Selezione delle frasi più belle e dei migliori aforismi di Kahlil Gibran (Bsharri 1883 - New York 1931), poeta, pittore e aforista libanese. All'età di 12 anni, nel 1895, Gibran emigrò con la famiglia negli Stati Uniti, dove visse nelle città di New York e Boston. La sua fama è legata soprattutto alla pubblicazione de Il Profeta (The Prophet, 1923), libro a sfondo spiritualistico tradotto in più di venti lingue e ancora oggi testo tra i più letti e amati, specie tra i giovani. In una lettera del 1919 alla scrittrice libanese May Ziadah (con la quale instaurerà un rapporto d'amore platonico), Gibran spiega come l'idea di quest'opera si sia fatta strada in lui: "Quanto al Profeta, è un libro che ho pensato di scrivere mille anni fa, ma fino alla fine dello scorso anno non ne avevo messo sulla carta neppure un capitolo. Che cosa posso dirti di questo profeta? Egli è la mia rinascita e il mio primo battesimo, il solo pensiero in me che mi renderà degno di stare alla luce del sole. Perché questo profeta mi aveva già «scritto» prima che io tentassi di «scrivere» lui, mi aveva creato prima che io lo creassi, e mi aveva silenziosamente istradato in modo che potessi seguirlo per settemila leghe prima di comparirmi davanti a dettarmi i suoi desideri e le sue inclinazioni". [1] Vale la pena riportare qui anche un brano della lettera che May Ziadah scrisse a Gibran nel 1923 subito dopo aver ricevuto una copia de Il Profeta, perché esprime molto bene le sensazioni comuni a milioni di lettori quando leggono per la prima volta questo libro: "Il testo è più che mai bello, vicino, rivelatore, meraviglioso nel trasmettere la Realtà e nell'addolcire la consapevolezza. L'inglese, lo stile, la formulazione, la musica - è eccellente, Kahlil - proprio assolutamente bello... Questo libro sarà considerato uno dei tesori della letteratura inglese. E nelle nostre tenebre lo apriremo per ritrovare noi stessi e il cielo e la terra dentro di noi. Non basteranno generazioni a esaurirlo, anzi, una generazione dopo l'altra esse troveranno nel libro ciò che vorrebbero essere - e più gli uomini saranno maturi più esso sarà amato. È il libro più amorevole che mai sia stato scritto. E lo è perché tu sei il più grande amante che mai abbia scritto". [1] Il critico Suheil Bushrui ha affermato: "Il Profeta occupa una posizione unica nella letteratura mondiale e questo rende difficile al critico l'accertamento del suo valore. Spesso ingiustamente bollato da aridi intellettuali come una versione romanticizzata di dottrine filosofiche e religiose universali, è stato in un certo senso vittima del proprio stupefacente successo. La verità è che si tratta di un'opera ricca di pietà, intuito, speranza e ispirazione, che trasmette un messaggio eterno in cui si uniscono la dignità della Bibbia cristiana e la saggezza dei sufi islamici, formulato con una semplicità e una qualità ritmica che lo rendono accessibile a un'ampia cerchia di lettori". [1] La maggior parte delle altre opere di Gibran sono state pubblicate postume, compreso Il giardino del Profeta (The Garden of the Prophet, 1933), che è un po' il seguito della sua opera principale pubblicata dieci anni prima. Molte delle citazioni presenti su Aforismario sono tratte, inoltre, da due testi aforistici di Gibran: Sabbia e spuma (Sand and Foam, 1926) e Massime spirituali (Spiritual Sayings, postumo 1962). Bisogna dire che nonostante il successo di pubblico, Kahlil Gibran è stato anche molto criticato per l'ambiguità e l'oscurità di molti suoi testi, considerati una confusa commistione di filosofia e misticismo, di suggestioni religiose tradotte dal cristianesimo, l'islamismo e l'induismo. Forse è pensando a queste critiche che Kahlil Gibran ha scritto in Sabbia e spuma: "Half of what I say is meaningless, but I say it so that the other half may reach you": "Metà di ciò che dico non ha alcun senso; ma lo dico perché vi sia, a raggiungerti, almeno l’altra metà".
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« Non chiamare stolto nessuno tra voi, giacché in verità noi non siamo né saggi né stolti. Siamo verdi foglie sull'albero della vita, e la vita stessa è al di là della saggezza e, certo, al di là della stoltezza. »
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( Kahlil Gibran da Il Giardino del Profeta) |
Libri di Kahlil Gibran consigliati
Il profeta
Il giardino del profeta
Traduzione P. Oppezzo; N. Crocetti
Editore Mondadori, 1993
Strutturate nella forma del versetto, Il profeta e Il giardino del profeta, le due opere più celebri di Gibran, raccontano il rapporto tra l'uomo e l'uomo e quello tra l'uomo e la natura, trattati con la pienezza della visione mistica e panteistica della vita e della morte conforme alla dottrina del loro autore. Il Profeta è costituito da una serie di ventisei sermoni su aspetti specifici del rapporto dell'uomo con il suo simile, con un prologo e un epilogo - parti valide di per sé - e dodici illustrazioni. Nel prologo, «L'arrivo della nave», il profeta Almustafa è in attesa di una nave che lo riporterà nel suo paese natale dopo dodici anni di esilio nella terra di Orphalese. Vedendola arrivare, prova un misto di tristezza e di gioia per il distacco imminente da un luogo in cui gli è stata dimostrata tanta amabilità. La gente lo implora di rimanere ma la veggente Almitra gli dice che deve partire, esortandolo tuttavia, prima della partenza, a «trasmetterei la tua verità» e a «rivelarci quello che ti è stato mostrato di ciò che esiste tra la nascita e la morte». I sermoni che seguono, ognuno dei quali è ispirato dalla domanda di un componente la moltitudine, prendono in considerazione rispettivamente Amore, Matrimonio, Figli, Donare, Mangiare e Bere, Lavoro, Gioia e Dolore, Case, Abiti, Comprare e Vendere, Colpa e Castigo, Leggi, Libertà, Ragione e Passione, Dolore, Conoscenza di sé, Insegnamento, Amicizia, Conversare, Tempo, Bene e Male, Preghiera, Piacere, Bellezza, Religione e Morte. Alla fine Almustafa ringrazia e benedice il popolo di Orphalese in un lungo epilogo sul destino umano, «L'Addio», nel quale viene sottolineata l'importanza dell'io più grande, dell'amore, e dell'unicità della vita. Triste perché deve lasciarli, prima di salire a bordo della nave e far vela per la sua terra natale, egli promette ai presenti di ritornare sotto un'altra forma.
Sabbia e schiuma
Editore Mondadori, 1999
I detti, gli aforismi, le riflessioni di un saggio pervase da un intenso misticismo. Portando alle estreme conseguenze la suàrten-denza alla frase breve e densa, preceduta e seguita dal silenzio evocativo, Gibran trova nella sequenza di «detti» la sua forma più congeniale, quella che gli consente di rendere significativo, anche con l'evidenza della disposizione grafica, soprattutto il silenzio tra l'una e l'altra affermazione: «La parola distingue e imprigiona, il silenzio libera e unisce». Sabbia e schiuma, lungi dall'essere un'opera marginale, è più vicina di quanto l'autore stesso sembri supporre alla «parola unica» e unificante da lui cercata.
Note
Note
- Le lettere citate all'inizio sono tratte dall'edizione de Il Profeta pubblicata dalla Rizzoli nel 1993, con introduzione di Suheil Bushrui e traduzione di Ariodante Marianni.
- Buona parte degli aforismi riportati in questa pagina sono tratti da: Khalil Gibran, Tutte le poesie e i racconti © 1993-2011 Newton Compton. Traduzioni di Tommaso Pisanti, Paolo E. Ribotta, Simonetta Traversetti, Franco Paris, Giampiero Cara, Elvira Cuomo, Francesca Ciullini.
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