizione con quello precedente. "Chi conosce con attenzione e profondità il messaggio di Francesco e Benedetto XVI si accorge che sono corrispondenti e complementari, pur nella diversità profonda degli stili. Papa Benedetto ha avviato una riforma spirituale della Chiesa molto rigorosa, anche confrontandosi con pagine dolorose, ma sempre inseguendo la verità. Papa Francesco va nella stessa direzione".Mons. Forte aggiunge una confidenza personale, ricevuta recentemente dallo stesso Jospeh Ratzinger: "Il Papa emerito mi ha detto che vede in Papa Francesco il compiersi della volontà di Dio che lui aveva voluto seguire con la sua rinuncia. Rinuncia che ora trova conferma proprio nel dono che Dio ha fatto alla Chiesa con Papa Francesco". (A cura di Fabio Colagrande)
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Il Regno
(Guido Mocellin) Solo l’affollarsi, nell’agenda di papa Bergoglio, di appuntamenti di grande rilevanza e di pari visibilitàita ha impedito agli osservatori di accorgersi che, frattanto, egli stava lavorando a un progetto destinato a sopravanzare, per il suo valore programmatico, tutti o quasi quelli sinora intrapresi. (...)
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Il Regno
(Ermis Segatti) La Chiesa nel nostro tempo pare essere attraversata da nuove spinte di cattolicità, sollecitate anche dalla elezione di un papa venuto «dalla fine del mondo». Spinte che si potrebbero chiamare «ecumeniche », non solo rivolte, come comunemente si intende, ad altre confessioni (...)
di Furio Colombo
in “il Fatto Quotidiano” del 21 novembre 2013
Lindau.it
Piove a dirotto. Si sveglia molto presto, come sempre. Sono le 4 di mattina del 12 marzo ed è ancora buio. Inginocchiato con gli occhi chiusi, concentrato, prega in silenzio come tutte le mattine. Chiede soprattutto a san Giuseppe e a santa Teresina di illuminarlo. A Dio, il perdono per i suoi peccati, e a Gesù di permettergli di servire, di essere uno strumento.
È un giorno speciale. Stasera inizia il conclave per eleggere il successore di Benedetto XVI. E lui è uno dei 115 elettori che si chiuderanno nella Cappella Sistina per adempiere questa missione. (...)
È un giorno speciale. Stasera inizia il conclave per eleggere il successore di Benedetto XVI. E lui è uno dei 115 elettori che si chiuderanno nella Cappella Sistina per adempiere questa missione. (...)
Ero Bergoglio, sono Francesco
Cristian Martini Grimaldi
Ero Bergoglio, sono Francesco
Casa editrice Marsilio
Ero Bergoglio, sono Francesco
Casa editrice Marsilio
Un reportage da Buenos Aires, tra immagini e parole, nelle stesse ore in cui il nuovo papa Francesco sale al soglio pontificio. L’autore parte verso quella “fine del mondo”, evocata proprio dal Santo Padre il giorno della sua elezione, per constatare quanto sapore di frontiera si respiri realmente in quella terra. E scopre una realtà sociale alquanto inquieta. L’Argentina è un paese che potrebbe sfamare oltre trecento milioni di individui ma che al suo interno contiene sacche di povertà assoluta. Un paese dove la delinquenza di strada è fenomeno comune anche nei quartieri più rinomati e dove il paco (la droga) miete giovani vittime. Nel libro vengono intervistati due parroci di periferia che, anche attraverso il contributo personale di papa Francesco, oggi si dedicano al recupero e al reinserimento sociale di questi ragazzi. Jorge Mario Bergoglio nel suo percorso, prima di provinciale dei gesuiti, poi come vescovo ausiliare di Buenos Aires e quindi come cardinale, è sempre stato vicino agli emarginati. Ha fatto della predicazione del Vangelo il cuore stesso del suo stile di vita. Uno stile sobrio, semplice, umile. Molti degli aneddoti riferiti confermano questa immagine arricchendola di nuove storie e curiosità. Numerose sono le conversazioni che l’autore ha avuto con moltissima gente comune e con i tanti amici del Santo Padre: i compagni di studio negli anni del seminario a Villa Devoto e quelli della Facoltà di filosofia e teologia a San Miguel. Quello che emerge è il ritratto di un uomo che comunica più con le azioni che con le parole, rifugge dalle teorizzazioni, e quando parla utilizza spesso esperienze personali, storie realmente accadute, perché è solo attraverso la testimonianza di vita vissuta che si può trasmettere la vera esperienza del Vangelo.
INTERVISTA A CRISTIAN MARTINI GRIMALDI, VENERDI’ 22 NOVEMBRE 2013 (a cura di Luca Balduzzi)
continua ...SU KAIRO'S
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