Arjan Shehaj, «Mare di Galilea» immagine web da l'inkiesta.it
i segni dei tempi
"Scrutando i segni dei tempi abbiamo visto che il nostro primo dovere in questo momento storico è annunciare il Vangelo di Cristo, poiché il Vangelo è vera fonte di libertà e di umanità". J. Ratzinger
"Scrutando i segni dei tempi abbiamo visto che il nostro primo dovere in questo momento storico è annunciare il Vangelo di Cristo, poiché il Vangelo è vera fonte di libertà e di umanità". J. Ratzinger
BUONA NOTIZIA
Il matrimonio, costituisce in se stesso un Vangelo, una Buona Notizia per il mondo di oggi, in particolare per il mondo scristianizzato.L’unione dell’uomo e della donna, il loro diventare «un’unica carne» nella carità, nell’amore fecondo e indissolubile, è segno che parla di Dio con forza, con una eloquenza che ai nostri giorni è diventata maggiore, perché purtroppo, per diverse cause, il matrimonio, proprio nelle regioni di antica evangelizzazione, sta attraversando una crisi profonda.
MATRIMONIO
Il matrimonio è legato alla fede, non in senso generico. Il matrimonio, come unione d’amore fedele e indissolubile, si fonda sulla grazia che viene dal Dio Uno e Trino, che in Cristo ci ha amati d’amore fedele fino alla Croce. Oggi siamo in grado di cogliere tutta la verità di questa affermazione, per contrasto con la dolorosa realtà di tanti matrimoni che purtroppo finiscono male. C’è un’evidente corrispondenza tra la crisi della fede e la crisi del matrimonio. E, come la Chiesa afferma e testimonia da tempo, il matrimonio è chiamato ad essere non solo oggetto, ma soggetto della nuova evangelizzazione. Questo si verifica già in molte esperienze, legate a comunità e movimenti, ma si sta realizzando sempre più anche nel tessuto delle diocesi e delle parr., come ha dimostrato il recente Incontro Mondiale delle Famiglie
Benedetto XVI. Omelia nella Messa di apertura del Sinodo sulla Nuova EvangelizzazioneMATERNITÀ (1)
La donna, nonostante si cerchi da ogni parte di negare questa semplice evidenza, è chiamata principalmente a dare la vita, in tutti i modi che le siano possibili. Una vita che non è solo biologica, quella che dà ai figli, ma che può essere anche solo la vicinanza, la prossimità a coloro che le si avvicinano. Una vita da dare ai figli, al marito, agli amici, a volte anche ai genitori. “La donna, come scrive Joseph Ratzinger, conserva l’intuizione che il meglio della sua vita è fatto di attività orientate al risveglio dell’altro, alla sua crescita, alla sua protezione”. È innegabile che la donna profondamente realizzata, come l’ha pensata Dio, abbia uno stile materno anche nel lavoro, cioè lavori per tirare fuori il meglio dagli altri, e non per schiacciarli. Infatti le donne in carriera, quelle che rinnegano la loro maternità nella professione, sono una caricatura di se stesse. Questa chiamata alla donna viene dal fatto di essere creatura: la sua identità non è scelta, ma donata, e proprio per questa speciale vocazione. La donna è programmata per dare la vita, tutto in lei serve a questo, il corpo in grado di trasformarsi, la capacità di fare più cose insieme (tutte male, mi dicono in famiglia), un orecchio capace di decifrare il linguaggio dei bambini che ancora non parlano (non esiste al mondo un uomo che sappia distinguere un pianto di neonato che ha una colichetta da uno che ha solo sonno). (Costanza Miriano. Va dove ti porta Dio)
MATERNITÀ (2)
A me sembra che la donna che neghi questa sua speciale e definitiva vocazione sia profondamente infelice, anche quando cerchi di nascondere questa infelicità persino a se stessa, soprattutto all’età in cui il tempo dei figli è finito (anche se i giornali non lo ricordano mai, e trattano con naturalezza neo madri quarantenni, primipare tardive, in realtà a 35 anni la fertilità di una donna si riduce della metà, per poi declinare rapidamente). Allora comincia a pretenderlo, questo figlio prima rifiutato, o non messo al primo posto della lista delle priorità. A inseguirlo a qualsiasi costo, tentando tutte le vie possibili qui in Italia o magari andando all’estero. Conosco tantissime donne – in certi ambienti di lavoro direi che sono anzi la maggioranza – che si accorgono a un certo punto di avere buttato la propria vita dietro le chiacchiere dei giornali e dei film, che le hanno invitate a cercare se stesse e a realizzarsi, prima di essere pronte a dare la vita. Solo che purtroppo, contrariamente a quanto dicono i film, non è vero che non è mai troppo tardi, non è vero che c’è sempre una seconda possibilità, non è vero che tutte le porte sono sempre aperte. Sono donne spesso molto tristi, arrabbiate, ferite dalla vita. Il rifiuto e la pretesa della maternità sono due mostri generati dallo stesso peccato (che poi è sempre quello, quello originale): il negare di essere creatura, di avere dei limiti biologici e temporali, di non essere, noi uomini, arbitri della realtà, quindi il non voler accettare che noi non sappiamo da soli neanche cosa sia meglio per noi. (Costanza Miriano. Va dove ti porta Dio)
MATERNITÀ (3)
La Chiesa è nostra madre, e con saggezza materna ci insegna quello che ci fa stare bene, e quando ci dice come è meglio vivere la sessualità non la fa perché è sadica, e si diverte a toglierci il piacere. Sa che vivere la sessualità secondo Dio ci custodisce, ci impedisce di trovarci a un certo punto della vita soli e infecondi (ed è tutta un’altra cosa quando i figli non arrivano, ma non perché ci si è chiusi a questa possibilità, e si può vivere con accoglienza anche questa dolorosa mancanza, che magari può diventare apertura verso altre necessità, perché il mondo ha sempre e in mille modi bisogno di madri e padri generosi). (Costanza Miriano. Va dove ti porta Dio)
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