Antologia della Poesia Erotica contemporanea
By ItaliaLibri
Sezione Citazioni | (Testi)
AT the last, tenderly, From the walls of the powerful fortress'd house, From the clasp of the knitted locks, from the keep of the well-closed doors, Let me be wafted. Let me glide noiselessly forth; With the key of softness unlock the locks--with a whisper,\r\nSet open the doors O soul. Tenderly--be not impatient, (Strong is your hold, O mortal flesh, Strong is your hold O love.)
(di Walt Whitman, tratto da opera non segnalata)
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Mía: así te llamas.
¿Qué más harmonía? Mía: luz del día; mía: rosas, llamas. ¡Qué aroma derramas en el alma mía si sé que me amas! ¡Oh Mía! ¡Oh Mía! Tu sexo fundiste con mi sexo fuerte, fundiendo dos bronces. Yo triste, tú triste… ¿No has de ser entonces mía hasta la muerte?
(di Ruben Darìo, tratto da fonte sconosciuta)
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Amor, lo stato tuo è proprio quale è una ruota, che mai sempre gira, e chi v'è suso or canta ed or sospira, e senza mai fermarsi or scende or sale. Or ti chiama fedele, or disleale; or fa pace con teco, ed or s'adira; ora ti si dà in preda, or si ritira; or nel ben teme, ed or spera nel male; or s'alza al cielo, or cade ne l'inferno; or è lunge dal lido, or giunge in porto; or trema a mezza state, or suda il verno. Io, lassa me, nel mio maggior conforto sono assalita d'un sospetto interno, che mi tien sempre il cor fra vivo e morto.
(di Gaspara Stampa, tratto da opera non segnalata)
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Ti amo come se mangiassi il pane spruzzandolo di sale come se alzandomi la notte bruciante di febbre bevessi l'acqua con le labbra sul rubinetto ti amo come guardo il pesante sacco della posta non so che cosa contenga e da chi pieno di gioia pieno di sospetto agitato ti amo come se sorvolassi il mare per la prima volta in aereo ti amo come qualche cosa che si muove in me quando il crepuscolo scende su Istanbul poco a poco ti amo come se dicessi Dio sia lodato son vivo.
(di Nazim Hikmet, tratto da opera non segnalata)
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era la comunione con la terra. Bevevo con la mia magnifica esultanza guardando i suoi occhi neri che fuggivano come gazzelle. E mai coltre fu più calda e lontana e mai fu più feroce il piacere dentro la carne. Ci spezzavamo in due come il timone di una nave che si era aperta per un lungo viaggio. Avevamo con noi i viveri per molti anni ancora i baci e le speranze e non credevamo più in Dio perché eravamo felici.
(di Alda Merini, tratto da Clinica dell’abbandono (Einaudi 2003))
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E vattene, sei troppo innamorevole! Sei troppa seta per questa plastica rotta, troppi smeraldi, fibbie con cinghiali, e quando ti carezzi lo sguardo con le ciglia io Ravenna e Pisa su un sedile non so da dove cominciare a ammirarle, né so guidare con un Tiziano accanto che di sbieco e lontano tra alberelli mostra come un segreto un‘acqua azzurra ma di un azzurro che non è che un‘idea, l‘idea del fondo che sta di là del fondo di un labirinto come te di bellezza, che dall‘avorio ti porta alle perle e dalle perle alla schiuma del mare e dalla schiuma...scendi da questa macchina, sei troppo interamente seducente!
(di Rodolfo Wilcock, tratto da Poesia d'amore del novecento, Crocetti,)
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Scorgendo d‘un tratto i nostri corpi allacciati ingigantiti dal lume sulla parete di fronte penso con rimorso ai tuoi anni: non ho da offrirti che questo amoroso sperpero di carezze,questi battiti forsennati del cuore mentre affondo nel tuo mistero di brividi nel tuo modo spaventato di godere.
(di Stefano Simoncelli, tratto da Opera non specificata)
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Lasciami sciolte le mani e il cuore, lasciami libero. Lascia che le mie dita percorrano i sentieri del tuo corpo. La passione - sangue, fuoco, baci - mi incendia a fiamme tremanti. Ah, tu non sai che cos‘è questo! È la furia dei miei sensi che piega la foresta sensibile dei nervi. È la carne che grida con parole ardenti! È l‘incendio! E tu sei qui, donna, come un tronco intatto ora che va via tutta la mia vita in cenere verso il tuo corpo pieno, come la notte, di stelle. Lasciami libere le mani e il cuore, lasciami libero! Semplicemente ti desidero, io solo te desidero! Non è amore, è desiderio che brucia e si estingue, è precipitare di furie, avvicinamento dell‘impossibile, ma tu ci sei, ci sei per darmi tutto, e per darmi ciò che hai nascesti come io per raccoglierti, e desiderarti, e riceverti.
(di Pablo Neruda, tratto da Opera non specificata)
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Amore, non t‘incolpo, poiché la colpa fu mia, non fossi stato di creta comune, Avrei scalato le altezze somme, inviolate tuttora, visto l‘aria più piena, il giorno più ampio. Dalla ferocia della mia passione sprecata avrei tratto un canto migliore, più limpido, Acceso una luce più luminosa di più libera libertà, combattuto ingiustizie dalla testa d‘Idra. Se le mie labbra avessero avuto il dono della musica dai baci pungenti che le fecero sanguinare, Tu avresti camminato con gli angeli su quel prato verde e smalto. Avrei percorso la strada sulla quale Dante vide rifulgere i soli di sette cerchi, Si! forse avrei visto aprirsi i cieli, come si aprirono al Fiorentino. E le potenti nazioni avrebbero incoronato me, che ora sono senza corona e senza nome, E un‘alba d‘oriente mi avrebbe trovato genuflesso sulla soglia della Casa della Fama. Mi ero seduto in quel circolo marmoreo dove il bardo più vecchio è come il giovane E la zampogna versa eternamente miele, e le corde della lira sono tese in eterno. Keats avrebbe sollevato le sue chiome imenee dal vino di semi di papavero, Con bocca di ambrosia mi avrebbe baciato in fronte, la mia mano avrebbe serrato con la mano del nobile amore. E a primavera, quando i germogli del melo sfiorano il seno lucido della colomba, Due giovani amanti distesi in un frutteto avrebbero letto la storia del nostro amore. Avrebbero letto la leggenda della mia passione, conosciuto l‘amaro segreto del mio cuore, Si sarebbero baciati come ci siamo baciati noi, ma non separati come ora è destino che ci separiamo. Poiché il fiore cremisi della nostra vita è divorato dal verme della verità E nessuna mano può raccogliere i petali caduti e secchi della rosa della giovinezza. Pure non rimpiango di averti amato - ah! che altro avrei dovuto fare io...(...) - Poiché i famelici denti del tempo sbranano, e gli anni dai piedi silenziosi inseguono. Senza timone, andiamo alla deriva nella tempesta, e una volta passato il fortunale della gioventù, Senza lira, senza liuto o coro, la Morte, pilota silenzioso, finalmente viene. E nella tomba non c‘è piacere, poiché la cecilia si pasce della radice, E il desiderio diventa rabbrividendo cenere, e l‘albero della passione non da frutti. E meno cara la Citerea che si levava come un giglio d‘argento dal mare. Ho fatto la mia scelta, ho vissuto i miei carmi, e anche se la gioventù è sparita in sogni sprecati, Ho trovato la corona di mirto dell‘amante migliore di quella d‘alloro del poeta.
(di Oscar Wilde, tratto da Poems)
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Nera che porta via che porta via la via nera che non si vedeva da una vita intera così dolcenera nera nera che picchia forte che butta giù le porte nera di malasorte che ammazza e passa oltre nera come la sfortuna che si fa la tana dove non c‘è luna luna nera di falde amare che passano le bare ma la moglie di Anselmo non lo deve sapere ché è venuta per me è arrivata da un‘ora e l‘amore ha l‘amore come solo argomento e il tumulto del cielo ha sbagliato momento acqua che non si aspetta altro che benedetta acqua che porta male sale dalle scale sale senza sale sale acqua che spacca il monte che affonda terra e ponte ma la moglie di Anselmo sta sognando del mare quando ingorga gli anfratti si ritira e risale e il lenzuolo si gonfia sul cavo dell‘onda e la lotta si fa scivolosa e profonda acqua di spilli fitti dal cielo e dai soffitti acqua per fotografie per cercare i complici da maledire acqua che stringe i fianchi tonnara di passanti oltre il muro dei vetri si risveglia la vita che si prende per mano a battaglia finita come fa questo amore che dall‘ansia di perdersi ha avuto in un giorno la certezza di aversi acqua che ha fatto sera che adesso si ritira bassa sfila tra la gente come un innocente che non c‘entra niente fredda come un dolore Dolcenera senza cuore e la moglie di Anselmo sente l‘acqua che scende dai vestiti incollati da ogni gelo di pelle nel suo tram scollegato da ogni distanza nel bel mezzo del tempo che adesso le avanza così fu quell‘amore dal mancato finale così splendido e vero da potervi ingannare
(di Fabrizio De Andrè, tratto da opera non segnalata)
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Corpo nudo come la nuda lama d‘un pugnale il brivido che dai è come il sangue che sgorga a fiotti. Se mordo il tuo seno o imprimo una rosa alla tua spalla s‘inarca il dorso poggiato sulla morsa delle braccia e altro pugnale s‘insinua, neve e fuoco, nel tuo segreto fiume.
(di Stefano Mangione, tratto da 7 Poeti del Premio Montale, Roma 1990, All'insegna del pesce d'oro)
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la terra non la trova. Quando fugge da lei nel lontano cielo, e le tenebrose nubi tracciano lassù misteriosi disegni, la terra non la trova. Allora il tuono la percuote col fuoco del dolore, e la tempesta gemendo la spinge in tutte le direzioni. Il tesoro che un tempo era così vicino torna nuovamente al cuore. In lacrime essa giunge diluviando, e la terra infine la trova.
(di Kahlil Gibran, tratto da opera non segnalata)
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I fratelli si vestivano per una serata e non c‘era nessuno in casa, tranne Ulrich, per aiutare Agathe; non avevano incominciato in tempo e perciò per un quarto d‘ora s‘erano affrettati il più possibile, poi vi fu una piccola pausa. Sugli appoggi e sui piani della stanza era sparso pezzo per pezzo tutto l‘armamentario che una donna adopera in tali occasioni, e Agathe si chinava verso il suo piede con tutta l‘attenzione che esige l‘infilare una sottile calza di seta. Ulrich stava dietro di lei. Vedeva il capo, il collo, le spalle e quella schiena quasi nuda; il corpo era piegato un po‘ di lato, verso il ginocchio rialzato, e sul collo la tansione formava tre pieghe che attraversavano, agili ed allegre come tre frecce, la pelle chiara; la leggiadra corposità di quell‘immagine, scaturita da un silenzio improvviso, pareva aver perso la sua cornice e si trasmise così immediata e incomunicabile al corpo di Ulrich, che questi lasciò il suo posto e, non proprio inconscio quanto una bandiera spiegata dal vento, ma pur senza una risoluzione consapevole, s‘avvicinò in punta di piedi, piombò sulla reclinata e con dolce furore morse una di quelle frecce, mentre il suo braccio cingeva la sorella. Poi i denti di Ulrich si staccarono con la stessa cautela; con la mano destra egli aveva ghermito il ginocchio di Agathe e mentre col braccio sinistro stringeva a sé il suo corpo la strappò su scattando sui garetti. Agathe gettò un grido di spavento. Finora tutto si era svolto allegramente e scherzosamente, come in tanti episodi precedenti, e anche se era tinto dai colori dell‘amore, era pur sempre solo con l‘intenzione, timida in fondo, di nascondere, sotto questa veste serenamente familiare, la natura insolita e più pericolosa di quell‘amore. Ma quando Agathe ebbe vinto il proprio sgomento e non si sentì sospesa bensì adagiata nell‘aria, libera a un tratto da ogni peso, e guidata invece dalla dolce costrizione del movimento sempre più rallentato, ecco che per uno di quei casi che nessuno può dominare ella si trovò meravigliosamente placata e anzi affrancata da ogni inquietudine terrena; con un movimento che mutò l‘equilibrio del suo corpo e che mai avrebbe saputo ripetere ella strappò anche l‘ultimo filo di seta della costrizione, si volse cadendo verso il fratello, continuò ad ascendere pur nella caduta, e giacque precipitando come una nuvola di felicità nelle braccia di Ulrich. Egli la portò, stringendola dolcemente a sé, attraverso la stanza che si oscurava, fino alla finestra, e le stette accanto nella penombra mite della sera che le inondava la faccia come un fiotto di lacrime. Nonostante la forza che tutto questo esigeva, e la violenza che Ulrich aveva esercitato sulla sorella, tutto ciò che essi facevano parve loro stranamente remoto dalla forza edalla violenza; si sarebbe forse potuto paragonare con lo strano e meraviglioso fervore di un quadro, che per la mano che lo afferra dall‘esterno non é altro che una ridicola superficie pitturata. Così essi non aveveno in mente null‘altro che l‘evento corporeo che occupava tutta la loro coscienza, eppure accanto alla sua natura di scherzo innocente e all‘inizio anche un po‘ rozzo che metteva in moto tutti i muscoli, esso presentava una seconda natura che paralizzava delicatissimamente tutte le membra e al tempo stesso le recingeva con inesprimibile sensitività. Con aria interrogativa essi si avvinsero le braccia intorno alle spalle. Divennero partecipi della figura fraterna dei loro corpi, come cresciuti entrambi da una stessa radice. Si guardarono l‘un l‘altro negli occhi, come se vedessero per la prima volta qualche cosa di simile. E anche se non avrebbero saputo raccontare ciò che era accaduto perché la loro partecipazione era troppo fervida, sapevano tuttavia di essersi trovati all‘improvviso, per un attimo, proprio dentro a quello stato comune al cui limite avevano spesso esitato, che tante volte s‘erano descritto a vicenda e che pure avevano sempre contemplato solo dal di fuori. Esaminando l‘accaduto a sangue freddo - e così, nascostamente, cercavano di fare entrambi - esso sembrava poco più che un caso fortuito e affascinente, che tra un istante, o almeno col ritorno di un‘occupazione, si sarebbe dissolto nel nulla; tuttavia ciò non accadde. Al contrario, essi vennero via dalla finestra, accesero la luce, ripresero le loro attività, ma ben presto tornarono ad abbandonarle; e senza aver preso accordi, Ulrich andò al telefono e informò la casa dov‘erano aspettati che non sarebbero venuti.
(di Robert Musil, tratto da L'uomo senza qualità)
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