Le favole di Sepúlveda sono diventate un caso editoriale, soprattutto in Italia. Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare ha venduto, dice Guanda che l’ha ripubblicato nel 2002, due milioni di copie, più di un terzo che nel resto del mondo, dove ne sono state vendute 5,5 milioni. Sempre secondo Guanda le altre due favole – Storia di un gatto e del topo che diventò suo amico e Storia di una lumaca che scoprì l’importanza della lentezza – hanno venduto rispettivamente 340mila e 400mila copie. Sono libri molto brevi di circa 100 pagine l’uno, scritti in modo lineare e chiaro che nonostante siano rivolti ai bambini e abbiano per protagonisti gli animali, sono stati letti e apprezzati anche dagli adulti. Sono ispirate alle favole di animali a sfondo moraleggiante, una tradizione iniziata nell’antica Grecia con Esopo e proseguita nel Seicento con Jean de La Fontaine e Charles Perrault, fino ad arrivare ai giorni nostri, agli anni Settanta con Il gabbiano Jonathan Livingston di Richard Bach.
Le prime due favole di Sepúlveda parlano di amicizia e solidarietà nella diversità, la terza valorizza la lentezza: sono tutti temi politici vicini alla militanza di sinistra di Sepúlveda. In Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare, una gabbianella orfana viene adottata e cresciuta da un gruppo di gatti nel porto di Amburgo. Storia di un gatto e del topo che diventò suo amico racconta l’amicizia tra il vecchio gatto cieco Mix e il topo Mex, mentre Storia di una lumaca che scoprì l’importanza della lentezza parla di una lumaca che si mette in viaggio per scoprire il proprio nome e perché le lumache sono lente: si tratta di una metafora della decrescita felice e del rispetto dell’ambiente, in contrapposizione alla società moderna, veloce e frenetica. Nell’ultima favola, Storia di un cane che insegnò a un bambino la fedeltà, Sepúlveda racconta, attraverso gli occhi di un cane, il rispetto per la natura dei Mapuche, una popolazione che vive nel sud del Cile e dell’Argentina, da cui discende lo stesso scrittore.
Protagonista e voce narrante è Aufman, un cane lupo che viene adottato da una tribù Mapuche, chiamata anche la gente della terra (la parola Mapuche deriva dall’unione di mapu che significa “terra” e che “gente”). Aufman è stato adottato da Wenchulaf, il capo del villaggio, e cresce insieme a suo nipote Aukamañ. Aufman racconta la cultura dei Mapuche, il loro senso della comunità e il rispetto verso la natura, finché un giorno arrivano al villaggio i Wingka (o “uomini del branco”), che distruggono il villaggio Mapuche, uccidono Wenchulaf e catturano Aufman, che da quel momento vive tra gabbie e maltrattamenti ricordando con nostalgia gli odori e la vita nel villaggio. Grazie al suo ottimo fiuto, i Wingka gli danno il compito di dare la caccia a un misterioso fuggitivo che si nasconde al di là del fiume: in questo modo ritroverà le sue origini.
Luis Sepúlveda nacque a Ovalle, nel Cile meridionale, nel 1949. A 15 anni si iscrisse alla Gioventù comunista cilena, a 17 iniziò a lavorare come redattore per il giornale argentino Clarìn. Nel 1969 pubblicò il suo primo libro di racconti, Crònicas de Pedro Nadie, e vinse una borsa di studio per l’università di Mosca. Dopo pochi mesi però fu espulso per “atteggiamenti contrari alla morale proletaria” a causa dei rapporti con alcuni dissidenti. Tornò in Cile dove entrò in contatto con il gruppo di Salvador Allende – capo del Partito Socialista del Cile – che il 4 settembre 1970 diventò il primo Presidente marxista democraticamente eletto nel continente americano. Sepúlveda faceva parte del Grupo de amigos personales de Allende, che erano le guardie del corpo, i collaboratori e i confidenti del presidente.
L’11 settembre 1973 Allende fu destituito e ucciso da un golpe militare guidato da Augusto Pinochet. Sepúlveda – che era presente – fu arrestato e condannato da un tribunale militare a 28 anni di carcere, pena commutata in esilio dopo tre anni grazie alle pressioni di Amnesty International e dell’opinione pubblica di tutto il mondo. Sepúlveda sarebbe dovuto andare in Europa, ma durante lo scalo a Buenos Aires scappò dall’aeroporto. Girò quasi tutto il Sud America, vivendo in Uruguay, Brasile, Bolivia, Ecuador e Perù. Nel 1979 si unì alle Brigate Internazionali Simón Bolívar che stavano combattendo in Nicaragua. Dopo la vittoria dei sandinisti in Nicaragua iniziò a lavorare come giornalista, e l’anno successivo si trasferì in Europa, prima ad Amburgo, in Germania, poi in Francia, ma continuò a viaggiare moltissimo, soprattutto in Africa e in Sud America. Tra il 1982 e il 1987 lavorò anche sulle navi di Greenpeace, mentre dal 1996 vive a Gijón, in Spagna. Il suo primo romanzo – Il vecchio che leggeva romanzi d’amore, del 1989 – fu un grande successo e gli permise di diventare scrittore a tempo pieno. Ha pubblicato più di 25 libri, tra romanzi, saggi e favole (che rimangono il suo successo editoriale più importante).
Sepúlveda presenterà Storia di un cane che insegnò a un bambino la fedeltà in Italia il 24 e 25 ottobre a Milano al festival Bookcity, il 26 ottobre a Vicenza alla libreria Galla, e il 27 ottobre al “Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci” di Prato
Questa è l’introduzione al libro, dove compare Ignacio Kallfukurà, il prozio mapuche di Sepúlveda.
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Dungu – Parole…
Questo libro colma un debito che durava da tanti anni. Ho sempre sostenuto che gran parte della mia vocazione di scrittore nasce dal fatto di aver avuto nonni che raccontavano storie, e nel lontano Sud del Cile, in una regione chiamata Araucanía o Wallmapu, ho avuto un prozio, Ignacio Kallfukurá, mapuche (termine formato dall’unione di due parole – mapu, terra, e che, gente – la cui traduzione corretta è Gente della Terra), che al tramonto raccontava ai bambini mapuche storie nella sua lingua, il mapudungun. Io non capivo cosa dicevano tutti gli altri mapuche nella loro lingua nativa, però capivo le storie che narrava il mio prozio.
Erano storie che parlavano di volpi, puma, condor, pappagalli, ma le mie preferite erano quelle che raccontavano le avventure di wigña, il gatto selvatico. Capivo cosa raccontava il mio prozio perché, pur non essendo nato in Araucanía, nella Wallmapu, sono anche io mapuche. Sono anche io Gente della Terra.
Ho sempre desiderato raccontare una storia ai bambini mapuche, al tramonto, sulla riva del fiume, mangiando i frutti dell’araucaria e bevendo il succo delle mele appena raccolte negli orti.
Ora che mi avvicino all’età del mio prozio Ignacio Kallfukurá, vi racconto la storia di un cane cresciuto insieme ai mapuche. Di un cane che insegnò a un bambino la fedeltà.
Vi invito quindi in Araucanía, nella Wallmapu, il paese della Gente della Terra.
© Luis Sepúlveda 2015
By arrangement with Literarische Agentur Mertin
Inh. Nicole Witt e. K., Frankfurt am Main, Germany
© 2015 Ugo Guanda Editore S.r.l., Via Gherardini 10, Milano
Gruppo editoriale Mauri Spagnol
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