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giovedì 12 novembre 2015

Sulla felicità. Con E. Corti e Duy Huynh.

PERSONA E COMUNITA'






Duy Huynh,
Blue moon
expedition




A questa constatazione, già fatta ripetute volte nel corso del pomeriggio, avvertì un nuovo senso di felicità. (Che non degnò di attenzione: la felicità gli sembrava ovvia, quasi dovuta. Ignorava che i momenti di felicità, non frequenti neppure negli anni giovanili, li avrebbe in seguito sperimentati sempre più di rado nella vita)” (E. Corti, Il cavallo rosso, 1° vol., S. Paolo, 2008, p. 20).

Non credo che E. Corti esprima un’amara cruda verità, piuttosto un franco realismo che non esclude, anzi apre un orizzonte di speranza, che traspare in crescendo lungo il romanzo.
Duy Hyynh, Big heart botany
(Grande cuore floreale)
In questo siamo tutti d’accordo: “ci sembra ovvio, quasi dovuto” voler vivere ed essere felici. Ma come si fa? Il problema nasce dalle strade da seguire e dal significato e valore che ognuno di noi attribuisce a “felicità”. Forse si può azzardare che in noi tutti si possa rinvenire un minimo comun denominatore, seppure vago e nebuloso: nostalgia dell’Eden, gioia di vivere una pienezza di vita serena, conviviale, agapica, ricca di sicurezze esterne ed interiori, appagata nei desideri affetti ed attese. Ma tale comun denominatore è interpretato e perseguito secondo prospettive multiformi, in non pochi casi illusorie e perlopiù tra loro contrastanti e contraddittorie.
Lascio agli storiografi ed ai filosofi la declinazione della felicità nelle proposte etiche che si sono succedute nel tempo.
Duy Huynh, Of wind and water
(Di vento e di acqua)
Guardiamoci piuttosto attorno e dentro di noi. Oggi questa nostra società liquida è determinata profondamente da un ethos prevalentemente definito dalla soddisfazione immediata e senza ostacoli del principio del piacere che si concretizza nel bisogno di successo, di consumo, di gradimento, qui e subito. La felicità così intesa rifiuta ogni privazione e rinuncia, non intende differire la soddisfazione dei propri bisogni, non accetta impedimenti di sorta, soprattutto rimuove a vista ogni situazione-limite (dolore, infermità, morte…).
Duy Huynh, Nevermind the clouds
(Non importano le nuvole)
Prendiamo pure le distanze da questo sentimento della vita, ma l’esperienza della felicità rimane comunque un obiettivo necessario per una vita degna di essere vissuta nella convivenza tra gli uomini. Anzi la garanzia migliore della felicità di me singolo è proprio nell’avere intorno a me felice il maggior numero possibile di persone felici. So bene che un persistente stato di felicità è del tutto illusorio: gioia e tristezza si avvicendano, ogni giorno non solo assaporiamo il dono della vita, ma anche nelle carni e nello spirito sperimentiamo la sua difficoltà, il suo peso, il suo lato oscuro fatto di imprevisti dolori lutti abbandoni tradimenti violenze e tante tempeste interiori.
Duy Huynh, Thanks for the melodies
(Grazie per le melodie)
Con ciò guai a rinunciare alla gioia di vivere, anche se sospesa e ondeggiante tra il gorgo narcisistico dell’ebbrezza dionisiaca e il desolato sprofondamento nella notte dello sconforto, che si perde nella profondità abissale del destino di morte della propria vita. Guai a stancarsi di chiedere a se stessi ed agli altri di essere felici. Mantenere questa tensione, questo anelito, questa disponibilità interiore è garantirsi, quando è il momento, di poter cogliere e gustare l’intensità degli avvenimenti ed il sapore degli istanti “felici”. Non senza condizioni. La felicità anche solo per brevi tratti di vita non è vincolata a fortuiti eventi estranei, non capita per caso, non cade inaspettata dal cielo.
Duy Huynh,
Strung together
(Intrecci.. radici di armonia
e albero su cui posano
tanti passeri)
La felicità non si consegna ciecamente agli avvenimenti che si avvicendano. Presuppone un progetto di vita, un processo di decisioni responsabili e libere per rendere migliori se stessi e contribuire a migliorare il mondo e considera spesso indispensabili - irrinunciabili appunto! - le rinunce nei confronti dei propri desideri, stimoli, bisogni di consumo. Non c’è tempo e spazio per la felicità se non sussiste un personale discernimento dell’ambiente naturale e sociale in cui si vive, se non si interagisce in termini conviviali nella dinamica delle relazioni interpersonali ed in quelle sociali.
Duy Huynh, Collecting Thoughts
(Raccolta di pensieri
rappresentati come lampadine)
Rimane infine la consapevolezza di un possesso sempre provvisorio, sempre da condividere ogni volta instancabilmente a piene mani perché la vera felicità si gode insieme agli altri, perché è nella speranza il suo cuore.








Su Duy Huynh, che gentilmente ci ha autorizzato a pubblicare le immagini...Le opere di Duy Huynh sono ariose, solari, calde. Vi si trova, in prima battuta, la delicatezza di una narrazione onirica e fiabesca. Eppure le immagini di questi dipinti non avrebbero il potere di farci sentire consolati se non vi avvertissimo dentro il nocciolo consapevole della malinconia. Quel che viene rappresentato sotto i nostri occhi è il vero volto della levità. Non la leggerezza superficiale e vuota di chi nulla sa della pesantezza, piuttosto la ricerca di una luminosità che riesca a trasfigurare la fuggevolezza, la precarietà, l’inconsistenza che attanaglia la nostra vita. Figure impalpabili di acqua, di vento, di volo… seminatori di luce, di musica, di fiori… piccoli squarci di felicità lungo il corso del nostro viaggiare.


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