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domenica 10 gennaio 2016

Il nome di Dio è Misericordia 1 -2- 3

Il nome di Dio è Misericordia (3)



Martedì a Roma Benigni presenta il libro-intervista di Tornielli al Papa

Ci sarà Roberto Benigni a presentare il libro-intervista «Il nome di Dio è Misericordia», martedì prossimo all’Augustianum di Roma, insieme al cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin e Zhang Agostino Jianqing, ospite del carcere di Padova. La presentazione sarà trasmessa in diretta da Tv2000 (canale 28 del digitale terrestre) a partire dalle 10.45 e sarà visibile anche sul sito web del nostro quotidiano (lastampa.it). 

Il 31 dicembre 2014, nell’omelia per la celebrazione dei vespri per il Te Deum di fine anno, Francesco aveva evocato una espressione di Benigni. Il Papa parlava del peccato che rende schiavi e allontana dalla condizione di figli di Dio, con la debolezza dell’essere umano che finisce per renderci più disposti alla schiavitù per paura della libertà. «Diceva qualche giorno fa un grande artista italiano - aveva spiegato Bergoglio - che per il Signore fu più facile togliere gli Israeliti dall’Egitto che togliere l’Egitto dal cuore degli Israeliti. Erano stati, sì, liberati “materialmente” dalla schiavitù, ma durante la marcia nel deserto con le varie difficoltà e con la fame cominciarono allora a provare nostalgia per l’Egitto e ricordavano quando “mangiavano ... cipolle e aglio” (cfr. Libro dei Numeri 11,5); ma si dimenticavano però che ne mangiavano al tavolo della schiavitù». 

Quel «grande artista italiano» era l’attore e regista toscano, che pochi giorni prima era stato protagonista di due puntate su RaiUno dedicate ai Dieci Comandamenti e nella parte iniziale del programma aveva usato quell’immagine. Parole che evidentemente avevano colpito Francesco, il quale aveva visto la prima puntata, e nei giorni successivi aveva telefonato a Benigni. La rilettura dei Dieci Comandamenti è stata replicata in prima serata lo scorso 25 dicembre, risultando il programma più visto. 

Il libro-intervista da oggi in libreria per le edizioni Piemme, esce in contemporanea in 86 Paesi: tra gli editori ci sono Penguin Random House US, Commonwealth Bluebird, Kösel-Verlag e Planeta. 
http://www.lastampa.it/
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Il nome di Dio è Misericordia”. E’ il titolo del libro-intervista di Papa Francesco con il vaticanista Andrea Tornielli. Il volume - edito dalla Piemme - verrà pubblicato martedì 12 gennaio con un lancio mondiale in 86 Paesi. Oggi su quattro giornali italiani: La StampaCorriere della SeraRepubblicaed Avvenire sono stati pubblicati quattro differenti estratti del volume.


“Il Papa è un uomo che ha bisogno della misericordia di Dio”. Papa Francesco lo confida nella conversazione con Andrea Tornielli da cui è scaturito il libro “Il nome di Dio è misericordia”. Il Pontefice torna a ribadire il suo “rapporto speciale” con i carcerati. “Ogni volta che varco la porta di un carcere per una celebrazione o per una visita – spiega al vaticanista deLa Stampa – mi viene sempre questo pensiero: perché loro e non io”, “le loro cadute avrebbero potuto essere le mie, non mi sento migliore di chi ho di fronte”.
Come Pietro, anche i suoi Successori sono peccatori
“Può scandalizzare questo – ammette – ma mi consolo con Pietro: aveva rinnegato Gesù e nonostante questo è stato scelto”. Il Papa rammenta di essere stato colpito nel leggere alcuni testi di Paolo VI e Giovanni Paolo I – Albino Luciani definiva se stesso “la polvere” – sul senso dei propri limiti, delle proprie incapacità che sono colmate dalla misericordia di Dio. San Pietro, riprende, ha tradito Gesù. “E se i Vangeli ci descrivono il suo peccato, il suo rinnegamento – annota – e se nonostante tutto ciò Gesù gli ha detto: Pasci le mie pecorelle, non credo che ci si debba meravigliare se anche i suoi Successori descrivono se stessi come peccatori”. In un altro passaggio del volume, Francesco afferma dunque che può “leggere” la sua vita attraverso il capitolo 16 del Libro di Ezechiele laddove il profeta “parla della vergogna”.
Vergogna è grazia che ci fa sentire la misericordia di Dio
La vergogna, sottolinea il Papa, è una “grazia: quando uno sente la misericordia di Dio, ha una grande vergogna di se stesso, del proprio peccato”. La vergogna, evidenzia, “è una delle grazie che Sant’Ignazio fa chiedere nella confessione dei peccati davanti al Cristo crocifisso”. Quel testo di Ezechiele, confida, “insegna a vergognarti”, ma “con tutta la tua storia di miseria e di peccato, Dio ti rimane fedele e ti innalza”. Francesco rammenta padre Carlos Duarte Ibarra, il confessore che incontrò nella sua parrocchia il 21 settembre 1953, giorno in cui la Chiesa celebra San Matteo: “Mi sentii accolto dalla misericordia di Dio confessandomi da lui”. Un’esperienza così forte che, anni dopo, la vocazione di San Matteo descritta nelle omelie di San Beda il Venerabile sarebbe diventata il suo motto episcopale: miserando atque eligendo.
Chiesa esiste per permettere l’incontro con la misericordia di Dio
Francesco approfondisce dunque la missione della Chiesa nel mondo. Innanzitutto, evidenzia che la “Chiesa condanna il peccato perché deve dire la verità”. Al tempo stesso, però, “abbraccia il peccatore che si riconosce tale, lo avvicina, gli parla della misericordia infinita di Dio”. Gesù, evidenzia Francesco, “ha perdonato persino quelli che lo hanno messo in croce e lo hanno disprezzato”. Il Papa richiama la parabola del Padre misericordioso e del figlio prodigo. “Seguendo il Signore – è la sua riflessione – la Chiesa è chiamata a effondere la sua misericordia su tutti coloro che si riconoscono peccatori, responsabili del male compiuto, che si sentono bisognosi di perdono”. “La Chiesa – avverte ancora Francesco – non è al mondo per condannare, ma per permettere l’incontro con quell’amore viscerale che è la misericordia di Dio”.
Giubileo faccia emergere sempre più volto di una Chiesa materna
Per annunciare la misericordia di Dio, soggiunge il Papa, “è necessario uscire”. “Uscire dalle chiese e dalle parrocchie, uscire e andare a cercare le persone là dove vivono, dove soffrono e dove sperano”. Torna dunque all’immagine della Chiesa come “ospedale da campo” e annota che la “Chiesa in uscita ha la caratteristica di sorgere là dove si combatte: non è la struttura solida, dotata di tutto, dove ci si va a curare per le piccole e grandi infermità”: “vi si pratica la medicina d’urgenza, non si fanno i check-up specialistici”. Quindi, auspica che “il Giubileo straordinario faccia emergere sempre di più il volto di una Chiesa che riscopre le viscere materne della misericordia e che va incontro ai tanti feriti bisognosi di ascolto, compassione, perdono, amore”.
Peccatori sì, ma non accettare lo stato di corruzione
Francesco torna poi a riflettere sulla distinzione tra peccato e corruzione. Quest’ultima, osserva, “è il peccato che invece di essere riconosciuto come tale e di renderci umili, viene elevato a sistema, diventa un abito mentale, un modo di vivere”. “Il peccatore pentito, che poi cade e ricade nel peccato a motivo della sua debolezza – ribadisce – trova nuovamente perdono, se si riconosce bisognoso di misericordia. Il corrotto, invece, è colui che pecca e non si pente, colui che pecca e finge di essere cristiano, e con la sua doppia vita dà scandalo”. “Non bisogna accettare lo stato di corruzione come se fosse soltanto un peccato in più – è il monito del Pontefice – anche se spesso si identifica la corruzione con il peccato, in realtà si tratta di due realtà distinte seppur legate tra loro”. “Uno – constata – può essere un grande peccatore e ciononostante può non essere caduto nella corruzione”. Francesco fa l’esempio di alcune figure come Zaccheo, Matteo, la Samaritana, Nicodemo e il buon ladrone. “Nel loro cuore peccatore – afferma – tutti avevano qualcosa che li salvava dalla corruzione. Erano aperti al perdono, il loro cuore avvertiva la propria debolezza, e questo è stato lo spiraglio che ha fatto entrare la forza di Dio”. RV
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Fatto Quotidiano
(Francesco Grana) “Io preferisco che le persone omosessuali vengano a confessarsi, che restino vicine al Signore, che si possa pregare insieme. Puoi consigliare loro la preghiera, la buona volontà, indicare la strada, accompagnarle”. È il messaggio che Papa Francesco affida al suo primo libro intervista intitolato “Il nome di Dio è Misericordia” scritto insieme al vaticanista Andrea Tornielli, coordinatore di Vatican Insider, e coedito da Piemme e dalla Libreria Editrice Vaticana. (...)

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La Nación
Este martes, saldrá a la venta en más de 80 países el primer libro-entrevista sobre el papa Francisco . El autor del volumen es el vaticanista Andrea Tornielli pasó varias horas junto al Sumo Pontífice y a partir de allí armó "El nombre de Dios es misericordia", un libro que se mete de lleno en los temas más actuales y polémicos de la Iglesia católica actual: el divorcio, los homosexuales, la corrupción. Respecto de los homosexuales, Bergoglio  (...)

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Under Pope Francis, the Catholic church seems poised belatedly to embrace the 21st century. Since his surprise election in March 2013, the former Cardinal Jorge Bergoglio of Buenos Aires has singlehandedly transformed the backward-looking image of this multinational of 1.3 billion souls by dint of his winning personality, his personal asceticism and his outspoken commitment to those on the margins. (...)

Il nome di Dio è Misericordia (2)


Il primo libro di Francesco. "Nessun peccato è troppo grande per Dio"

La Repubblica

(Paolo Rodari) Un affondo profondissimo nel cuore del cristianesimo e, dunque, nell'essenza del pontificato di Francesco: Dio è misericordia, nessun peccato è troppo grande ai suoi occhi. È il succo del primo libro del Papa, "Il nome di Dio è misericordia" (Piemme), scritto col vaticanista Andrea Tornielli e che sarà presentato a Roma il 12 gennaio (data di uscita in contemporanea in 86 Paesi) con la presenza di Roberto Benigni e diretta di Tv2000.
Francesco l'ha sentito nel proprio intimo fin dall'inizio del suo pontificato: è questo il tempo propizio, il "kairòs" della misericordia. Non c'è n'è mai troppa nella Chiesa. E ricorda, Francesco, il suo predecessore Albino Luciani che in un'omelia parlò di padre Lepoldo Mandic che veniva accusato di essere troppo largo in confessionale: "È stato il Signore a essere largo", rispose. "Bisogna entrare nel buio, nella notte che attraversano tanti nostri fratelli", dice oggi Francesco. Bergoglio fa esempi concreti. Tre più di altri sorprendono, perché testimoniano la larghezza d'animo di un pastore che ha fatto sua l'idea che la Chiesa o è "prossima" alla gente - "propter homines" - o non è. Il primo è il racconto di una sua nipote che si è sposata civilmente con un uomo prima che lui potesse avere il processo di nullità matrimoniale. "Quest'uomo era tanto religioso - spiega il Papa - che tutte le domeniche andando a messa andava al confessionale e diceva: "Io so che lei non mi può assolvere, ma ho peccato in questo e quest'altro, mi dia una benedizione". Questo è un uomo religiosamente formato". Il secondo esempio è un ritorno sulle parole che il Papa disse di ritorno dal viaggio in Brasile nel 2013 a proposito delle persone omosessuali: "Chi sono io per giudicare?". Francesco rivela che gli piace il fatto che "si parli di "persone omosessuali": prima c'è la persona, nella sua interezza e dignità. E la persona non è definita soltanto dalla sua tendenza sessuale: non dimentichiamoci che siamo tutti creature amate da Dio, destinatarie del suo infinito amore. Io preferisco che le persone omosessuali vengano a confessarsi, che restino vicine al Signore, che si possa pregare insieme. Puoi consigliare loro la preghiera, la buona volontà, indicare la strada, accompagnarle". "La Chiesa non è al mondo per condannare ma per accogliere", dice Francesco. E di ciò si accorse una prostituta di Buenos Aires (terzo esempio). Ricevette dalla Caritas un pacco per Natale. Ringraziò Bergoglio non per il regalo, ma perché, gli disse, "lei non ha mai smesso di chiamarmi "signora"". È la delicatezza di un Papa che vuole prossimità, insistendo su misericordia e tenerezza di Dio, tratti salienti di un magistero che già al Concilio portarono a un nuovo inizio.
Un brano del libro 
Il vizio dei corrotti incapaci di pentirsi. La corruzione è il peccato che invece di essere riconosciuto come tale e di renderci umili, viene elevato a sistema, diventa un abito mentale, un modo di vivere. Non ci sentiamo più bisognosi di perdono e di misericordia, ma giustifichiamo noi stessi e i nostri comportamenti. Gesù dice ai suoi discepoli: se anche un tuo fratello ti offende sette volte al giorno e sette volte al giorno torna da te a chiederti perdono, tu perdonalo. Il peccatore pentito, che poi cade e ricade nel peccato a motivo della sua debolezza, trova nuovamente perdono, se si riconosce bisognoso di misericordia. Il corrotto, invece, è colui che pecca e non si pente, colui che pecca e finge di essere cristiano, e con la sua doppia vita dà scandalo. Il corrotto non conosce l' umiltà, non si ritiene bisognoso di aiuto, conduce una doppia vita. Nel 1991 avevo dedicato a questo tema un lungo articolo, pubblicato come piccolo libro Corrupción y pecado [nella versione italiana Guarire dalla corruzione, N.d.R.]. Non bisogna accettare lo stato di corruzione come se fosse soltanto un peccato in più: anche se spesso si identifica la corruzione con il peccato, in realtà si tratta di due realtà distinte, seppure legate tra loro. Il peccato, soprattutto se reiterato, può portare alla corruzione, non però quantitativamente - nel senso che un certo numero di peccati fanno un corrotto - quanto piuttosto qualitativamente: si generano abitudini che limitano la capacità di amare e portano all' autosufficienza. Il corrotto si stanca di chiedere perdono e finisce per credere di non doverlo più chiedere. Non ci si trasforma di colpo in corrotti, c' è un declino lungo, nel quale si scivola e che non si identifica semplicemente con una serie di peccati. Uno può essere un grande peccatore e ciononostante può non essere caduto nella corruzione. Guardando al Vangelo penso ad esempio alle figure di Zaccheo, di Matteo, della samaritana, di Nicodemo, del buon ladrone: nel loro cuore peccatore tutti avevano qualcosa che li salvava dalla corruzione. Erano aperti al perdono, il loro cuore avvertiva la propria debolezza, e questo è stato lo spiraglio che ha fatto entrare la forza di Dio. Il peccatore, nel riconoscersi tale, in qualche modo ammette che ciò a cui ha aderito, o aderisce, è falso. Il corrotto, invece, nasconde ciò che considera il suo vero tesoro, ciò che lo rende schiavo, e maschera il suo vizio con la buona educazione, facendo sempre in modo di salvare le apparenze. È un lungo declino nel quale si affonda cercando di salvare soltanto l' apparenza".

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La Croix 
(Sébastien Maillard) Un livre d’entretiens du pape avec son ami journaliste italien, Andrea Tornielli, sort mardi 12 janvier, intitulé Le nom de Dieu est miséricorde. Jorge Bergoglio explique pourquoi la miséricorde est au centre non seulement de sa vie mais aussi des rapports de l’Église avec le monde. La miséricorde de Dieu a bouleversé Jorge Bergoglio dès sa jeunesse. Elle est inscrite dans sa devise épiscopale. Elle est le mot d’ordre de son pontificat. La raison d’être du Jubilé commencé il y a un mois. Plus encore, la mission première de l’Église. Et le remède d’une humanité blessée. (...)



E il Papa mi disse: “Dio perdona con una carezza non con un decreto”
Vatican Insider
(Andrea Tornielli) Esce il libro-intervista con Francesco del vaticanista de La Stampa. Il 13 marzo 2015, mentre ascoltavo l’omelia della liturgia penitenziale al termine della quale Papa Francesco stava per annunciare l’Anno Santo straordinario, ho pensato: sarebbe bello potergli porgere alcune domande incentrate sui temi della misericordia e del perdono, per approfondire ciò che quelle parole avevano significato per lui, come uomo e come sacerdote. Senza la preoccupazione di ottenere qualche frase a effetto che entrasse nel dibattito mediatico attorno al sinodo sulla famiglia, spesso ridotto a un derby fra opposte tifoserie.  (...)

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Vatican Insider

Anticipiamo quattro stralci del libro-intervista «Il nome di Dio è Misericordia» (Piemme, pagg. 120, 15 euro), in libreria da martedì 12 gennaio. Tempo di misericordia  - Posso leggere la mia vita attraverso il capitolo 16 del Libro del profeta Ezechiele. Leggo quelle pagine e dico: ma tutto questo sembra scritto per me! Il profeta parla della vergogna, e la vergogna è una grazia: quando uno sente la misericordia di Dio, ha una grande vergogna di se stesso, del proprio peccato. C’è un bel saggio di un grande studioso della spiritualità, padre Gaston Fessard, dedicato alla vergogna, nel suo libro La Dialectique des “Exercises spirituels” de S. Ignace de Loyola. La vergogna è una delle grazie che sant’Ignazio fa chiedere nella confessione dei peccati davanti al Cristo crocifisso.  (...)

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AnticipazioneSarà disponibile da martedì 12 gennaio, anche in versione ebook, il libro intervista di papa Francesco Il nome di Dio è misericordia (Edizioni Piemme; pagine 120; euro 15) frutto di una conversazione con il vaticanista del quotidiano “La Stampa”, Andrea Tornielli. Volume di cui pubblichiamo un’anticipazione. Si tratta del passaggio in cui il Papa spiega che cos’è per lui la misericordia, quale posto ha nel suo cuore. In particolare rispondendo alle domande di Tornielli, Francesco ricorda il capitolo 16 del Libro di Ezechiele in cui si paragona Israele a una bambina «gettata via». (...) 


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Dal fedifrago devoto alla prostituta per forza: aneddoti di misericordia

La Repubblica

(Vito Mancuso) Non si deve chiedere quello che non può dare a questo libro-intervista di Papa Francesco con Andrea Tornielli, delle cui 120 pagine a stampa più di un terzo sono bianche o di strumenti redazionali. Quello che il libro può dare e dà effettivamente è la saggezza vissuta di un uomo di Dio che crede profondamente nel Vangelo e nella sua capacità di rinnovare la vita. Dalla sua lunga esperienza il papa trae una serie di aneddoti, uno più fresco dell' altro, raccontati sempre con grazia e delicatezza. 
C'è la vecchietta argentina che dice che Dio perdona sempre perché altrimenti il mondo non esisterebbe, la donna sola che per mantenere i figli si prostituisce e che ringrazia di essere chiamata comunque "signora", l' uomo devoto che non perde una messa e ha una relazione con la cameriera e si giustifica dicendo che le cameriere ci sono anche per questo, la donna che non si confessa da quando aveva 13 anni perché allora il prete le chiese dove teneva le mani mentre dormiva, la signora cui vengono richiesti per prima cosa 5.000 dollari per la causa di nullità matrimoniale, la ragazza che nel postribolo incontra l' uomo che forse la sposerà e che per questo si reca in pellegrinaggio, e altri vividi esempi di concretissima umanità. Tutto il procedere del libro è segnato dall' esperienza del peccato, cui il papa attribuisce un' importanza decisiva, rendendola quasi una condizione indispensabile dell' esperienza spirituale: se il nome di Dio infatti è misericordia, solo chi ha bisogno di misericordia, cioè il peccatore, lo può incontrare. Il peccato, a partire dal peccato originale ritenuto "qualcosa di realmente accaduto alle origini dell' umanità" (p. 58), funziona quindi come un paradossale pre-sacramento. Per questo coloro che non ne hanno il rimorso sono il vero bersaglio polemico, cui il Papa giunge persino ad augurare di peccare: "Ad alcune persone tanto rigide farebbe bene una scivolata, perché così, riconoscendosi peccatori, incontrerebbero Gesù" (p. 82). L' altro aspetto su cui il libro si sofferma a lungo è il sacramento della confessione, che per il Papa è il luogo concreto per incontrare la misericordia di Dio e al cui riguardo non mancano consigli ai confessori. Il libro è un campione esemplare della spiritualità di Bergoglio: la vita è una guerra, vi sono molti feriti, la Chiesa è un ospedale da campo, i suoi ministri devono operare come medici e infermieri. La misericordia di cui parla il Papa si configura quindi come un' operazione strettamente ecclesiastica. Anche il suo Dio è quello della più tradizionale dottrina cattolica basata sul nesso tra peccato originale e redenzione tramite il sacrificio: "Il Padre ha sacrificato suo Figlio". Che cosa invece non si deve chiedere al libro perché non lo dà? Non si deve chiedere la trattazione, anche solo come accenno, delle capitali questioni filosofiche e teologiche sottese all' argomento trattato. Per quanto riguarda la dimensione filosofica, la questione del peccato e del suo perdono rimanda al rapporto tra coscienza, libertà e giudizio morale. E le domande che sorgono dal contesto contemporaneo sono: esiste realmente la coscienza? Siamo veramente liberi e quindi responsabili del bene e del male commessi? Il bene e il male esistono come qualcosa di oggettivo o si tratta di convenzioni culturali che l' uomo più evoluto può superare andando "al di là del bene e del male"? Per quanto riguarda la teologia, la questione principale concerne il rapporto tra grazia e libertà: la misericordia di Dio si dà del tutto gratuitamente o per renderla efficace è necessario un primo passo dell' uomo? La dottrina ecclesiastica condannò come eretica (definendola per la precisione semipelagiana) la prospettiva secondo cui la misericordia divina dipende da un primo piccolo passo dell' uomo. Eppure questa è esattamente la tesi sostenuta più volte dal papa (a pp. 15, 50 e 72), in linea con la tradizione della teologia gesuita che tra la fine del 500 e l' inizio del 600 scatenò una violenta e non conclusa polemica con i più tradizionali domenicani detta "controversia de auxiliis". Vi è poi la questione della vita futura: se la misericordia è veramente il nome di Dio, come giustificare la dannazione eterna dell' inferno? Fosse anche solo per pochi, o anche solo per l' angelo decaduto diventato il Diavolo, l' esistenza dell' inferno eterno rende aporetica l' affermazione della misericordia quale nome di Dio. Se la tesi del papa, come io ritengo, è vera, essa impone logicamente la dottrina detta "apocatastasi", cioè il perdono finale per tutti. Essa lungo la storia fu sostenuta da grandi teologi, ma purtroppo è eretica per la dottrina ufficiale della Chiesa. Tali questioni non le si deve chiedere a questa pubblicazione d' occasione, ma al papa e alla sua sapienza ritengo di sì.


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Una Chiesa materna che alla condanna preferisce il perdono
Corriere della Sera

(Gian Guido Vecchi) Accetti l' elezione? « Peccator sum, sed super misericordia et infinita patientia Domini nostri Iesu Christi confidus et in spiritu penitentiae accepto ». Cappella Sistina, 13 marzo 2013, alle 18.50 Bergoglio supera il quorum e nella risposta al Decano del Conclave lo dice come premessa alla formula di accettazione: «Sono un peccatore». Una consapevolezza che ciascuno dovrebbe chiedere al Signore come una «grazia», spiega Francesco nella conversazione con Andrea Tornielli raccolta nel libro Il nome di Dio è Misericordia , in uscita in 86 Paesi. Perché Dio ci attende a braccia aperte come il padre del Figliol prodigo, «aspetta che gli concediamo soltanto quel minimo spiraglio per potere agire in noi col suo perdono». Il Papa, che alla misericordia ha dedicato un Giubileo, riassume: «Dobbiamo tornare al Vangelo». Perché «la Chiesa non è al mondo per condannare, ma per permettere l' incontro con quell' amore viscerale che è la misericordia di Dio». Un amore materno (nel greco dei Vangeli, il verbo che indica la compassione di Gesù è splanchnízomai e viene da splánchna , l'«utero» o le «viscere» della madre) come materna deve essere la Chiesa: «Bisogna entrare nella notte che attraversano tanti nostri fratelli». La nostra epoca è «un kairós di misericordia», un «tempo opportuno» per l' umanità ferita del presente. Francesco ricorda una madre sola che si prostituiva per mantenere i figli e lo ringraziava perché la chiamava sempre «signora». Con buona pace dei cristiani che, come i «dottori della legge», hanno perduto «lo stupore di fronte alla salvezza che ci è stata donata», si credono puri e sono ipocriti: Bergoglio racconta di un neonato morto e lasciato sulla soglia della chiesa da un parroco perché non ancora battezzato. L' ipocrisia è anche la corruzione, distinta dal peccato: «Il corrotto è colui che pecca e non si pente e finge di essere cristiano. Che si lamenta per la scarsa sicurezza nelle strade, ma poi truffa lo Stato evadendo le tasse...». Misericordia o verità? «La misericordia è vera, è il primo attributo di Dio. Poi si possono fare delle riflessioni teologiche su dottrina e misericordia, ma senza dimenticare che la misericordia è dottrina. Io amo piuttosto dire: la misericordia è vera». Francesco ripete che i confessionali «non devono mai essere stanze di tortura». E racconta: «Io ho una nipote che ha sposato civilmente un uomo prima che lui potesse avere il processo di nullità matrimoniale. Volevano sposarsi, si amavano, volevano dei figli, ne hanno avuti tre. Il giudice civile aveva assegnato a lui anche la custodia dei figli avuti nel primo matrimonio. Quest' uomo era tanto religioso che andava al confessionale e diceva al sacerdote: "Io so che lei non mi può assolvere, ma ho peccato, mi dia una benedizione". Questo è un uomo religiosamente formato». Esemplare il passaggio sugli omosessuali. È rimasta storica una frase di Francesco: «Chi sono io per giudicare?». Ora spiega: «Innanzitutto mi piace che si parli di "persone omosessuali": prima c' è la persona, nella sua interezza e dignità. E la persona non è definita soltanto dalla sua tendenza sessuale: non dimentichiamoci che siamo tutti creature amate da Dio, destinatarie del suo infinito amore. Io preferisco che le persone omosessuali vengano a confessarsi, che restino vicine al Signore, che si possa pregare insieme. Puoi consigliare loro la preghiera, la buona volontà, indicare la strada, accompagnarle».

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"Giubileo della Misericordia, istruzioni per l’uso”. In un libro l’intervista di Tornielli al Papa 
 Faro di Roma 
L’Anno Santo Straordinario che stiamo vivendo contribuirà ad abbattere le troppe “dogane pastorali” che impediscono alle persone, in particolare alle più piccole e deboli, di ottenere la grazia dei sacramenti della quale la Chiesa è custode e non certo padrona. Papa Francesco affida questa speranza alla lunga intervista concessa al vaticanista Andrea Tornielli, che la pubblica in un libro intitolato “Il nome di Dio è Misericordia”, (...) 

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Francis lays out case for mercy in 1st book as pope 
 AP 
(Nicole Winfield) Pope Francis lays out his case for emphasizing the merciful face of the Catholic Church in his first book as pontiff, saying God never tires of forgiving and actually prefers the sinners who repent over self-righteous moralizers who don't. "The Name of God Is Mercy," a 100-page conversation with Italian journalist Andrea Tornielli, is being published this week in 86 countries to help kick-start Francis' Holy Year of Mercy. A copy was provided in advance to The Associated Press on Sunday. (...) 
Pope Francis: ‘Why we all need mercy’  (John Bingham and Peter Stanford, The Telegraph)
Pubblicato da   Kairos

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